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Volume primo traduzione italiana, introduzione e note: paola de paolis edizioni mediterraneelatin penauroville


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Il lavoro di Sri Aurobindo


Savitri, concepito fin dagli anni di Baroda, (58) costituì il lavoro assiduo e la preoccupazione incessante di tutta la vita dell'Autore (Mi sono lanciato in una barca senza timone sulla vastità dell'infinito, aveva detto in proposito a Mère (59)): infinite revisioni, ritocchi, aggiunte e cambiamenti portarono il poema alla sua forma finale di oltre 24.000 versi (dodici libri in tutto, come nelle epopee classiche). Nella sua nuova forma, scriveva Sri Aurobindo nel '46, sarà una specie di filosofia poetica dello Spirito e della Vita molto più profonda nella sua sostanza e più vasta nel suo orizzonte di quanto fosse intesa nel poema originale. (Letters on 'Savitri', 29, pp. 731-32). Se egli mirava a una "perfezione perfetta" era perché Savitri era da lui utilizzato "come un mezzo d'ascesa":

Cominciai con esso su un certo livello mentale, scriveva in una lettera del '36, e ogni volta che potevo raggiungere un livello più alto, lo riscrivevo da quel livello. Inoltre sono stato esigenze - se una parte mi sembrava venire da livelli inferiori, lasciarla perché era della buona poesia non mi soddisfaceva. Tutto doveva avere, per quanto possibile, la stessa impronta. In effetti, non ho considerato Savitri come un poema da scrivere e terminare, ma come un campo di sperimentazione per vedere fino a che punto si potesse scrivere poesia partendo dalla propria coscienza yogica e come ciò potesse esser reso creativo. (Ibid., pp. 727-28).

Sri Aurobindo modificava insomma Savitri a mano a mano che si modificava la sua esperienza, come ricorda Mère, e lo riscriveva anche in funzione delle esperienze da lei vissute: (60)In verità, l'intera forma di Savitri è discesa in massa dalla regione più alta e Sri Aurobindo col Suo genio sistemava semplicemente i versi - in uno stile superbo e magnifico. Talvolta interi versi sono stati rivelati ed Egli li ha lasciati intatti; ha lavorato molto, senza stancarsi, perché l'ispirazione venga dalla più alta vetta possibile. (...) Ogni mattina, Lo udivo leggere Savitri, la notte lo scriveva e al mattino me lo leggeva. E ho notato una cosa curiosa, che di giorno in giorno le esperienze ch'Egli mi leggeva il mattino, io le avevo avute la notte precedente, parola per parola.(...) Sono le mie esperienze ch'Egli ha rappresentato dall'inizio alla fine ed erano anche le Sue esperienze. E d'altra parte l'immagine della nostra avventura insieme verso l'ignoto o piuttosto verso la Sovramente. (Notes de Lumière, pp. 25 e 29-30).

La poesia surmentale


Se la suprema fusione di Verità e Bellezza esiste solo a livello sovramentale (a quel livello il vero è sempre bello e il bello è sempre vero: Letters on 'Savitri', 29, p. 812), quella che Sri Aurobindo chiama l"aesthesis' surmentale è uno degli elementi costanti del Poema. (61) Alle sue vette, la Surmente, [intermediaria fra il piano sovramentale e la mente illuminata], trae abbastanza luce sovramentale per vedere ciò che la Sovramente vede e fare ciò che la Sovramente fa, anche se in una chiave inferiore e con una verità e un potere meno assoluti, scriveva l'A. nel '46:a un livello inferiore, la Surmente può servirsi del linguaggio dell'intelletto per trasmettere, nella misura in cui quel linguaggio è capace, il proprio significato e messaggio più grande, ma alle sue vette la Surmente usa il suo proprio linguaggio e dà alle proprie verità la loro suprema espressione, e nessuna favella intellettuale, nessuna poesia mentalizzata può eguagliare od anche avvicinarsi a quel potere e a quella bellezza. (...) Lì risiede e da lì scaturisce il mistero della parola inevitabile, del supremo ritmo immortale, del significato assoluto e dell'espressione assoluta. (Ibid., p. 813).

Spiegando a un corrispondente quella che in The Future Poetry egli chiama la "nota - o aesthesis - surmentale" in poesia, Sri Aurobindo, dopo aver ricordato che è qualcosa che va sentito e non spiegato e che richiede una sensazione intuitiva, un riconoscimento di qualcosa di familiare alla propria personale esperienza e alla propria percezione più profonda della sostanza e del ritmo, afferma che a costituire questo genere di poesia è qualcosa che non appartiene né alla coscienza mentale, né a quella vitale né a quella fisica, e, insieme, una certa qualità o potere nel linguaggio e nel ritmo che aiuta a rivelare quel qualcosa di più profondo. E aggiunge che se dovesse scegliere il verso che nella poesia europea più suggerisce questo, potrebbe venire per primo il verso di Virgilio: "Sunt lacrimae rerum et mentem mortalia tangunt"(Aen. I, 462). Ponendolo sullo stesso piano del "In the dark backward and abysm of Time" di Shakespeare, del "Those thoughts that wander through eternity" di Milton o del "The winds come to me from the fields of sleep" di Wordsworth, rileva come non si tratti in questi casi di una coscienza trascendente, benché trascenda la mente umana ordinaria, ma piuttosto di una "coscienza cosmica": li lettore ordinario di poesia che non abbia quell'esperienza non sarà in genere capace di distinguere ma sentirebbe al massimo che c'è qualcosa di straordinariamente bello, profondo, sublime o insolito - oppure potrebbe allontanarsene come da qualcosa di troppo acuto ed eccessivo (...) Chi abbia la linea di comunicazione aperta potrebbe d'altro canto sentire che cosa c'è e distinguere, anche se non possa adeguatamente caratterizzarlo o descriverlo ... (Ibid., pp. 802-04).Attraverso le lettere ai suoi corrispondenti, il Poeta stesso ci parla del suo poema epico che mira a una esposizione esaustiva della sua visione cosmica:

Savitri è la registrazione di una visione, di un'esperienza che non è del tipo comune ed è spesso molto lontana da quel che la mente umana ordinaria vede e sperimenta Non dovete aspettare apprezzamento o comprensione dal pubblico comune o anche da molti, al primo impatto;(...) dev'esserci una nuova estensione di coscienza ed aesthesis per apprezzare un nuovo genere di poesia mistica. (62)(..) è un esperimento in poesia mistica, poesia spirituale messa in forma simbolica. Fatta su questa regola, è realmente un nuovo tentativo e non può essere intralciata da vecchie idee di tecnica se non quando siano assimilabili. Tanto meno da un criterio pertinente a una poesia puramente intellettuale e astratta che fa della "ragione e del gusto" gli arbitri supremi (...) il tentativo di poesia mistico-spirituale del tipo a cui miro richiede soprattutto un'oggettività spirituale, un'intensa concretezza psicofisica. (...) Ogni parola dev'essere quella giusta (...) proprio come ogni suono al suo posto e la totalità dei suoni insieme devono rivelare il significato imponderabile che è al di là dell'espressione verbale. (Ibid, pp. 750 e 752).

Se la poesia di Savitri (frutto di un'infinita capacità di attendere e di ascoltare la vera ispirazione: Ibid, p. 795) raggiunge il piano surmentale, la sua espressione, rivelatrice di quella più alta delle sfere della mente spirituale, è sostanzialmente mantrica. (63) Come osserva Satprem, se arriviamo a fare una poesia o una musica cosciente, che sia il prodotto d'un uso cosciente delle vibrazioni superiori, creeremo grandi opere aventi un potere iniziatico. Invece d'una poesia che è una fantasia dell'intelletto e una "baiadera della mente" secondo Sri Aurobindo, potremmo creare una poesia o una musica mantrica per "far discendere gli dei nella vita" Perché la vera poesia è un atto,funzione delle esperienze da lei vissute: (60)In verità, l'intera forma di Savitri è discesa in massa dalla regione più alta e Sri Aurobindo col Suo genio sistemava semplicemente i versi - in uno stile superbo e magnifico. Talvolta interi versi sono stati rivelati ed Egli li ha lasciati intatti; ha lavorato molto, senza stancarsi, perché l'ispirazione venga dalla più alta vetta possibile. (...) Ogni mattina, Lo udivo leggere Savitri, la notte lo scriveva e al mattino me lo leggeva. E ho notato una cosa curiosa, che di giorno in giorno le esperienze ch'Egli mi leggeva il mattino, io le avevo avute la notte precedente, parola per parola.(...) Sono le mie esperienze ch'Egli ha rappresentato dall'inizio alla fine ed erano anche le Sue esperienze. È d'altra parte l'immagine della nostra avventura insieme verso l'ignoto o piuttosto verso la Sovramente. (Notes de Lumière, pp. 25 e 29-30).


La poesia surmentale


Se la suprema fusione di Verità e Bellezza esiste solo a livello sovramentale (a quel livello il vero è sempre bello e il bello è sempre vero: Letters on 'Savitri', 29, p. 812), quella che Sri Aurobindo chiama l''aesthesis' surmentale è uno degli elementi costanti del Poema. (61) Alle sue vette, la Surmente, [intermediaria fra il piano sovramentale e la mente illuminata], trae abbastanza luce sovramentale per vedere ciò che la Sovramente vede e fare ciò che la Sovramente fa, anche se in una chiave inferiore e con una verità e un potere meno assoluti, scriveva l'A. nel '46:a un livello inferiore, la Surmente può servirsi del linguaggio dell'intelletto per trasmettere, nella misura in cui quel linguaggio è capace, il proprio significato e messaggio più grande, ma alle sue vette la Surmente usa il suo proprio linguaggio e dà alle proprie verità la loro suprema espressione, e nessuna favella intellettuale, nessuna poesia mentalizzata può eguagliare od anche avvicinarsi a quel potere e a quella bellezza. (...) Lì risiede e da lì scaturisce il mistero della parola inevitabile, del supremo ritmo immortale, del significato assoluto e dell'espressione assoluta. (Ibid., p. 813).

Spiegando a un corrispondente quella che in The Future Poetry egli chiama la "nota - o aesthesis - surmentale'' in poesia, Sri Aurobindo, dopo aver ricordato che è qualcosa che va sentito e non spiegato e che richiede una sensazione intuitiva, un riconoscimento di qualcosa di familiare alla propria personale esperienza e alla propria percezione più profonda della sostanza e del ritmo, afferma che a costituire questo genere di poesia è qualcosa che non appartiene né alla coscienza mentale, né a quella vitale né a quella fisica, e, insieme, una certa qualità o potere nel linguaggio e nel ritmo che aiuta a rivelare quel qualcosa di più profondo. E aggiunge che se dovesse scegliere il verso che nella poesia europea più suggerisce questo, potrebbe venire per primo il verso di Virgilio: "Sunt lacrimae rerum et mentem mortalia tangunt" (Aen. I, 462). Ponendolo sullo stesso piano del "In the dark backward and abysm of Time" di Shakespeare, del "Those thoughts that wander through eternity" di Milton o del "The winds come to me from the fields of sleep" di Wordsworth, rileva come non si tratti in questi casi di una coscienza trascendente, benché trascenda la mente umana ordinaria, ma piuttosto di una "coscienza cosmica": il lettore ordinario di poesia che non abbia quell'esperienza non sarà in genere capace di distinguere ma sentirebbe al massimo che c'è qualcosa di straordinariamente bello, profondo, sublime o insolito - oppure potrebbe allontanarsene come da qualcosa di troppo acuto ed eccessivo (...) Chi abbia la linea di comunicazione aperta potrebbe d'altro canto sentire che cosa c'è e distinguere, anche se non possa adeguatamente caratterizzarlo o descriverlo ... (Ibid., pp. 802-04).

Attraverso le lettere ai suoi corrispondenti, il Poeta stesso ci parla del suo poema epico che mira a una esposizione esaustiva della sua visione cosmica:

Savitri è la registrazione di una visione, di un'esperienza che non è del tipo comune ed è spesso molto lontana da quel che la mente umana ordinaria vede e sperimenta Non dovete aspettare apprezzamento o comprensione dal pubblico comune o anche da molti, al primo impatto; ( . ) dev'esserci una nuova eestensione di coscienza ed aesthesis per apprezzare un nuovo genere di poesia mistica. (62)

(...) è un esperimento in poesia mistica, poesia spirituale messa in forma simbolica. Fatta su questa regola, è realmente un nuovo tentativo e non può essere intralciata da vecchie idee di tecnica se non quando siano assimilabili Tanto meno da un criterio pertinente a una poesia puramente intellettuale e astratta che fa della "ragione e del gusto" gli arbitri supremi

(...) il tentativo di poesia mistico-spirituale del tipo a cui miro richiede soprattutto un'oggettività spirituale, un'intensa concretezza psicofisica (...) Ogni parola dev'essere quella giusta (...) proprio come ogni suono al suo posto e la totalità dei suoni insieme devono rivelare il significato imponderabile che è al di là dell'espressione verbale. (Ibid., pp. 750 e 752).

Se la poesia di Savitri (frutto di un'infinita capacità di attendere e di ascoltare la vera ispirazione: Ibid. p 795) raggiunge il piano surmentale, la sua espressione, rivelatrice di quella più alta delle sfere della mente spirituale, è sostanzialmente mantrica. (63) Come osserva Satprem,se arriviamo a fare una poesia o una musica cosciente, che sia il prodotto d'un uso cosciente delle vibrazioni superiori, creeremo grandi opere aventi un potere iniziatico. Invece d'una poesia che è una fantasia dell'intelletto e una "baiadera della mente" secondo Sri Aurobindo, potremmo creare una poesia o una musica mantrica per far discendere gli dei nella vita" Perché la vera poesia è un atto, apre brecce nella coscienza - noi siamo murati, barricati! - attraverso cui il Reale può entrare: 'è un mantra del Reale', una iniziazione. È quello che hanno fatto i Rischi vedici e i veggenti delle Upanishad nei loro mantra, che hanno il potere di comunicare un 'illuminazione a chi è pronto; è quello che Sri Aurobindo ha spiegato nella sua Poesia futura ed è quello che ha fatto in Savitri. Sri Aurobindo ou l'aventure de la conscience, p. 250).

Non dimentichiamo che Sri Aurobindo prevedeva un futuro allargamento del campo della creazione poetica, dove l'espressione della vita spirituale interiore dell'uomo (la sua conoscenza ed esperienza ora occulte o mistiche dell'intera sfera nascosta del suo essere e dell'essere del mondo) troverà vasto spazio e non sarà limitata come in passato; dove l'espressione delle sconfinate e innumerevoli ricchezze che restano nascoste e inesplorate, come tenute in disparte sono lo sguardo diretto dell'infinito, sarà altrettanto molteplice e integrale di quella trovata in passato per la visione ed esperienza superficiali e finite che l'uomo ha di sé e del mondo materiale in cui ha vissuto sforzandosi di conoscere meglio possibile questo e se stesso con una mente e dei sensi limitati. La porta che è stata chiusa a tutti può essere tuttavia aperta da qualcuno; il regno dello Spirito può essere stabilito non solo nell'essere interiore dell'uomo ma nella sua vita e nelle sue opere. Anche la Poesia può avere il suo ruolo in questa rivoluzione e divenire parte dell'impero spirituale. (Letters on 'Savitri', p. 801).

Ci giunge allora l'eco di un discorso ch'egli pronunciava negli anni'10:

... i più grandi Mantra son quelli pronunciati all'interno, e che il veggente sussurra o dà in sogno o in visione ai suoi discepoli. Quando il Mantra finale è praticato anche da due o tre, allora la Mano chiusa di Dio comincerà ad aprirsi; quando l'upasana l'adorazione è seguita da molti, la Mano chiusa si aprirà completamente. (64)

La traduzione: "non per fare una traduzione..."

Nessuno può tradurre Savitri, affermava Mère a proposito di un tentativo di traduzione in hindi da parte di un discepolo, ma cercare di tradurre Savitri è per lui il modo migliore di fare la sadhana.(65)Voler tradurre un tale concentrato di coscienza senza avere la stessa esperienza dell'Autore è infatti un'ambizione assurda. Ma cercare di tradurlo può essere un'esperienza a sé, di cui Mère stessa (la sola che avrebbe potuto tradurlo) ha parlato riferendosi ai propri tentativi di versione francese:

Lo faccio esclusivamente per la gioia di stare in un mondo d'espressione surmentale (...), un'espressione luminosa, meravigliosa, attraverso cui uno può afferrare la Verità (...) Savitri non è per fare una traduzione, è per VEDERE. Fare una prova. (...) Per mia soddisfazione personale. (...) per restare nell'atmosfera...(66)

Se Sri Aurobindo notava come molti dei più bei versi del Rig-Veda, tradotti direttamente in inglese, perdono quella sorta di "felicità inevitabile" che ha il potere d'imporre alla mente "un senso più profondo" (precisamente perché si tratta di forme nuove e appropriate nel linguaggio originale, scoperte di un'espressione inaspettata e assoluta, che sfidano la traduzione: Op. cit., p. 805), che cosa dire di tutto quel che va perduto in una traduzione di Savitri? Noi ci auguriamo solo che questa nostra sadhana possa invitare il Lettore italiano ad affrontare quanto prima il testo originale inglese.

La struttura dei versi originali del poema è quella del blank verse (pentapodie giambiche non rimate), ma di tipo a sé e di sistema differente dal blank verse comunemente usato nella poesia inglese, come specifica il Poeta (Ibid., p. 793). Il verso sciolto pentametro, che modula perfettamente, con l'alternanza variabile dei suoi cinque accenti, la gamma tonale della lingua inglese, ci suggerì all'inizio una resa poetica in endecasillabi sciolti, essendo l'endecasillabo il verso italiano per eccellenza che meglio d'ogni altro si presta alla tipica musicalità della nostra lingua. Ma dovevamo presto abbandonare quell'esperimento perché ci costringeva a non rispettare il taglio dei versi originali, (67) così importante in Savitri: Ciascun verso dev'essere abbastanza forte da stare da solo, adattandosi allo stesso tempo armoniosamente nella frase (...) come pietra aggiunta a pietra, scriveva il Poeta parlando del suo tentativo di cogliere qualcosa del movimento upanishadico e kalidasiano, fin dove è possibile in inglese. (Ibid., pp. 794 e 727). E Mère, a proposito della sua "prova" di traduzione in francese: C'è una necessità di mantenere ogni verso come se fosse solo nell'universo. Mai fare confusione nell'ordine dei versi, no, no e no! Perché, quando l'ha scritto, lui l'ha VISTO così. (L'Agenda di Mère IV, 30 genn. '63, pp. 46-47).

E dovevamo in seguito trovare conferma al nostro cambiamento di rotta nel criterio adottato da Raymond Thépot, alle prese, allora come oggi, con la sua traduzione francese di Savitri. (68) Ogni libertà deve avere in sé una verità e un ordine, scriveva Sri Aurobindo nel '46 (Op. cit., p. 746), e se è per lo più alla cadenza endecasillaba che abbiamo accordato la preferenza nella presente traduzione, altri versi classici sono venuti allora a concatenarsi liberamente seguendo, per quanto è stato possibile, l'unica regola di essere ritmicamente giustificati, regola cui Sri Aurobindo mai derogava: il plesso solare dev'essere soddisfano e, finché non lo è, revisione deve seguire a revisione. Posso aggiungere, rispondeva l'A. nel '36 a un corrispondente preoccupato della 'tecnica' adottata in Savitri, che la tecnica non segue alcuna regola mentale stabilita - perché l'oggetto non è la perfetta eleganza tecnica secondo la norma, ma il significato sonoro che amplifica il significato verbale. Se ciò si può fare rompendo le regole, beh, tanto peggio per la regola. (Ibid., p. 730).



NOTE


1 Nel '25 osservava: Non solo nel mio caso, ma in quello di poeti, filosofi e yogi è inutile sforzarsi di fare una biografia, perché essi non vivono nella loro vita esteriore. La loro vita reale è interiore e come può qualcun altro conoscerla? (In: A. B. Purani, The life of Sri Aurobindo, p.205).

2 Savitri è il suo Messaggio - tutto il resto è preparatorio, ma Savitri è il Messaggio, dichiarava Mère. (L'Agenda di Mere IV, 13 mar. '63 p. 97).

3 Cfr. Sri Aurobindo's'Savitri' ,an approach and a study, pp.62-120, passim.

4 In parte già apparso nel nostro breve saggio Fortuna di Virgilio in Sri Aurobindo (in: Studi latini e italiani, Roma, 1986 pp. 43-65).

5 Per una panoramica più esauriente rimandiamo a Satprem, Sri Aurobindo o l'avventura della coscienza; A.B. Pulam, The Life of Sri Aurobindo; Nirodbaran, Sri Aurobindo for all pages, e agli scritti dell'A. stesso raccolti in On Himself, vol. 26 della SABCL da cui sono tratte tutte le citazioni qui in corsivo seguite dal solo riferimento di pagina.

6 Come il College Fort Williams fondato nel 1800 dalla Compagnia delle Indie, l'opera missionaria e, soprattutto, l'Hindu College di Calcutta, la prima scuola inglese per indiani, fondata nel 1817, i cui programmi traducevano le speranze borghesi dell'Inghilterra vittoriana incarnate dal Macauley.

7 G.M. Langley, Sri Aurobindo, London 1949, p. 14.

8 Come sottolinea Sri Aurobindo, furono Bankim eDutt a rompere la tirannia della tradizione sanscrita ; ma si sente quanto immensamente il lavoro di Bankim fu semplificato da un uso raffinato e originale della sua conoscenza sanscrita.

9 Entrambi fecero la stessa falsa partenza, osserva Sri Aurobindo. Essere originali in una lingua acquisita è difficilmente possibile. (Ibid p. 89).

10 "Letteratura bengalese moderna". in: O. Botto, Storia delle letterature d'Oriente, vol. III, Milano 1969, p. 414.

11 La poesia religiosa di Rabindranath fu lavata nelle acque delle Upanishad, osserva J.E. Gosh, Bengali litterature London 1976, p. 21.

12 Ibid p. 180. In questo senso S. Sivananda definì Sri Aurobindo "La Perfetta Espressione dello Spirito indiano di Sintesi (in: AA.VV. The Integral Philosophy of Sri Aurobindo, London 1950, pp. 257-98).

13 Sri Aurobindo et l'universalisation de la pensée indienne in: "Conferenze tenute all'ISMEO", VII 2, Roma, 1955 p. 156.

14 R. Tagore, La civiltà occidentale e l'India, trad. di J. Pinna-Pintor, Torino, 1961 p. 178.

15 Bankim e Tagore, come osserva Sri Aurobindo, mostrano un ritorno crescente allo spirito indiano in forme nuove, entrambi sono voci dell'alba, cercano più che trovare, suggeriscono ed invocano più che evocare realmente... (The Renaissance in India, 14, p. 423).

16 K.D. Sethna, spiegando perché definisce Sri Aurobindo "il poeta dell'integralimo" afferma : l'integralismo poetico consisterebbe in un'espressione che scaturisce dalla più alta, più vasta e più profonda fonte dell'esperienza e visione spirituale invece di formarsi nella pura mente o anche in prevalenza nei piani intermedi le cui luci ed ombre giocano nel consueto universo della Poesia. (In: AA.VV. The Integral Philosophy... pp. 257-58).

17 La poesia, in lingua bengalese, ("Saluto"), che si apriva con: "O Sri Aurobindo Rabindranath s'inchina davanti a Te! (...) O voce incarnata, libera, dell'anima dell'India!", fu pubblicata in Bande Mataram sept. 8, 1907.

18 Aurobindo Ghosh, in: "Modern Review", vol. XLIV, N. I (July 1928), p. 60.

19 Aurobindo Prasanga, p. 9. Come osserva Satprem: a Sri Aurobindo occorsero tredici anni per percorrere il cammino occidentale; gliene occorreranno, quasi altrettanti per percorrere il cammino dell'India e giungere al 'culmine' della relizzazioni yogiche tradizionali. ossia all'inizio del suo proprio lavoro. (Sri Aurobindo ou l'aventure de la conscience, p. 29). Ricordiamo che se il primo risultato radicale del suo yoga fu il raggiungimento del Nirvana, che venne non richiesto, non cercato (la mia aspirazione era infatti proprio per l'opposto, il potere spirituale per aiutare il mondo e fare in esso il mio lavoro), questo rappresentò solo l'inizio della sua realizzazione, non la culminazione finale: cfr. Letters on Yoga, 22, pp. 49-50. Vd. anche, in fine di volume, la nota a Sav. III, 2, 62-64.

20 In: A.B. Purani, the Life of sri Aurobindo p. 82.

21 Il titolo bengalese ("Inno alla Madre Patria") era quello di una famosa poesia di Bankim Chatterji pubblicata nel 1883.

22 Sri Aurobindo for all ages, p. 43. Sri Aurobindo fu il primo politico in India che ebbe il coraggio di dichiararsi apertamente per la completa e assoluta indipendenza dell'India in un clima ove fino ad allora l'agitazione politica peccava di ipocrisia e la visione obliqua era di moda (vd. Sri Aurobindo, On Himself, 26, p. 29 e New Lampsfor Old, p. 6). Egli non si limitò alla propagazione dell'idea rivoluzionaria, ma organizzò praticamente in più settori la strategia della sua attuazione.

23 In: India 's Rebirth pp. 84 e 88.

24 [Il Bande Mataram] era nel paese una forza che nessuno osava ignorare, per quanto la si potesse temere o odiare..., ricorda Bepin Pal in: Nirodbaran, Op.. cit.,. p. 61.

25 Sri Aurobindo non c'entrava per nulla nell'attentato fallito: come ricorda Satprem, l'organizzazione della rivolta non aveva nulla a che vedere con gli atti di terrorismo individuali. (Op.. cit.,., p. 185).

26 In: Nirodbaran Op.. cit.,. p. 84.

27 Cfr.. Manoj Das, Sri Aurobindo in the First Decade of the Cenhry, p. 134.

28 Il Divino ci parla in molti modi, e non è sempre l'Adesh imperativo che viene. Quando viene, è chiaro e irresistibile, la mente deve obbedire e non c'è alcun problema possibile, anchese ciò che viene è contrario alle idee preconcette dell'intelligenza mentale. Fu un simile Adesh che ebbi quando venni a Pondicherry. (Sri Aurobindo, Letters on Yoga, 2:2, p. 40).

29 La perfezione divina è sempre presente al di sopra di noi; ma per l'uomo, ciò che s'intende per 'spiritualità' scrive Sri Aurobindo, è divenire divino nella coscienza e agire e vivere interiormente et esteriormente nella vita divina - tutti i significati minori dati alla parola sono approssimazioni inadeguate o imposture. ("The Human Cycle", 15, p. 247).

30 Primo di ritirarsi dall'attività politica, Sri Aurobindo sapeva dal di dentro, come gli stesso affermò più tardi, che il lavoro che aveva lì cominciato era destinato ad essere portato avanti, sulle linee che aveva previsto da altri, e che il trionfo del movimento che aveva iniziato era sicuro senza la sua azione o presenza personali (p. 55).

31 Questo Yoga non fu prancato prima, affermava Sri Aurobindo nel '24, tutti gli sforzavano come movimenti preparatori perché la Verità può essere stata cercata ma non fu mai rasa un fattore dinamico nel mondo. La difficoltà nel far discendere la Verità non è tanto negli strati fisici superiori quanto nella Materia grezza - il piano più materiale. La legge terrestre dev'essere cambiata e una nuova atmosfera dev'essere creata... (In: A.B. Purani, Op.. cit.,., p. 193).

32 In: Evening Talks recorded by AB. Purani, 1, p. 127. Lasciate che vi dica in confidenza, scriveva Sri Aurobindo in una lettera del '34, che mai e poi mai fui un filosofo - benché abbia scritto di filosofia il che è tutta un 'altra storia ... ( p. 374).

33 Queste Opere, che Sri Aurobindo considerava il lato intellettuale del suo lavoro per il mondo (Early Letters, 27 p. 456), furono scritte, come ricorda A.B. Purani per l'intelletto ma non mediante l'intelletto (Op.. cit.,., p. 156); fin dal 1908 infatti, egli scriveva da un assoluto silenzio della mente (p. 163). Né sarebbe stato altrimenti possibile, in soli sei anni, produrre una tale mole di scritti per la quale non basterebbe una vita in condizioni ordinarie. Vi troviamo quella visione di cristallo in cui tutto è al suo posto, in cui non esistono più contraddizioni, come dirà Mère, una visione veramente sovramentale, cristallina, perfetta, anche dal punto di vista della comprensione e della conoscenza (L'Agenda di Mère I, 2 lug. '58, p. 193).

34 "Uttarpara Speech", 2, p 4 Questo Sanatan Dharma ha molte scritture, egli scriveva negli anni '10 Veda, Vedanta, Gita, Upanishad Darshana, Purana, Tantra, né potrebbe rigettare la Bibbia o il Corano, ma la sua reale, più autorevole scrittura e nel cuore in cui l'Eterno ha la Sua dimora. È nelle nostre interiori esperienze spirituali che troveremo la prova e la fonte delle Scritture del mondo, la legge di conoscenza d'amore e condona (Karmayogin, 2, p. 19).

35 A proposito della religione induista ("religione eterna" in quanto religione universale che abbraccia tutte le altre) e del passaggio dalla religiosità alla vita spirituale aveva scritto negli anni ' 10: L'uomo non arriva immediatamente a quella suprema elevazione interiore (...). Ha bisogno all'inizio di supporti inferiori e stadi di ascesa; cerca qualche Impalcatura di dogma, venerazione, immagine, segno, forma, simbolo, una certa indulgenza e permissione di motivo misto, a metà naturale, su cui possa tenere mentre costruisce in se il tempio dello spirito. Solo quando il tempio è completo i supporti possono essere tolti; l'impalcatura scomparire. La cultura religiosa che va ora sotto il nome di induismo non solo ha realizzato questo scopo, ma, diversamente da certe altre religioni che riposano su un credo, conosceva il suo scopo Non si deve alcun nome perché non si pose alcun limite settario non rivendica alcuna adesione universale non asserì alcun dogma unico infallibile, non mise in posizione di preminenza alcuna stretta via o porta di salvezza; più che un credo o un culto è stata una tradizione, in continua espansione, dello sfondo dello spirito umano verso Dio (The Foundations of Indian Culture, 14, p. 122)

36 Sri Aurobindo ou l'aventure de la conscience, p. 28. Induismo e occidentalismo si incontreranno infatti in lui in qualcosa che non e ne l'uno ne l'altro, nemmeno la loro sintesi ma quella che potremmo chiamare con Mère una terza posizione. un"'altra cosa" di cui aggiunge Satprem, abbiamo tenacemente bisogno noi che non siamo ne' gretti materialisti ne spiritualisti esclusivi. (Ibid. p. 12).

37 Lo yoga "integrale" di Sri Aurobindo diversamente dagli antichi yoga, dopo aver realizzato Satcitananda nel piano della mente spiritualizzala, non se ne va nell'unita eternamente statica di questo (pura Esistenza - o Non-Esistenza: l'universo e dinamismo movimento - l'esperienza di Satcitananda separata dal dinamismo e movimento e statica) ma procede per realizzarlo nel piano sovramentale: solo la Sovramente può infatti afferrare la piena verità dinamica di Satcitananda e dell'universo e la sua conseguenza perché la strumentazione in tutti gli altri piani [più bassi] e inferiore e c'è perciò una disparità fra la pienezza dell'esperienza statica e l'incombenza del potere e della conoscenza dinamici risultato della luce e del potere inferiori degli altri piani. Questa è la ragione per cui la coscienza degli altri piani spirituali anche se discende nella coscienza terrestre non può realizzarvi alcun cambiamento radicale: può solo modificarla o arricchirla. La trasformazione radicale richiede la discesa di un potere e una natura sovramentali. (...) Solo la Sovramente può trasformare la natura inferiore. (Letters on Yoga, 22 pp. 241 e 239). È solo quando la Sovramente si manifesta nel mentale corporale che la sua presenza è permanente, affermerà più tardi Mère. (L'Agenda di Mère XIII, 9 febbr. '72).

38 Prieres et Meditations 30.3.1914, p. 99. Mirra lo riconobbe subito come il "Krishna" che così spesso aveva incontrato in visione.

39 In: Nirodbaran, Op.. cit.,., p. 151.

40 Ibid., p 152. Ricordiamo in proposito una nota scritta da Mère nel '35: Senza di lui io non esisto, senza di me egli non si manifesta

41 Cfr. A.B. Purani, Op. cit.,. p 222

42 Cfr.Nirodbaran, Op. cit., p 193.

43 A.B. Purani, uno dei 24 discepoli che allora costituivano l'Ashram, testimonia la grandezza, la poesia e l'assoluta bellezza dell'avvenimento (in: Op. cit., pp. 216-17). Nell'agosto dello stesso anno, Sri Aurobindo aveva accennato che solo nel caso di un'apertura, da parte dell'uomo d'una connessione diretta col mondo degli Dei la resistenza della Materia (del mondo materiale sottile) non avrebbe più rappresentato un ostacolo insuperabile alla discesa della Verità sovramentale (cfr. A.B. Purani, Evening Talk, II, pp. 329-30). Vd., in proposito, L'Agenda di Mère II, 2 ag. '61, p. 343: Si trattava soltanto di una partecipazione di Krishna. Ma per Sri Aurobindo come persona non faceva alcuna differenza: semplicemente. una formazione del passato accettava di partecipare alla creazione attuale - nient'altro Era la discesa di un Supremo di qualche tempo fa, che acconsentiva a partecipare alla nuova manifestazione

44 Come osserva Satprem, il lavoro 'erculeo' di ripulimento del terreno intermedio è tutta la storia di Sri Aurobindo e Mere (Op. Cit., p. 341).

45 "A God's Labour" s'intitola una sua poesia del '35. Questo lavoro non e mio, ma di Dio, scriveva nel '20 (in: Sri Aurobindo Archives & Research, Apr. '80, p. 13). E nel '15: Il risultato non mi appartiene, e a malapena, se mai mi appartiene. il lavoro (p 424). Un lavoro fatto perché le cose diventino facili per quelli che vengono dopo di me, il che e ciò che s'intende per realizzazione di uno in tutti. (In: A.B. Purani Evening Talks, III, p. 4) Mère, parlando di Savitri spiegava più tardi a un discepolo: Sono esperienze vissute da Lui realtà, verità sovracosmiche Egli ha provato tutto questo come si prova la gioia e il dolore in modo fisico. Ha camminato nelle tenebre dell'incosciente, anche in prossimità della morte, (...) traversato tutti questi regni, subìto le conseguenze, sofferto e sopportato fisicamente quel che non si può immaginare. Nessuno finora ha sofferto come Lui Ha accennato la sofferenza per trasformare la sofferenza nella gioia di unirsi al Supremo. È qualcosa di unico e d'incomparabile nella storia del mondo. È una cosa che non è mai avvenuta, Egli è il primo ad aver tracciato il cammino nell'ignoto perché possiamo avanzare con certezza verso il Sovramentale. Ha reso facile il lavoro per noi Savitri, è tutto il Suo yoga della trasformazione, e questo yoga, e la prima volta che lo si vede apparire nella coscienza terrestre. (Notes de Lumière. pp. 30-31).

46 (...) dietro le forze e attività ordinarie della mente, della vita e del corpo nella Materia, scrive Sri Aurobindo, esistono altre forze e poteri che possono agire e agiscono da dietro e dall'altro; esiste anche un potere spirituale dinamico che può essere posseduto da coloro che sono avanzati nella coscienza spirituale (...) e questo potere è più grande di qualunque altro e più efficace (...) La Forza invisibile che produce risultati tangibili sia interiormente sia esteriormente è tutto il significato della Coscienza yogica (pp. 38 e 197).

47 Sri Aurobindo sapeva infatti che il successo nazista avrebbe significato la schiavitù del genere umano alla tirannia del male e un regresso per il corso dell'evoluzione, specialmente per l'evoluzione spirituale dell'umanità (...). La schiavitù non solo dell'Europa ma dell'Asia, e in essa dell'India una schiavitù ancora più terribile di qualunque altra questo paese abbia mai sopportato, e la rovina di tutto il lavoro ch'era stato fatto per la sua liberazione (p. 39).

48 Apparse poi come Letters on Yoga (Lettere sullo Yoga in 6 voll. nella nostra traduzione italiana).

49 Il messaggio, richiestogli da All India Radio venne da questa diffuso. Ricordiamo una lettera di Sri Aurobindo del '32: Non ho mai constatato alla fine il fallimento di un solo mio volere al riguardo di un solo momento importante nella gestione degli affari di questo mondo; benché per realizzarlo, le forze cosmiche e possano mettere un bel po' di tempo. (In: L'Agenda di Mère VIII 5 ag. '67, p. 283).

50 ...mi aveva detto che se ne andava ... di sua volontà confiderà Mère a Satprem dodici anni dopo, perché era 'necessario' per il lavoro... 'il mondo non è ancora pronto' (...) Questo ha moltiplicato la sua azione (...) È stata davvero una sua SCELTA (...) Riteneva che a quel punto lasciare il corpo era il modo migliore di proseguire il lavoro. Era necessario. Ma non e ancora venuto il momento di dire tutto di dirne tutti i motivi - e probabilmente non verrà ancora per un pezzo. (L'Agenda di Mère III 17 nov. '62, p. 469; X 21 mag. '69, p. 213; III, 8 dic. '62, p. 502).

51 Ibid. X 26 lug. '69, p. 292 e I, 10 mag. '58, p. 175.

52 Uno yoga le cui esperienze (registrate da Satprem durante quasi vent'anni nel documento de L'Agenda di Mére) continuano a trovare conferma nelle più recenti scoperte scientifiche. La scienza 'materialista' da un lato e quella 'spirituale' dall'altro sembrano dover incontrarsi, alla fine di un ciclo evolutivo, dopo aver completato i loro apparentemente opposti cammini, all'alba di una nuova era. bisogna scendere fin dentro la materia, afferma Mère, che la perfezione nella manifestazione sia una perfezione materiale, altrimenti il cerchio non è completo. Ecco cosa Spiega l'errore di quelli che per realizzare la Volontà divina scelgono la fuga... (L'Agenda di Mère I, 10 ott. '58, p. 230).

53 Satprem, in seguito a una conversazione con Mère a proposito della storia narrata in Savitri, aveva chiesto: Ma Savitri va a cercare Satyavan nella morte! ... Quindi Mère andrà a riprendere Sri Aurobindo? E Mère avrebbe risposto: Qualcosa del genere. (In: L'Agenda di Mere X, 26 lug. '69, p. 295). Ricordiamo le parole di Savitri: "Un giorno ritornerò, la Sua mano nella mia, / e tu vedrai il volto dell'Assoluto." (Sav. VII, 4, 647-48).

54 Sri Aurobindo, "Early Letters", 27, p. 154.

55 È stato lui a farne un simbolo, dirà Mère; e la storia dell'incontro di Savitri, principio d'Amore, con la Morte; ed è sulla morte che lui riporta la vittoria (...) Nella vita non poteva riportarla se non aveva vinto prima la Morte (L'Agenda di Mère VI, 8 sen. '65, p. 257). Cfr. anche, in fine di volume, la nota a Sav I, 2, 359 e sgg.

56 Sri Aurobindo è passato attraverso tutti i mondi osserva Mère in qualsiasi passo [di Savitri] c'è un accumulo di conoscenza, un concentrato di conoscenza straordinaria (L'Agenda di Mère IV, 31 dic. '63 p. 471 e VI, 30 nov. '65, p. 337). Ha fatto entrare lutto l'universo in un solo libro (Notes de Lumière, p 24)

57 Mère - Il Materialismo Divino p. 295

58 Un primo abbozzo del poema, di circa cinquanta pagine, intitolato Un Racconto e una Visione, risale al 1916. Ma esistono versioni che risalgono al 1899, prima ancora che sri Aurobindo entrasse nell'azione rivoluzionaria.

59 In: Notes de lumiere, p. 25.

60 Vd. L'Agenda di Mère II, 23 sett. '61 p. 382.

61 Pa 'aesthesis' l'A. intende una reazione della coscienza (mentale, vitale e anche corporea) che invece qualcosa che si può chiamare il 'gusto' (Rasa) delle cose che può d'altro canto risvegliare l'anima in noi a qualcosa di ancora più profondo e più fondamentale del semplice godimento vitale (Bhoga) a qualche forma della spirituale delizia d'esistenza (Ananda): L'Aesthesis e l'essenza stessa della poesia, come lo è di ogni arte. Ma non è l'unico elemento (...) È superamento quell'arte o poesia che può portarci qualcosa del tono supremo dell'estasi (Cfr. Letters on 'Savitri', pp. 809-10).

62 Ibid. p. 794 Se avessi dovuto scrivere per il lettore comune aggiunge il Poeta in una lettera del '46, non avrei potuto affatto scrivere Savitri. È in realtà per me che l'ho scritto, e per quelli che possono prestarsi al contenuto, alle immagini, alla tecnica della poesia mistica. (Ibid., p 735). Non è attraverso la mente che si può comprendere Savitri, spiegava Mère. Occorrono esperienze spirituali per comprenderlo e assimilarlo. Più si avanza nel cammino dello yoga, più uno assimila e maglio. È una cosa che si potrà apprezzare solo nell'avvenire, è la poesia di domani, di cui Egli ha parlato in The Future Poetry. (Notes de Lumiere, p. 31).

63 Ogni verso di Savitri è come un mantra rivelato che oltrepassa tutto ciò che l'uomo possedeva come conoscenza dirà Mère, le parola sono enunciate e sistemate in tal modo che la sonorità del ritmo vi porta all'origine del suono, che è OM... (Notes de Lumière p. 22) A proposito del 'mantra', vd. in fine di volume la nota a Sav. I, 4, 321 e sgg.. terzo paragrafo.

64 Il discorso (riportato poi come articolo, "The New Mantra", nello Standard Bearer del 22 ag. '20, ora in: Karmayogin, 2 p. 431), auspicava un nuovo mantra dopo il "Bande Mataram" (vd. nota 21) per il risveglio dell'India.

65 In: Vignettes of Sri Aurobindo and the Mother by Shyam Kumari, p. 52.

66 L'Agenda di Mère IV, 19 febbr. 63, p. 62 e III, 18 sett. 62, pp. 391-92.

67 L'esperimento apparve in parte in "Agorà", Rapallo, apr., magg., giu. '82. A causa dell'esemplare sinteticità della lingua inglese, un endecasillabo italiano basta a volte appena a tradurre un emistichio di Savitri...

68 Il comune lavoro, che ci ha portati ad unire la nostra esperienza di vita, è divenuto una quotidiana e reciproca collaborazione. (Il primo volume della traduzione francese di Savitri è uscito ad Auroville nel 1991). Per i passaggi più controversi del Poema non abbiamo esitato a consultare l'equipe di Archives and Rescarch dell'Ashram di Pondicherry, cui va il nostro ringraziamento.



AVVERTENZA


L'impaginazione della traduzione che segue, relativa alla Prima Parte di Savitri (Libri I-III), che costituisce da sola all'incirca la prima metà dell'Opera, corrisponde a quella del testo originale nell'Edizione del Centenario (Sri Aurobindo Birth Cehtenary Edition) e nelle edizioni correnti di Savitri. Le eventuali modificazioni corrispondono alle correzioni contenute nel Supplement to the Revised Edition of 'Savitri' (Pondicherry, 1994). Due lunghe varianti. riportate nel Supplement, sono state qui inserite alla fine dei rispettivi canti (II, 6 e II, 7) e lasciate fuori numerazione di pagina. In fine di volume si trova un'appendice di Note e un Glossario Le Note non intendono avere un carattere esplicativo (qualunque esegesi, per un testo come Savitri. sarebbe inadeguata: non si può 'spiegare' l'Himalaya, ma solo respirarne l'aria delle cime!): esse indicano solo qualche pista di ricerca al Lettore eventualmente interessato a ulteriori letture. Il Glossario comprende i termini meno comuni che ricorrono nel Poema. Le citazioni sul retro di copertina sono tratte da L'Agenda di Mère (rispettivamente, vol. VII, p. 192; II, p. 382; XI, p. 254; II, p. 383).La traduzione delle citazioni da testi inglesi e francesi è nostra. Segnaliamo comunque nella Bibliografa l'eventuale edizione italiana.

Il secondo volume della traduzione italiana di Savitri, contenente la Parte Seconda (Libri IV-VIII) e Terza (Libri IX-XII), è in corso di preparazione.



SAVITRI
Leggenda e Simbolo


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