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Storia Dei Trattati e Politica Internazionale


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2.4 1967 –1974, la ripresa dei rapporti tra le due comunità, i negoziati intercomunali.
Immediatamente dopo l’ultima crisi, il 29 dicembre 1967, la comunità turco cipriota annunciò la creazione di una “amministrazione transitoria” indipendente, che sarebbe rimasta operativa fino al momento in cui l’organizzazione statale prevista dalla costituzione del 1960 non sarebbe ritornata in vigore.

La separazione fu applicata sia a livello legislativo, sia esecutivo, sia giuridico.

Il Dr. Küçük, che rimase ufficialmente Vice presidente della Repubblica di Cipro, fu nominato Presidente dell’Amministrazione Transitoria e suo vice fu nominato Rauf Denktas.

Fu creata un’istituzione legislativa formata dai membri turco ciprioti della Camera dei Rappresentanti della Repubblica di Cipro eletti nel 1960 e dai membri della Camera Comunale turca.

L’esecutivo fu affidato ad un Consiglio formato da nove membri.

Il Presidente Makarios condannò l’Amministrazione Transitoria definendola totalmente illegale, ma quest’ultima continuò ad operare come Governo de facto della comunità turca sull’isola.

Dopo l’ultima crisi che coinvolse la Grecia, la Turchia e la comunità internazionale, il problema di Cipro ritornò in questo periodo ad essere oggetto di trattativa e interesse per le comunità locali.

Tra gennaio e aprile 1968 il Governo alleggerì gradualmente le misure restrittive adottate nei confronti della comunità turco cipriota.

Con l’eccezione della sola zona turca di Nicosia, fu restaurata la libertà di movimento per i turco ciprioti, i checkpoint furono rimossi e la circolazione di merci e suppellettili fu concessa senza restrizioni.

Queste misure seguirono le elezioni presidenziali del febbraio 1968, in cui Makarios ottenne la riconferma del proprio mandato con uno straordinario 95% dei favori, sconfiggendo il suo avversario politico Dr. Evdokas che aveva basato la propria campagna elettorale sulla realizzazione dell’Enosis.

La pressione delle Nazioni Unite e di altri governi e la posizione contraria della maggior parte della comunità greco cipriota nei confronti della giunta militare greca e delle operazioni estreme di Grivas, convinsero l’Arcivescovo a nuove aperture verso la comunità turco cipriota.

In questo clima di relativa tranquillità le due parti decisero di incontrarsi per negoziare un compromesso allo stallo politico che regnava nell’isola.

L’amministrazione turco cipriota designò Rauf Denktas come proprio rappresentante per i negoziati.

Egli, pur non avendo mai ricoperto cariche di rilievo (escludendo la sua elezione a neo Vice presidente dell’Amministrazione Transitoria), era visto della maggior parte della sua comunità come un tenace difensore dei loro diritti.

Il governo di Makarios non era molto felice di questa scelta, Denktas era visto come un soggetto pericoloso e ostinato.

Quando dopo la crisi del dicembre 1963 egli fuggì in Turchia, gli fu proibito di ritornare sull’isola dalle autorità greco cipriote.

Grazie al programma di Pacificazione lanciato da Makarios, fu permesso a Denktas di ritornare sull’isola e di assumere il ruolo di negoziatore principale nei colloqui di pace.

Dal canto loro i greco ciprioti, scelsero Glafcos Clerides come proprio negoziatore.

Clerides aveva solide credenziali come nazionalista: fu membro dell’EOKA e difese molti dei suoi compagni giudicati dalle corti inglesi durante l’insurrezione precedente l’indipendenza.

Ciononostante, godeva di una buona reputazione, per la sua flessibilità e per i suoi buoni rapporti personali con Denktas (erano stati compagni di scuola).

La preparazione dei lavori per i colloqui fu coadiuvata dall’aiuto del Rappresentante Speciale del Segretario Generale dell’ONU a Cipro, Osorio-Tafall.

Un accordo doveva essere raggiunto partendo dalla base di uno stato indipendente e unitario.

Un altro obiettivo dei negoziati era di definire le differenze delle due comunità rispetto alla costituzione.

I negoziati iniziarono ufficialmente il 24 giugno 1968, e si protrassero, a fasi intermittenti, fino al 1974.

Le differenti posizioni poste sul tavolo delle trattative non trovarono mai veramente una possibilità di compromesso.

I turco ciprioti, nell’affermare i loro diritti, chiedevano il ristabilimento delle autonomie locali previste dalla costituzione del 1960.

I greco ciprioti, dal canto loro, rifiutavano ogni proposta che implicasse una soluzione federale, temendo che tale soluzione portasse a una divisione.

Ciascuna delle due parti cercava di utilizzare il proprio potere contrattuale per imporre le proprie richieste.

Certamente la posizione greco cipriota, era avvantaggiata dalla situazione creatasi dopo il 1963, per la quale il governo di Makarios e la sua comunità, si trovavano a essere riconosciuti come l’istituzione legittima per rappresentare Cipro nella comunità internazionale.

La comunità turco cipriota, doveva senz’altro rivolgersi alla Turchia per la propria sussistenza, l’organizzazione delle enclaves portò ben presto ad un sistema politico –amministrativo autonomo.

Nonostante questo potesse apparire come un segno di debolezza e di inferiorità, in realtà quest’autonomia virtuale rinsaldò l’identità turco cipriota e l’amministrazione greco cipriota non fu in grado di interferire direttamente.

Gli emendamenti costituzionali proposti da Makarios nel 1963 erano alla base delle concessioni di autonomia che venivano proposte dalla parte greco cipriota alla controparte turca.

Denktas e i suoi collaboratori, dal canto loro, pur accettando di ridurre alcuni dei diritti accordati dalla costituzione del 1960 (accettarono di ridurre il potere di veto del vicepresidente e la rappresentazione turco cipriota dal 30 al 20 %, conforme alle proporzioni della popolazione totale), non potevano accettare una soluzione che riducesse la propria autonomia e che li portasse a uno status di minoranza e non a essere riconosciuti come controparte politicamente equa della comunità greca.

Il susseguirsi degli incontri non portò a nessun risultato concreto.

Durante il meeting della Nato a Lisbona nel 1971, il primo ministro degli esteri di Grecia, Palamas, e la sua controparte Turca Osman Olcay, si incontrarono e ripresero a discutere sulla situazione di Cipro, ma un reale accordo non fu raggiunto e i due paesi in questo particolare periodo storico preferirono non influenzare direttamente l’andamento dei colloqui.

Nel 1972 il Segretario Generale dell’ONU, Kurt Waldheim, intervenne direttamente ai colloqui, augurandosi il ritiro della forza di pace UNFICYP in breve tempo, in seguito a un accordo ragionevole.

Verso la fine del 1973 sembrò che Glafcos Clerides, potesse accettare il principio di autonomia locale per le comunità turco cipriote, ma un reale compromesso sulla entità di questa autonomia e sul controllo che il governo centrale avrebbe dovuto esercitare nei confronti delle autorità locali non fu raggiunto.

Il timore da parte del negoziatore greco cipriota che qualsiasi concessione di autonomia avrebbe portato alla divisione politico-amministrativa dell’isola, sotto forma di federazione, impedì l’apertura a una soluzione più concreta di quella prospettatesi con la sola accettazione del principio di autonomia.

Nell’aprile del 1974, in una dichiarazione il Primo Ministro turco Bülent Ecevit, appoggiò apertamente la costituzione di uno stato federale come unica soluzione del problema.

Questa dichiarazione fece interrompere definitivamente i negoziati e alimentò il formarsi di accuse reciproche sia tra i rappresentanti delle due comunità sia tra i governi di Grecia e Turchia.

Per suo conto Denktas, pur affermando che una soluzione federale non avrebbe implicato necessariamente una divisione, nutrì una profonda diffidenza nei confronti dei suoi interlocutori greci, temendo che accordando troppe concessioni sarebbe venuto a mancare il presupposto di eguaglianza politica, perpetrato dalla sua comunità.

Egli temeva che, anche in base ai recenti sviluppi e alla ripresa delle azioni terroristiche pro Enosis sull’isola, la propria posizione potesse essere facilmente indebolita e che grazie alla complicità della giunta greca il piano di riunificazione con la Grecia potesse trovare solide basi nella posizione di maggioranza assunta dal governo e dalla comunità “avversaria”.


2.5 La minaccia di una nuova ondata terroristica e i tentativi di destituzione di Makarios.

Le elezioni politiche del 1970 e le presidenziali del 1973.
Mentre i negoziati tra le due comunità erano in corso, vi fu una considerevole riduzione delle violenze, ma tra la popolazione greca dell’isola, si formarono due opposte fazioni: una appoggiava l’operato di Makarios e la sua linea politica, per la creazione di uno stato unitario e indipendente; l’altra rivendicava insistentemente l’unione con la Grecia.

Nel 1969, fu creato il Fronte Nazionale, un’organizzazione che aspirava all’immediata realizzazione dell’Enosis.

Il Fronte Nazionale, lanciò una campagna terroristica, in realtà più spettacolare che efficace.

Furono organizzate incursioni nelle stazioni di polizia per rubare armi, furono lanciate granate su costruzioni e veicoli militari britannici, fu ferito in una sparatoria il capo della polizia e furono organizzati, senza successo, molti attacchi ai ministeri del governo.

L’8 marzo 1970 vi fu un tentativo di assassinare il Presidente Makarios, anch’esso attribuito al Fronte Nazionale.

Una settimana dopo Polykarpos Georghadjis, ex ministro dell’interno, fu trovato morto, ucciso a colpi d’arma da fuoco (durante il processo per il tentato omicidio del presidente, lo stesso Georghadjis fu identificato come uno dei cospiratori).

Nonostante le attività del Fronte Nazionale, il Governo decise di indire nuove elezioni generali, per il giorno 5 luglio 1970.

La ormai dissolta Camera dei Rappresentanti, era in carica sin dal 1960 e in seguito alle continue crisi, le elezioni che avrebbero dovuto tenersi nel 1965, furono sempre posticipate.

La continua assenza dei quindici rappresentanti turchi, fece sì che la Camera continuasse i suoi lavori con i soli trentacinque membri della comunità greco cipriota.

Le elezioni videro la netta affermazione del Partito dell’Unificazione (EDEK) che conquistò quindici seggi.

Il partito era guidato da Glavkos Clerides che operava una politica tesa all’unità e all’indipendenza di Cipro, in pieno supporto al Presidente Makarios.

Il Partito Comunista (AKEL), conquistò nove seggi diventando la seconda forza politica.

Nessuno dei candidati del Partito Democratico Nazionale (DEK), che professava l’Enosis, entrò alla camera.

Le elezioni furono indette allo stesso tempo dai turco ciprioti, e videro la vittoria del Partito Nazionale di Solidarietà, guidato da Rauf Denktas.

Intanto il dibattito ideologico intorno alla questione dell’Enosis, restava acceso, nonostante l’insuccesso, alle elezioni, delle forze politiche che la professavano.

Ci furono manifestazioni studentesche contro la politica di riavvicinamento e i negoziati di pace.

Dal suo esilio in Grecia, il Generale Grivas lanciò dure accuse contro la politica di Makarios; in una lettera pubblicata su un giornale greco chiese le sue dimissioni, sulla base del fatto che abbandonando l’Enosis, il Presidente aveva tradito la lotta dell’EOKA per la libertà.

Agli inizi del settembre 1971, Grivas tornò clandestinamente a Cipro, per organizzare incontri con il Fronte Nazionale e con alcuni suoi collaboratori del movimento dell’EOKA negli anni cinquanta.

Makarios, minacciò di farlo arrestare, accusandolo di organizzare bande armate e ribadì la sua opposizione alla lotta per l’Enosis, attraverso mezzi militari.

Il governo di Cipro, preoccupato per la situazione, importò una considerevole quantità di armi dalla Cecoslovacchia, ma in seguito alle proteste sia del primo ministro greco sia di quello turco, le armi furono sequestrate e poste sotto il controllo della forza di pace UNFICYP.

Intanto, fin dal 1972 la giunta di Atene esercitava pressioni su Makarios affinché cambiasse la composizione degli uomini di governo e nel febbraio dello stesso anno, richiese che fossero inseriti in un nuovo governo esponenti moderati facenti capo al Generale Grivas.

Per alcuni mesi il Presidente resistette alle pressioni, mentre apparentemente il governo di Atene in accordo sia con il Generale Grivas, sia con i vescovi della chiesa ortodossa di Cipro, tramasse la sua destituzione.

Nel maggio dello stesso anno, infatti, i tre Vescovi delle diocesi di Kitium, Phapos e Kyrenia lanciarono una forte provocazione al Presidente-Arcivescovo.

Essi gli contestavano l’incompatibilità tra la carica ecclesiastica e quella politica di Presidente e ne chiesero quindi le dimissioni.

Queste accuse provocarono manifestazioni di protesta e una risoluzione della Camera dei Rappresentanti che supportava l’Arcivescovo.

I vescovi, mal sopportavano la politica di tolleranza nei confronti del comunismo e l’abbandono degli ideali dell’Enosis da parte di Makarios.

Essi erano esponenti di quella parte conservatrice della società greco cipriota che non avrebbe mai rinunciato all’Enosis e che non mancò di appoggiare le azioni dei gruppi paramilitari capeggiati da Grivas.

La disputa durò più di un anno e si sbloccò in favore del Presidente, solo grazie alla convocazione da parte di quest’ultimo di un Sinodo delle Chiese Ortodosse a Nicosia.

L’intervento del Patriarca di Alessandria, affermò la non incompatibilità tra le due cariche politica e religiosa di Makarios e provocò addirittura la destituzione dei Vescovi accusati di Scisma.

Intanto però le pressioni esercitate su Makarios da più fronti ebbero il loro effetto.

Nel maggio del 1972 Spyros Kyprianou, ministro degli esteri e principale obiettivo delle critiche di Atene, si dimise.

In giugno, Makarios dovette capitolare e accettare una forte riorganizzazione del proprio governo.

Lo spettro del terrorismo organizzato ritornò ancora una volta nel segno del Generale Grivas.

Egli comincio a addestrare, sotto il proprio comando, una forza paramilitare che prese il significativo nome di EOKA-B e lanciò una serie di attacchi al governo di Makarios, simili a quelli che avevano caratterizzato le violenze degli anni cinquanta nei confronti dell’amministrazione inglese.

Oltre all’azione militare, Grivas si organizzò anche politicamente, creando il Comitato per la Coordinazione della Lotta per l’Enosis che lanciò un plebiscito in favore dell’Enosis e si dichiarò apertamente contrario alla continuazione dei negoziati intercomunali di pace.

L’EOKA-B attaccò stazioni di polizia, postazioni e accampamenti militari impossessandosi di armi, munizioni, dinamite e ricetrasmittenti.

Makarios, sotto pressione, decise di istituire nuove elezioni presidenziali.

La richiesta del plebiscito da parte di Grivas, fu decisa come alternativa alla richiesta di queste nuove elezioni.

Makarios nel suo discorso tenuto l’8 febbraio 1973, ribadì la propria posizione contro qualsiasi forma di terrorismo e di violenza per la realizzazione dell’Enosis, definendola deteriorante e pericolosa per la stabilità del paese.

Egli, pur dichiarandosi d’accordo con il principio dell’Enosis, spiegò che il dialogo con la comunità turco cipriota era l’unica soluzione possibile per raggiungere una reale indipendenza.

Lo stesso giorno Makarios fu riconfermato alla Presidenza, per il suo terzo mandato quinquennale e nelle elezioni indette nella comunità turco cipriota Rauf Denktas fu proclamato Vice Presidente.

L’EOKA-B continuò le sue azioni terroristiche, concentrando gli attacchi nelle stazioni di polizia.

In luglio il Ministro della Giustizia, Christos Vakis, fu rapito provocando una nuova escalation della tensione.

Makarios non scese a compromessi, di fronte alle richieste e alle minacce di Grivas.

Molti ufficiali della Guardia Nazionale, sospettati di far parte delle file dell’EOKA, furono destituiti e Vakis fu liberato grazie a un azione delle forze di sicurezza in un covo segreto dell’organizzazione.

Furono operate massicce retate e arresti, scoperti piani segreti per assassinare il presidente, sequestrate armi.

Il governo greco, di fronte all’evolversi della situazione, cessò il suo supporto a Grivas e anzi condannò per voce del suo Primo Ministro Papadopoulos, l’organizzazione terroristica creata dal Generale.
2.6 Il cambio della guardia ad Atene, il colpo di stato militare a Cipro, la fuga di Makarios e l’istituzione del Governo fantoccio di Nikos Samson.
Nel novembre del 1973 un cambio della guardia occorse nel governo di Atene, George Papadopoulos fu destituito da uno dei suoi uomini, Dimitrios Ioannides, capo della polizia militare.

In seguito al nuovo golpe, le tensioni tra Atene e Makarios si intensificarono.

Ioannides, che aveva servito nelle forze dell’esercito greco a Cipro nel 1960, era noto per la sua brutalità e per la estrema avversione politica e personale nei confronti di Makarios.

Egli era anche un convinto promotore dell’ideologia dell’Enosis.

Intanto sull’isola la forza paramilitare dell’EOKA-B subì pesanti epurazioni e fu praticamente smantellata dalle forze governative.

Il Generale Grivas morì nel febbraio del 1974, per un attacco di cuore, in seguito alla sua morte Makarios ordinò un centinaio di amnistie, convinto del fatto che ormai senza il suo leader l’organizzazione non avesse più la pericolosità e il vigore necessari per impensierire il suo operato.

Ma proprio nell’atteggiamento ostile di Joannides, egli doveva trovare un nuovo avversario politico e militare, pronto a destituirlo o ucciderlo in nome dell’Enosis.

Nel luglio del 1974, era ormai chiaro che Atene stava organizzandosi per intraprendere un’azione militare diretta a Cipro.

Il 2 luglio Makarios inviò una lettera (largamente divulgata) di protesta, indirizzata al Governo greco al quale contestava l’appoggio ad operazioni clandestine e distruttive tese a impadronirsi del potere dell’isola con mezzi militari.

Makarios chiese alla giunta greca di cessare il suo appoggio all’EOKA-B e di richiamare i 650 ufficiali greci che controllavano la Guardia Nazionale Cipriota.

Nella sua lettera, indirizzata al Presidente, Generale Phaidon Ghizikis, Makarios scrisse delle condizioni fratricide prevalenti tra i greci e i greco ciprioti.

Due settimane dopo la giunta di Atene rispose drammaticamente alla lettera.

Il 15 luglio le truppe greche e gli esponenti della Guardia Nazionale Cipriota controllati dalla Grecia, sferrarono un sanguinoso attacco che portò al potere un regime fantoccio imperniato di entusiasmi estremi verso l’Enosis e capeggiato da Nikos Sampson, un radicale esponente della destra, fanatico della lotta alla Turchia e già protagonista di molte azioni terroristiche con L’EOKA e con altre bande paramilitari indipendenti.

Makarios fuggì in Inghilterra e la resistenza dei suoi collaboratori fu ben presto piegata.



2.7 L’intervento militare della Turchia, il deterioramento della situazione internazionale e la demarcazione della divisione territoriale dell’isola.
A seguito del colpo di stato operato da Sampson, il leader turco cipriota Rauf Denktas si appellò al Regno Unito e alla Turchia perché intervenissero militarmente, per difendere l’indipendenza del paese, come previsto dal trattato di garanzia, di cui erano i firmatari.

Il Regno Unito declinò ben presto questa responsabilità e la Turchia al contrario intervenne unilateralmente.

L’intervento turco portò nuovamente la Grecia e la Turchia sull’orlo di una guerra e gli Stati Uniti si offrirono ancora una volta di agire da mediatori.

Henry Kissinger inviò sul posto il suo Sottosegretario Joseph Sisco, due giorni dopo il Coup di Sampson e mentre le truppe turche si preparavano per lo sbarco.

Al suo arrivo Sisco si rese subito conto che la situazione era ormai fuori controllo e che ci sarebbe stato poco spazio per un’azione diplomatica.

Il suo aereo fu costretto ad atterrare in una base militare, perché l’aeroporto e le vie centrali di Nicosia erano stati occupati dalla folla di etnia turca, invocante l’invasione.

Il governo di Ankara, sotto la pressione dell’opinione pubblica e del mondo militare, rifiutò di considerare gli sforzi diplomatici intrapresi da Sisco.

Il Primo Ministro Bülent Ecevit, un ex studente di Kissenger all’università di Harvard, ricordò nell’occasione la crisi precedente, da cui la Turchia uscì umiliata, e affermò che questa volta il suo paese non sarebbe sceso a compromessi.

La Turchia non era più interessata a una soluzione negoziale, era determinata a realizzare degli obiettivi già da tempo desiderati.

Il momento era propizio per la Turchia, perché le divisioni interne createsi nella comunità greca, le davano la possibilità di agire con maggiore sicurezza e in una posizione di forza altrimenti insperata.

Un altro fattore che favorì l’azione turca: i rapporti tra la Turchia e l’Unione Sovietica erano notevolmente migliorati.

La pressione statunitense sul paese non aveva più lo stesso effetto che poteva avere nelle crisi del 1963-67 e la Turchia non doveva più preoccuparsi tanto della minaccia sovietica.

Sisco non ebbe vita facile nemmeno ad Atene.

Mentre ad Ankara nessuno era disposto ad ascoltarlo, ad Atene non poté nemmeno trovare un interlocutore.

La Giunta Militare stava ormai collassando e in procinto di dissolversi in un clima di completo caos politico; il diplomatico americano non poté trovare nessuno dei suoi membri parlare.

In realtà il clima di disordine politico che si stava sviluppando ad Atene, non permise neanche di organizzare e coordinare una strategia difensiva per contrastare l’azione turca, e anzi il comando ai militari greci di difendersi arrivò già ad invasione avvenuta.

Le truppe turche, poterono quindi sbarcare indisturbate sull’isola il 20 luglio

L’avanguardia dell’esercito turco, formata da circa 6000 uomini, sbarcò sul lato occidentale della “Five Mile Beach” vicino alla città portuale di Kyrenia, senza incontrare particolari resistenze.

Il mattino dopo l’avanguardia decide di attraversare le montagne per unirsi al resto delle truppe paracadutate fuori Nicosia.

Nonostante ciò, neanche tra le file turche mancarono problemi di organizzazione e di pianificazione strategica.

Infatti, una parte del contingente turco e la stessa aviazione iniziarono un’inspiegabile ritirata, determinata anche dalla mancanza di comunicazione con il comando in terra turca.

Questo momentaneo disorientamento delle forze turche permise ai combattenti greco-ciprioti, coadiuvati da militari greci di sferrare un contrattacco che si protrasse per tutta la notte.

La mattina del 22 però, l’aviazione turca intervenne nuovamente e il conflitto si trasformò in un massacro.

Gli aerei turchi bombardarono gli avamposti militari, decimarono i blindati greco-ciprioti sorpresi allo scoperto e ripulirono inesorabilmente le montagne con il napalm25.

Il contingente turco, formato da 40000 militari di fanteria26, coadiuvati da ingenti forze aeree e navali, controllava ormai il porto di Kyrenia e un corridoio che collegava questa cittadina direttamente al settore turco di Nicosia.

Una tregua indetta per il 22 luglio, non impedì alle truppe turche di avanzare e a poco servirono gli sforzi delle forze di pace dell’ONU di interporsi tra le due comunità cipriote.

Massacri e violenze occorsero in molti villaggi, soprattutto in quelli la cui composizione degli abitanti aveva base mista dove le due comunità si scontrarono ancor prima dell’arrivo dei militari.

Alcune migliaia di persone (circa 5000 secondo fonti greco cipriote) dovettero abbandonare le proprie case e fuggire verso sud27.

Il governo militare greco era ormai sopraffatto dagli eventi e rassegnò le dimissioni il 23 luglio 1974.

Un giorno dopo, in diretta conseguenza delle dimissioni della giunta, Sampson fece lo stesso.

Ad Atene, dopo 11 anni di esilio a Parigi, fu richiamato Karamanlis che formò un governo civile.

La destituzione di Sampson a Cipro, non avvenne senza disordini e incidenti tra i sostenitori del suo governo e della giunta greca, e i sostenitori di Makarios.

Gli scontri, secondo alcune fonti, provocarono la morte di alcune centinaia di persone28.

In questa situazione caotica, Glavkos Clerides, il moderato Speaker della Camera dei Rappresentanti e colui il quale aveva rappresentato il popolo greco cipriota al tavolo delle trattative intercomunali, fu nominato Presidente della Repubblica di Cipro.

Clerides cercò subito di negoziare con la sua controparte, Denktas.

Allo stesso momento un’intensa campagna diplomatica tesa a prevenire un riacutizzarsi del conflitto sull’isola e scongiurare nuovamente una guerra diretta tra Turchia e Grecia, fu intrapresa dagli Stati Uniti e ebbe come risultato la convocazione di una conferenza che avrebbe riunito le tre potenze garanti dell’indipendenza di Cipro, a Ginevra.

La conferenza, ebbe luogo nella cittadina svizzera, tra il 25 e il 30 luglio, 1974.

I primi ministri di Grecia, Turchia e Gran Bretagna, si accordarono sul rispetto del cessate il fuoco imposto dall’ONU, sulla liberazione dei prigionieri di guerra e l’evacuazione da parte delle forze militari greche delle enclave turche nel sud dell’isola.

Una seconda conferenza, fu convocata per il 9 di agosto e in quest’occasione furono anche invitati i leader delle due comunità dell’isola.

Oltre a raccomandare il mantenimento della pace, i colloqui furono una nuova occasione per presentare possibili soluzioni per un accordo sul futuro e il possibile assetto politico da dare all’isola.

La proposta avanzata da parte greco-greco cipriota, prevedeva sostanzialmente il ripristino delle condizioni createsi con gli accordi di Londra e Zurigo.

In realtà Denktas e il Ministro degli esteri turco Günel, forti anche di una condizione de facto cambiata notevolmente dopo l’intervento militare, presentarono al tavolo delle trattative ben due piani alternativi.

Pur avendo difeso in passato i diritti che la costituzione del 1960 accordava alla loro comunità, i turco-ciprioti rivendicavano la necessità di creare una nuova struttura costituzionale che potesse offrire sicurezza a entrambe le parti.

Dentaks richiedeva l’istituzione di una federazione su base bizonale che avrebbe assicurato circa il 34% del territorio alla comunità turco cipriota. Il piano di Günel invece prevedeva l’istituzione di una federazione di tipo cantonale.

Come già in passato, la prima soluzione sarebbe risultata, in partenza, inaccettabile per la parte greca.

La seconda soluzione, allo stato attuale delle cose avrebbe potuto essere considerata, ma rappresentava pur sempre un compromesso per Clerides e Mavros (ministro degli esteri greco), che si riservarono la facoltà di prendere quarantotto ore di tempo per consultarsi con Makarios e altri leader greco-ciprioti.

Le autorità turche, non accettarono questo ritardo, temendo che il coinvolgimento di Makarios e di altri interlocutori esterni non avrebbero portato che a un nulla di fatto e a posticipare nuovamente un’efficace soluzione.

Il giorno dopo il fallimento dei negoziati di Ginevra, il 14 agosto, quando ancora la risposta da parte greca non era arrivata, la guerra riprese.

Le truppe turche, con un’impetuosa avanzata, occuparono, in soli tre giorni, la quasi totalità della parte settentrionale dell’isola, un territorio che copriva circa il 37% dell’isola, dalla città di Morphou a Nicosia e Famagusta.

La linea di demarcazione dell’area occupata dalle truppe turche, prese il nome di “Linea di Attila”.

Il governo di Karamanlis, ad Atene, non seppe organizzare una controffensiva efficace.

I suoi tentativi di convincere il consiglio di guerra ad organizzare un contrattacco direttamente sulle coste turche, o di dispiegare truppe e artiglieria sull’isola di Creta, non furono considerati.

La potenza militare dello stato ellenico, era inadeguata e insufficiente per fronteggiare le forze turche.

Karamanlis stesso, se ne rendeva conto, la sua speranza, in realtà era di coinvolgere la NATO e in particolare gli Stati Uniti nel conflitto.

L’amministrazione greca e quella greco cipriota, si sarebbero aspettati un maggiore coinvolgimento da parte delle forze alleate, per fermare l’avanzata turca.

Poche ore dopo l’attacco del 14 agosto, Karamanlis ordinò il ritiro delle sue truppe dal comando militare della NATO, mantenendo solo l’appartenenza del suo paese al braccio politico dell’organizzazione.

La seconda azione armata della Turchia, portò alla divisione politica e territoriale dell’isola, che ancor oggi dopo 25 anni permane.

Furono senz’altro le popolazioni civili a subirne le conseguenze maggiori, costrette a subire soprusi e violenze, oltre che a dover fuggire in proporzioni massicce verso le aree occupate dalle proprie comunità.


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