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Testimonianze sullo stalinismo Premessa: cosa non si può non sapere sulla repressione staliniana


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L’episodio del plebiscito rosso del 1931

L’8 agosto del 1931 si organizza in Prussia un referendum per ottenere la revoca del governo socialdemocratico su iniziativa dei “Caschi d’acciaio” (altro gruppo fascista), appoggiati dai nazisti, il cosiddetto “plebiscito bruno”. Il KPD, su raccomandazione del CE dell’Internazionale Comunista, chiama anch’esso a votare per la cacciata del governo socialdemocratico, parlando di “plebiscito rosso”! Nel luglio 1931, al momento dell’XI Plenum dell’esecutivo dell’IC, Manuilski aveva presentato quella che chiamava una giustificazione “teorica” di questa politica, che denunciava la “menzogna socialdemocratica” secondo cui il fascismo sarebbe il nemico principale della classe operaia”.

Di qui la concorrenza, gli scontri fisici tra comunisti e socialdemocratici… Nel peggiore dei casi, si converge con i fascisti, oppure ci sono divisioni e manovre per non fare l’unità, ma solo raramente si lotta contro. Vi sarà un mutamento nelle prime settimane del 1933, ma sarà troppo tardi.

“L’ultimatismo burocratico” denunciato da Trotskij rimanda alla concezione secondo cui il Partito comunista esige il fronte unico, ma sull’intero suo programma… È una concezione settaria ed estremista, che Trotskij attacca sistematicamente. ”Il più delle volte, gli organismi dirigenti del Partito comunista si rivolgevano ai riformisti proponendo la lotta comune su parole d’ordine radicali, indipendentemente dalla situazione, che non corrispondevano al livello di coscienza delle masse. Queste proposte erano colpi sparati a salve. Le masse restavano estranee, i dirigenti riformisti interpretavano la proposta dei comunisti come un intrigo mirante a distruggere la socialdemocrazia. In ogni caso, si trattava dell’applicazione puramente formale della politica di fronte unico e che non andava al di là dello stadio delle dichiarazioni; per la sua essenza stessa, infatti, essa può produrre risultati solo in base a una valutazione realistica della situazione e dello stato delle masse. L’arma delle ’lettere aperte’, troppo spesso e male utilizzata, si è inceppata e si è dovuto rinunciarvi”.xxx

Alcune settimane prima di queste righe, nella “Lettera a un operaio comunista tedesco”, dell’8 dicembre 1931, aveva scritto, per mettere i puntini sulle i: “Operai comunisti, siete centinaia di migliaia, milioni, non avete nessuna parte dove andare, non ci saranno passaporti sufficienti per voi. Se il fascismo arriva al potere, passerà come uno spaventoso carro armato sulle vostre teste e le vostre schiene. La salvezza è possibile solo con la lotta senza quartiere. Solo il riavvicinamento nella lotta con gli operai socialdemocratici può portare alla vittoria. Operai comunisti, fate presto, perché vi resta poco tempo!”.

IV. La questione del fronte unico



  1. Elementi di metodo

Trotskij insiste sulle radici profonde della necessità di una politica di fronte unico nel processo stesso di mobilitazione e di formazione della coscienza di classe dei lavoratori. “Il proletariato arriva alla presa di coscienza rivoluzionaria non con una procedura scolastica, ma tramite la lotta di classe, senza interruzioni. Per lottare, il proletariato ha bisogno dell’unità delle sue file: Questo vale sia per i conflitti economici parziali, entro le mura di una fabbrica, sia per le lotte politiche ‘nazionali’, ad esempio contro il fascismo. La tattica del fronte unico, quindi, non è qualcosa di occasionale e di artificioso, né un’abile manovra; no, essa deve derivare completamente e interamente dalle condizioni oggettive dello sviluppo del proletariato. Il passo del Manifesto del Partito comunista in cui si dice che i comunisti non si contrapporranno al proletariato, che essi non hanno altri obiettivi e altri compiti se non quelli del proletariato, esprime l’idea che la lotta del partito per ottenere la maggioranza della classe non deve, in nessun caso, entrare in contrasto con il bisogno che hanno i lavoratori di unire le loro file nella lotta”.xxxi

Ernest Mandel precisa nel 1979:

La classe operaia non può farla finita con il capitalismo, esercitare il potere e cominciare a costruire una società senza classi se non raggiunge un grado di unità delle sue forze sociali e un livello di politicizzazione e di coscienza qualitativamente più alto di quello che esiste sotto il capitalismo nei periodi ‘normali’. È, infatti, solo attraverso questa unificazione e politicizzazione che l’insieme della classe operaia può costituirsi in ‘classe per sé’, al di la delle differenze di impiego, di livelli di conoscenze, d’origine nazionale o regionale, di sesso, d’età, ecc.

Il miglior lavoratore acquista la coscienza di classe, nell’accezione più profonda del termine, solo attraverso l’esperienza di questo tipo di unità nella lotta. Il partito rivoluzionario svolge un ruolo essenziale di mediazione in questo processo. Ma la sua stessa attività non può sostituirsi a questa esperienza di lotta unitaria della maggioranza dei lavoratori. Il partito in sé non può essere la fonte da cui sgorga questa coscienza di classe fra milioni di lavoratori. (…)

In tutti i paesi in cui il movimento operaio organizzato ha una lunga tradizione, una parte significativa della classe continua ad esprimere un certo livello di fiducia nei partiti socialisti e comunisti, non solo elettoralmente, ma anche politicamente e organizzativamente. Così, è impossibile avanzare positivamente e concretamente nell’unificazione del fronte proletario senza tenere conto di questa fiducia relativa o aspettando che i lavoratori socialisti e comunisti entrino nel fronte se non si tiene conto delle reazioni e degli atteggiamenti dei loro dirigenti.

Si può da questo trarre la conclusione che una politica di fronte unico rivolta ai partiti socialisti e comunisti sia una componente tattica dell’orientamento strategico generale. È dunque semplicemente questo: un elemento, non un sostituto di questo orientamento. E ciò è particolarmente vero per il fatto che la massima unità e politicizzazione del proletariato richiedono sia la partecipazione dei lavoratori socialisti e comunisti, sia la rottura della grande maggioranza di questi lavoratori con le scelte di collaborazione di classe degli apparati burocratici.xxxii

Questa politica di fronte unico discende quindi dalle condizioni oggettive e dall’esperienza della lotta di classe e si traduce nel fronte unico delle organizzazioni, il fronte unico dalla base al vertice e il fronte unico sui compiti connessi alla lotta antifascista.

Nel gennaio 1932, Trotskij scrive: “Qual è l’atteggiamento del Partito comunista? Nei suoi giornali, ripete ogni giorno che, per lui, è accettabile solo ‘il fronte unico che sarà rivolto contro Brüning [deputato di destra], Severing [deputato SPD], Leipard (SPD e dirigente del sindacato ADGB), Hitler e loro simili’. (…) Questo però non significa assolutamente che Brüning, Severing, Leipard e Hitler appartengano sempre e in qualunque circostanza allo stesso campo. Ora, i loro interessi divergono. Per la socialdemocrazia, la questione è, in questo momento, non tanto quella di difendere le fondamenta della società capitalista contro la rivoluzione proletaria, quanto quella di difendere il sistema borghese semiparlamentare contro il fascismo. Sarebbe una grande sciocchezza rifiutarsi di sfruttare questo antagonismo.

“‘Fare la guerra per rovesciare la borghesia internazionale…- scriveva Lenin in L’estremismo malattia infantile del comunismo – e rinunciare a destreggiarsi, a sfruttare i contrasti d’interessi (anche solo momentanei) che dividono i nostri nemici, a fare accordi e compromessi con eventuali alleati (anche solo temporanei, incerti, tentennanti e che pongano condizioni), non è completamente ridicolo?’”. [sottolineature nostre].

“E più avanti: ‘Non si può vincere un avversario più forte se non a prezzo di un’estrema tensione delle forze e a condizione esplicita di sfruttare nel modo più minuzioso, il più attento, il più circospetto, il più intelligente possibile la minima fessura fra gli avversari’. Che cosa fanno Thälmann e Remmele diretti da Manuilsky? La fessura tra la socialdemocrazia e il fascismo – e quale fessura! – loro cercano con tutte le forze di colmarla con l’ausilio della teoria del social-fascismo e con la pratica del sabotaggio del fronte unico”.

“Lenin esigeva che si sfruttasse ogni ‘possibilità di garantirsi un alleato numericamente forte, anche se temporaneo, tentennante, a condizione, poco solido e poco sicuro. Chi non ha capito questa verità non ha capito niente del marxismo, né dell’attuale socialismo scientifico in generale’. Guardate, profeti della nuova scuola staliniana: qui si dice in maniera chiara e precisa che voi non avete capito niente del marxismo. E questo, ad avervelo detto è Lenin: accusate ricevuta!”.xxxiii

Trotskij propone la traduzione concreta di questa analisi:

“La sciagura dipende dal fatto che (…), nel suo appello per il ‘fronte unico rosso’, pubblicato il 29 novembre, il Comitato centrale del Partito comunista tedesco parte dall’idea che è impossibile sconfiggere il fascismo senza avere prima sconfitto la socialdemocrazia tedesca. Questa idea Thälmann l’ha ripetuta in tutti i toni nel suo articolo. Quest’idea è giusta? Su scala storica, è assolutamente vera. Ma non significa assolutamente che si possa risolvere il problema all’ordine del giorno grazie ad essa, e cioè limitandosi a ripeterla. Quest’idea, giusta dal punto della strategia rivoluzionaria nel suo complesso, diventa una menzogna, e anche una menzogna reazionaria una volta tradotta in linguaggio tattico. È vero che per fare sparire disoccupazione e miseria bisogna prima distruggere il capitalismo? È vero. Ma solo l’ultimo degli imbecilli ne trarrebbe la conclusione che non dobbiamo batterci oggi con tutte le nostre forze contro le misure che permettono al capitalismo di accrescere la miseria degli operai.

“Si può sperare che il Partito comunista possa abbattere il fascismo entro i prossimi mesi? Nessuna persona di buon senso, che sappia leggere e far di conto, si arrischierebbe a fare una simile affermazione. Politicamente, il problema si pone così: possiamo oggi, nel corso dei prossimi mesi, cioè nonostante la presenza della socialdemocrazia purtroppo ancora molto forte benché indebolita, opporre una resistenza vittoriosa all’aggressione del fascismo?”.xxxiv



  1. Il problema dello sciopero generale nella lotta antifascista

Che ruolo ha l’arma dello sciopero generale nella battaglia contro il fascismo? È uno degli assi centrali, ma da non trasformare in feticcio nello scontro politico-militare con i nazisti. Va subordinato allo scontro diretto con le truppe naziste.

“Si deve dunque rinunciare allo sciopero come forma di lotta? No, non rinunciarvi ma crearne le indispensabili premesse politiche e organizzative. Una di esse è la ricostruzione dell’unità sindacale. La burocrazia riformista naturalmente non ne vuol sapere. Finora, la scissione le ha garantito la posizione migliore possibile. Tuttavia, la minaccia diretta del fascismo cambia la situazione dei sindacati a grande svantaggio della burocrazia. Aumenta l’aspirazione all’unità. La cricca di Leipart può sempre cercare, nella situazione attuale, di rifiutarsi di ristabilire l’unità: questo raddoppierebbe o triplicherebbe l’influenza dei comunisti all’interno dei sindacati. Se l’unità si realizzasse, si aprirebbe un ampio campo di iniziativa per i comunisti. Non servono mezze misure, ma una svolta radicale (…).

“Lo sciopero generale è uno strumento di lotta importantissimo, ma non è il rimedio universale. Ci sono situazioni in cui lo sciopero generale rischia di indebolire più gli operai che non il loro avversario diretto. Lo sciopero deve essere un elemento importante del calcolo strategico, ma non la panacea in cui si esaurisce l’intera strategia. (…)

“ Non c’è stato un problema di sciopero generale durante la Rivoluzione d’Ottobre. Alla vigilia della Rivoluzione, le fabbriche e i reggimenti, nella loro stragrande maggioranza, erano già collegati alla direzione del Soviet bolscevico. Chiamare le fabbriche allo sciopero generale in quelle condizioni significava indebolirsi da soli e non indebolire l’avversario (…).

“Se in Germania la lotta scoppia a partire da conflitti localizzati, dovuti a una provocazione dei fascisti, è poco probabile che l’appello allo sciopero generale risponda alle necessità della situazione. Lo sciopero generale significherebbe innanzitutto: tagliare una città dall’altra, un quartiere dall’altro e anche una fabbrica dall’altra. Sarebbe più difficile trovare e radunare gli scioperanti. In queste condizioni i fascisti, che non mancano di Stato Maggiore, possono ottenere una certa superiorità, grazie alla loro direzione centralizzata (…).

“Occorre, quindi, non prepararsi allo sciopero generale ma a resistere ai fascisti. Il che comporta: creare ovunque basi di resistenza, distaccamenti d’assalto, riserve, Stati Maggiori, sedi e centri di direzione, un collegamento effettivo, piani molto semplici di mobilitazione”.

Alla fine del 1932, Trotskij effettua un mutamento d’approccio sul problema dello sciopero generale. Ora occorre il confronto decisivo con i nazisti.

“La lotta decisiva del proletariato contro il fascismo implica lo scontro simultaneo con l’apparato statale bonapartista. Per questo, lo sciopero generale è un’arma insostituibile. Occorre prepararlo. Occorre mettere a punto un piano speciale, cioè un piano di mobilitazione delle forze in vista del suo svolgimento; a partire da questo piano, occorre sviluppare una campagna di massa e, sulla base di questa campagna, proporre alla socialdemocrazia un accordo sulla conduzione dello sciopero generale, accompagnandolo a precise condizioni politiche. Questa proposta, ripresa e concretizzata a ogni nuova tappa, deve portare, nella sua dinamica, alla creazione dei soviet, come organi supremi del fronte unico”.xxxv



  1. Fronte unico e accordi parlamentari

Nel dicembre 1931, Trotskij precisava: “Gli accordi elettorali, le trattative parlamentari condotte dal partito rivoluzionario con la socialdemocrazia servono, di norma, alla socialdemocrazia. L’accordo pratico per iniziative di massa va sempre a favore del partito rivoluzionario (…)”.

“Nessuna piattaforma comune con la socialdemocrazia o con i dirigenti dei sindacati tedeschi, nessuna pubblicazione, nessuna bandiera, nessun manifesto comune! Procedere separatamente, colpire insieme! Mettersi d’accordo esclusivamente sul modo di colpire, su chi e quando colpire. Su questo punto ci si può mettere d’accordo anche con il diavolo, con sua nonna e anche con Noske e Grzesinski. Alla sola condizione di non legarsi le mani.

“Infine, occorre mettere a punto rapidamente un insieme pratico di misure, non allo scopo di ‘smascherare’ la socialdemocrazia (agli occhi dei comunisti) ma allo scopo di lottare realmente contro i fascisti. Questo accordo deve riguardare la protezione delle fabbriche, la libertà d’azione dei consigli di fabbrica, l’intangibilità delle organizzazioni e delle istituzioni operaie, la questione dei depositi di armi di cui possono impadronirsi i fascisti, le misure da prendere in caso di pericolo, cioè le iniziative militanti dei distaccamenti comunisti e socialdemocratici, ecc.”.xxxvi

Il centro di gravità è la concreta lotta antifascista, ma vi è anche, in questo quadro, e occorre insistere su questo quadro, la possibilità di accordi parlamentari. È quel che sostiene Trotskij nel 1932, quando denuncia un approccio istituzionale ad accordi parlamentari, ma senza accordi parlamentari legati alla mobilitazione: “(…) ecco che il 22 giugno l’ala comunista nel parlamento prussiano propose fra lo stupore generale, e il suo stesso, un accordo con la socialdemocrazia e anche con il centro. La stessa cosa si è ripetuta in Assia. Di fronte al pericolo di vedere la presidenza del parlamento cadere nelle mani dei nazisti tutti i sacrosanti principi furono mandati al diavolo. C’è da stupirsi? Non è penoso? (…)”.

“L’iniziativa del gruppo comunista al Landtag era in sé sbagliata e inammissibile? Noi pensiamo di no. I bolscevichi nel 1917 hanno avanzato a varie riprese la seguente proposta ai menscevichi e ai socialisti-rivoluzionari: ‘Prendete il potere, noi vi appoggeremo contro la borghesia, se offre una qualsiasi resistenza’. Certi compromessi sono accettabili, in certe condizioni sono indispensabili. Dipende dall’obiettivo che ci si è prefissi, dal modo in cui le masse lo percepiscono e dai limiti di queste. Ridurre il compromesso al Landtag, o al Reichstag, considerare un fine in sé che un socialista o un comunista diventi presidente al posto di un fascista, equivale a cadere completamente nel cretinismo parlamentare. Tutt’altra è la situazione se il partito si propone il compito di lottare sistematicamente e metodicamente per conquistare gli operai socialdemocratici sulla base del fronte unico. In questo caso, l’accordo in parlamento contro la presa della presidenza da parte dei fascisti avrebbe fatto parte integrante di un accordo extraparlamentare per la lotta contro il fascismo”.xxxvii

V. Elementi conclusivi sulla tattica di fronte unico

Nella tragica situazione degli anni Trenta, il fronte unico concentra la politica rivoluzionaria, nella situazione difensiva di fronte al fascismo. Trotskij insisterà su altre due considerazioni:


  • La politica rivoluzionaria non si riduce al fronte unico. Vi sono molti altri aspetti nella costruzione e nella strategia rivoluzionaria: parole d’ordine transitorie, auto-organizzazione, controllo di gestione, conquista del potere, problemi militari;

  • La politica di fronte unico contiene un aspetto generale, ma è temporanea. Si possono e debbono fare accordi con i riformisti, ma non per conquistare il potere… Facciamo solo un pezzo di strada insieme.

Fino in fondo, fino all’ultimo momento, pur annunciando la sconfitta, Trotskij cerca di esplorare le possibilità di lotta.

Hitler diventa Cancelliere il 30 gennaio, alla testa di un governo in cui i nazisti sono ancora in minoranza fra gli esponenti dei partiti di destra. Qualche giorno dopo, Lev Sedov gli fornisce una descrizione alquanto cupa della realtà tedesca: “Quello che stiamo vivendo somiglia alla resa della classe operaia al fascismo (…). Al vertice, disorientamento, nessuno sa che cosa fare; alla base, nessuna fiducia nelle proprie forze. (…) Credo che stiamo entrando in giorni e settimane decisivi. Se un’azione vigorosa del movimento operaio – che nel suo sviluppo non può che essere la rivoluzione proletaria – non si verifica adesso, è inevitabile una spaventosa sconfitta. Quest’azione non è ancora esclusa ma, secondo me, non è più molto verosimile”.

Il 5 febbraio 1933 – non sappiamo se ha ricevuto la lettera del figlio – Trotskij affronta il problema credendoci ancora: “L’avvento al potere di Hitler costituisce, senza alcun dubbio, un colpo tremendo per la classe operaia. Ma non è ancora una sconfitta definitiva e irrimediabile. Il nemico che si poteva battere ancora quando cercava di issarsi al potere occupa ora una serie di posti di comando. Per lui, è un vantaggio notevole, ma ancora la battaglia non c’è stata. Occupare posizioni vantaggiose non è in sé risolutivo. È la forza viva che risolve. (…) Dal governo con a capo un cancelliere fascista alla vittoria completa del fascismo c’è ancora parecchia strada da fare. Questo vuol dire che il campo della rivoluzione ha ancora a disposizione un certo lasso di tempo. Quanto? Lo si può misurare solo combattendo”.xxxviii

Come si è visto, anche dopo l’incendio del Reichstag il 27 febbraio 1933, si producono manifestazioni di massa di centinaia di migliaia di lavoratori nelle principali città tedesche, davanti alle sedi dei sindacati e della socialdemocrazia, perché si chiami alla mobilitazione, si convochi lo sciopero generale contro il governo di Hitler… La socialdemocrazia rinuncerà a fare appello a mobilitarsi. La repressione, gli arresti e gli assassinii raddoppiano.

È la sconfitta. Una sconfitta senza lotta. Una tragedia che sfocia nella guerra e in milioni di morti.

La sconfitta tedesca cambia tutte le prospettive storiche.

Nello scontro, o il fascismo avrebbe vinto e schiacciato il movimento operaio, o quest’ultimo, respingendo il nazismo, avrebbe creato le condizioni per la sconfitta decisiva del capitalismo. L’incapacità del KPD e dell’Internazionale Comunista di guidare questo scontro ne segna la morte come partiti rivoluzionari.

“Il proletariato tedesco si risolleverà, lo stalinismo tedesco, mai”. “C’è bisogno di un nuovo partito”, conclude Trotskij dopo la sconfitta tedesca.

Perché avvengano rotture, occorrono grandi avvenimenti storici.

(13 ottobre 2013)

Traduzione di Titti Pierini.

F. Sabado: membro della direzione del Nuovo Partito anticapitalista (NPA, Francia), membro dell’esecutivo della IV Internazionale. P. Lemoal: militante della IV Internazionale, fa parte della Commissione formazione del NPA.

Léon Trotsky, “La révolution allemande et la bureaucratie stalinienne” (gennaio 1932), in Comment vaincre le fascisme”, Bucher-Castel, Parigi, 1973, p. 129 (disponibile anche sul web: http://www.marxists.org/francais/trotsy/livres/cvfr/cvf.htm).

Rosenberg, cit. da Ossip K. Flechtheim, Le parti communiste allemand sous la République de Weimar, Maspero, Parigi, p. 288.

Ossip K. Flechtheim, op. cit., p. 118

La corrente animata da Ruth Fischer e Arkadi Maslow.

Ossip K. Flechtheim, op. cit., p. 119.

Léon Trotskij, “La victoire d’Hitler signifierait le guerre contre l’URSS”, in Comment vaincre… cit., pubblicato la prima volta in The Militant, 26 luglio 1932.

Dati aderenti giovani citati da Perre Frank, Histoire de l’Internationale Communiste 1919-1943, éditions La Brèche, Parigi, 1979, vol. 2, p. 635.

Pierre Milza, Fascisme et idéologies réactionnaires en Europe (1919-1945), Dossier Sciences hunaines, n. 9, Armand Colin, p. 33.

Daniel Guérin, Sur le fascisme, Maspero, Parigi, 1965, t. 2, “Fascisme et grand capital”, p. 37.

Ivi, t. 2, p. 108

Il 31 gennaio, Rudolf Breitscheid in una riunione del comitato direttivo del Partito socialdemocratico dichiara: “La lotta al fascismo è entrata in una nuova fase. Tutti i nostri auspici sarebbero che entrassero in una nuova fase anche i nostri rapporti con il Partito comunista.” Viene respinta con un solo voto di maggioranza una mozione che propone un “patto di non aggressione” al Partito comunista” (cit. da Juan Rustico, 1933: la tragédie du prolétariat allemand, Les Amis de Spartacus, Parigi 2003 (http://www.matie-revolution.fr/spip.php?article636).

Ernest Mandel, “Ce qu’est le fascisme et comment l’arrêter”, in La Gauche, 18 marzo 1992, [v. nota 6] (http://www.ernestmandel.org/new/ecrits/article/ce-qu-est-le-fascisme-et-comment-l).

Cit. da Pierre Frank, op. cit., p. 674, [v. nota 7].

Juan Rustico, op. cit .

Ibidem.

I nazisti non sono in testa in nessuna delle tre maggiori città tedesche di allora: è il KPD ad essere in testa a Berlino, Il SDP ad Amburgo e il Zentrum a Colonia (con il KPD in seconda posizione).

Ernest Mandel, Prefazione a “Théorie du fascisme chez Trotskij”, in L. Trotskij, Comment vaincre…” cit. (http://www.ernestmandel.org/new/ecrits/article/introduction-la-theorie-du).

Daniel Gjuérin, op. cit., t. 2, p. 186, [v. nota 9]

E. Mandel, op. cit., [v. nota 7].

Ibidem.

Léon Trotskij, “La révolution allemande et la bureaucratie stalinienne” (gennaio 1932), in Comment vaincre… cit., p. 84 [v. nota 1].

Cit. da Pierre Frank, op. cit., p. 658 [v. nota 7].

Léon Trotskij, “La révolution…” cit., p. 97 [v. nota 1].

Cit. da Pierre Frank ,op. cit., p. 593 [v. nota 7].

Ibidem.

Ivi, p. 625.

Ossip. K. Flechtheim, op. cit., p. 196, [v. nota 2].

Nel giornale dei pionieri comunisti, cit. da Ossip K. Flechtheim,, op. cit., p.205. [v. nota 2].

Léon Trotskij, “La Rèvolution…”, cit., p. 134, [v. nota1].

Ibidem.

Ernest Mandel, “Croissance de classe, front unique egouvernements ouvriers », intervista fatta da John Rotschild nel1979 (http://www.ernestmandel.org/new/ecrits/article/conscience-de-classe-front-unique).

Léon Trotskij, “La révolution…” cit., p. 122 [v. nota 1].

Léon Trotskij, “Lettre à un ouvrier…” cit., p. 71 [v. nota 1].

Léon TYrotski, “La Révolution…” cit., pp. 206-209 [v. nota 1].

Léon Trotskij, “Lettre à un ouvrier…” cit., p. 76.

Léon Trotskij, “La seule voie” (ottobre 1932), in Comment vaincre… cit., p. 325 [v nota 1].

Léon Trotskij, “Devant la décision” (febbraio 1933), in Comment vaincre… cit., p.3 25 [v. nota 1].


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