Ana səhifə

Misure di tutela e conservazione


Yüklə 6.44 Mb.
səhifə8/21
tarix24.06.2016
ölçüsü6.44 Mb.
1   ...   4   5   6   7   8   9   10   11   ...   21

1.7INDICATORI FAUNISTICI


Generalmente le foreste montane appenniniche, ed in particolare le faggete, tendono ad ospitare una fauna relativamente più povera rispetto a quella di altri ecosistemi forestali della collina e media montagna. Nel SIC Abetina di Laurenzana sono invece realizzate le condizioni adatte alla presenza di una maggiore diversità faunistica. Fra queste indichiamo: l’eterogeneità della struttura forestale, l’elevato livello di associazione con i querceti caducifogli e la presenza di numerosi alberi di notevoli dimensioni e parzialmente marcescenti. Infatti, molti uccelli e mammiferi utilizzano sia le cavità dei vecchi alberi sia i tronchi marcescenti caduti al suolo, come rifugi o come nidi. In questo tipo di boschi, in cui prevalgono gli aspetti naturali e non produttivi, è possibile la presenza di specie altrove rare. Nel SIC è infatti significativa la presenza di specie di elevato interesse biogeografico e conservazionistico e numerose sono le specie incluse negli allegati delle direttive Uccelli e Habitat. Tra gli uccelli elencati in allegato I della Dir. 2009/147/CE ritroviamo: il Picchio rosso mezzano Dendrocopos medius e la Balia dal collare Ficedula albicollis, entrambe nidificanti nel SIC. Si tratta di specie strettamente legate a foreste mature, ben strutturate e non frammentate. Il Picchio rosso mezzano è presente in Italia nel solo Appennino centro-meridionale con una distribuzione molto frammentata in relazione alla disponibilità delle foreste mature di caducifoglie. L’Appennino lucano rappresenta l’areale più significativo sia in termini di dimensione complessiva che di minor grado di frammentazione. Sono presenti inoltre, sempre tra le specie in allegato I della Dir. 2009/147/CE, il Nibbio reale Milvus milvus, la Tottavilla Lullula arborea e l’Averla piccola Lanius collurio, specie più legate ad ecosistemi misti o di transizione, con aree boscate in cui nidificare e aperte in cui cacciare. Sono poi presenti diverse altre specie non elencate nell’allegato I della Dir. 2009/147/CE la cui presenza però conferma il buon livello di naturalità della struttura forestale. Fra queste ricordiamo: il Picchio rosso maggiore Dendrocopos major, il Picchio verde Picus viridis, il Tordo bottaccio Turdus philomelos, il Luì bianco Phylloscopus bonelli, il Luì verde Phylloscopus sibilatrix, il Luì piccolo Phylloscopus collybita, il Rampichino Certhia brachydactyla, il Picchio muratore Sitta europea, la Cincia mora Parus ater, la Cincia bigia Parus palustris, la Poiana Buteo buteo e lo Sparviere Accipiter nisus.

Tra i Mammiferi è presente il Lupo Canis lupus specie prioritaria in allegato II e IV della Dir. 92/43/CEE e appare probabile la presenza del Gatto selvatico Felis silvestris, specie in allegato IV della Dir. 92/43/CEE, almeno sulla base dell’idoneità ambientale e dell’areale distributivo riportato in letteratura.

Tra i micromammiferi sono presenti alcune specie, indicate nel Formulario Standard alla Tab. 3.3 con motivazione A (Libro Rosso Nazionale) e B (Endemismi), quali il Quercino Eliomys quercinus (A), il Toporagno appenninico/del Vallese Sorex samniticus/antinorii (B) e la Talpa romana (B).

Tra gli Anfibi e i Rettili elencati in allegato II e IV della Dir. 92/43/CEE, sono presenti la Salamandrina dagli occhiali, Salamandrina terdigitata (All. II, IV), il Cervone, Elaphe quatuorlineata (All. II, IV), la Rana italica ( All. IV, Endemismo) e la Podarcis muralis (All. IV).

Non sono presenti nel SIC specie di fauna alloctone. Il SIC Abetina di Laurenzana si presenta quindi come un’area ricca di specie faunistiche ed in particolare di indicatori di pregio. Mediamente, nel sito, i livelli di minaccia per queste specie sono bassi, grazie al buon livello di naturalità della struttura forestale e alla bassa o nulla influenza dei sistemi agricoli e delle pratiche agronomiche sugli aspetti naturalistici.

Il mantenimento di questa situazione di naturalità nel medio-lungo periodo può essere realizzato solo prevedendo adeguate Misure di Conservazione rivolte, in questo caso specifico, a mantenere gli habitat naturali riducendo anche le potenziali minacce, quali ad es. la mancanza di un Piano di Assestamento Forestale idoneo alle esigenze ecologiche delle singole specie. Questo elemento di minaccia “potenziale” è stato anche indicato nelle schede faunistiche di alcune specie di uccelli presenti nel sito. Inoltre, poiché per la maggioranza delle specie il dato a disposizione è tipo qualitativo (presenza/assenza), si rende indispensabile la valutazione della consistenza demografica delle specie sopra indicate.



1.8INQUADRAMENTO GEOLOGICO E IDROLOGICO

Configurazione geologica generale


L'Appennino lucano, come gran parte dell’Appennino meridionale, é formato da una pila di falde tettoniche, potenti complessivamente circa 10 km, strutturatesi prevalentemente secondo una vergenza E-NE. Le falde tettoniche sono costituite da successioni sedimentarie di età compresa tra il Trias ed il Pliocene medio, riferibili a differenti unità paleogeografiche e poggiano su di una successione carbonatica riferibile al settore interno dell’avampaese apulo fessurato e deformato.

Nell’Appennino lucano affiorano estesamente successioni riferite alle Unità Lagonegresi e Sicilidi. Anche a causa del complesso assetto giaciturale che caratterizza i loro termini prevalentemente argillosi, i rapporti tra queste unità sono controversi, cosicché vari autori li ritengono di natura tettonica (Selli, 1962; Ogniben, 1969; D’Argenio et alii, 1973; Lentini, 1979; Scandone, 1982).

Le varie unità geologiche presenti nell’area lucana centrale si distinguono in unità tettoniche di età meso-cenozoica, che si sono strutturate durante le fasi tettogenetiche mioceniche della costruzione della catena appenninica, ed unità plioceniche deposte in bacini interni alla catena (bacini intrappenninici), deformatisi durante le fasi tettogenetiche tardive nel corso del Pliocene e del Pleistocene. Tra le prime si ricordano le Unità Lagonegresi, le Unità Sicilidi e i flysch terrigeni miocenici (Unità Irpine), mentre tra le seconde le Unità di Altavilla, di Ariano e di Calvello.

Nelle tre aree considerate nell’ambito dell’Area 2, ovvero la zona di Monte Li Foi di Picerno, la zona dell’Abetina di Ruoti e la zona dell’Abetina di Laurenzana, sono presenti due delle tre unità tettoniche istituite da Pescatore et alii (1988): l’Unità di Monte Arioso nelle prime due aree e l’Unità di Groppa d’Anzi nel settore di Laurenzana. Queste unità risultano sovrapposte tettonicamente con vergenza orientale.

Le unità sono in gran parte costituite da successioni cretaceo-neogeniche riferibili, da un punto di vista paleogeografico, al medesimo bacino di sedimentazione (Bacino Lagonegrese), ma presentano alcuni differenti caratteri nell'evoluzione stratigrafica. L’Unità Monte Arioso comprende successioni con caratteri di sedimentazione più prossimali, mentre l’unità Groppa d’Anzi racchiude varie successioni formatisi in ambiente marino più profondo.

In particolare, l’Unità Monte Arioso è costituita, dal basso verso l’alto, da Scisti Silicei, Galestri, Formazione di Toppo Camposanto (Flysch Rosso prossimale interno) e quarzareniti di tipo numidico.

L’Unità Groppa d’Anzi, invece, è costituita da Galestri, su cui poggia con un contatto stratigrafico che spesso si presenta tettonizzato, una successione prevalentemente argillosa (Argille Varicolori) con intervalli calcarei parzialmente eteropici (Formazione di Corleto Perticara), con soprastanti arenarie tufitiche delle Tufiti di Tusa, arenarie ibride (Arenarie di Corleto Perticara), calcari della Formazione di Paola Doce e quarzareniti del Flysch Numidico.

Configurazione geologica di dettaglio


Il rilevamento geologico dell’area occupata dall’Abetina di Laurenzana ha permesso di evidenziare le seguenti formazioni geologiche affioranti (riportate in Figura 2.5 -1):


  1. AV - Argille Varicolori (Eocene – Oligocene)

La formazione è costituita da argille marnose brunastre, scagliettate, a luoghi verdastre e rossastre, con intercalazioni di calcari marnosi in strati di 20-40 metri. Localmente si individuano inglobati nell’ammasso terrigeno pelitico blocchi carbonatici mesozoici e lenti di arenarie quarzose.


  1. TT - Tufiti di Tusa e Arenarie di Corleto (Oligocene sup. – Miocene inf.)

La formazione è rappresentata da un’alternanza di arenarie micacee e tufiti grigio-verdastre in strati e banchi di 1-2 metri, di argille marnose e subordinatamente di calcari marnosi e calcari in livelli sottili. Le arenarie sono arcosiche e subarcosiche a grana medio-grossa ben cernite a cemento calcitico. Lo spessore totale di questa formazione è all’incirca di 200 metri.
L’assetto giaciturale delle formazioni disegna in questo settore una sequenza blanda di anticlinali e sinclinali che interessano la successione stratigrafica composta dalle Argille Varicolori e dalle Tufiti di Tusa, interrotta poco a est da una dislocazione tettonica che la separa dal rilievo montuoso di Monte Malomo, dove affiora il Flysch Rosso.

Nella zona la geologia strutturale è caratterizzata da un susseguirsi di cosiddette scaglie tettoniche, che comprendono porzioni di successioni stratigrafiche meso-cenozoiche per lo più dei terreni appartenenti al Bacino Lagonegrese sovrapposte una all’altra, con vergenza verso i quadranti nordorientali.






Figura 2.5 1. Carta Geologica Abetina di Laurenzana14
Legenda:

SS: Scisti Silicei, GA: Galestri, AV: Argille Varicolori, FR: Flysch Rosso, TT: Tufiti di Tusa.






Figura 2.5 2. Profilo geologico attraverso l’area dell’Abetina di Laurenzana15
Legenda:

SS: Scisti Silicei, GA: Galestri, AV: Argille Varicolori, FR: Flysch Rosso, TT: Tufiti di Tusa.



Configurazione geomorfologica generale


Le aree comprese nei limiti delle zone indagate fanno parte del comprensorio appenninico, caratterizzato da rilievi montuosi compresi tra 1000 m e 2000 m s.l.m.

In tali ambiti geografici la configurazione morfologica è sensibilmente influenzata da due fattori quali la litologia delle formazioni affioranti, a componente dominate pelitica, e l’assetto geologico-strutturale regionale originato prima dalla formazione dell’orogene appenninico, durante la fase deformativa del Miocene che ha visto la sovrapposizione di più falde di ricoprimento, e completato successivamente con le fasi tettoniche plio-pleistoceniche. Questa articolata evoluzione geologico strutturale, caratterizzata nella fase finale dalla tettonica con carattere prevalente distensivo, ha determinato nella regione sollevamenti dell’ordine di 900-1000 metri, con formazione di gruppi montuosi imponenti organizzati in sistemi di dorsali, insieme con l’individuazione di bacini intramontani, quale quello di Potenza, Avigliano, Lagopesole, Calvello.

Le oscillazioni climatiche del Quaternario hanno infine favorito il loro smantellamento, sia attraverso processi denudazionali di tipo areale, particolarmente accentuati e sia mediante l’approfondimento del reticolo fluviale a seguito delle variazioni del livello di base.

Ne è derivato un paesaggio morfologico connotato da notevole dislivello tra creste e fondovalle, ad alta energia del rilievo, con numerosi gruppi montuosi e collinari, e con ampi ed articolati versanti.

La configurazione geolitologica caratterizzata sovente da terreni a prevalente componente pelitica ma con frazioni litoidi non trascurabili conferisce al rilievo forme abbastanza complesse, variabili in pendenza anche repentinamente, passando da versanti acclivi con pareti che sfiorano la subverticalità a versanti dalle forme ondulate, modellati spesso da fenomenologie franose, in cui si susseguono brevi scarpate, a terrazzetti o pendii poco inclinati.

I versanti appaiono variamente articolati, con pendii che denotano una maturità nelle forme concavo-convesse.

Molto spesso in corrispondenza dello spartiacque, alla testata degli impluvi che incidono i versanti con profilo a V, si riconoscono piccole concavità morfologiche a forma sub-triangolare o semicircolare, di regola sede di cospicui accumuli colluviali, corrispondenti a bacini di ordine zero, ossia a bacini privi di collettore. Non di rado tali aree costituiscono le principali zone di alimentazione per frane di colate di terra.

La geometria dei bacini idrografici che sottendono le aste torrentizie lungo i versanti è stata notevolmente influenzata da processi di denudamento e degradazione, manifestatisi essenzialmente mediante movimenti gravitativi che coinvolgono l’intero sistema crinale-versante-fondovalle, con superfici di scorrimento più o meno profonde.

Favoriti anche dall’alta erodibilità dei terreni flyscioidi ed eterogenei con componente pelitica prevalente, che costituiscono l’ossatura della maggior parte dei rilievi montuosi, fenomenologie franose profonde hanno modellato i pendii, dando luogo a partire da quote medio-elevate, a superfici con pendenze molto variabili.

Lungo le superfici degradanti verso valle sono visibili ampie zone a morfologia concava, che risentono del modellamento conseguente a svuotamento per fenomeni franosi relitti.

Questi eventi franosi relitti, costituiscono la prima generazione di frane, gran parte delle quali legate a condizioni climatiche diverse dall’attuale, hanno trasferito verso valle grandi volumi di terreni di frana. Le frane relitte sono da considerare stabilizzate per estinzione delle cause di attivazione, in quanto non più compatibili con le condizioni morfologiche attuali. Questi corpi franosi nelle porzioni medio-alte del versante sono stati coinvolti da fenomeni erosionali e da successivi processi gravitativi che ne hanno ridotto gli spessori originari.

In queste zone si osservano deformazioni della coltre superficiale (creep e soliflussi), talora anche nuove frane più o meno profonde, ma di dimensioni inferiori ai precedenti fenomeni franosi.

Versanti sui quali fenomenologie franose imponenti hanno giocato un ruolo fondamentale nella loro evoluzione morfologica sono individuati per quanto concerne l’area dell’Abetina di Laurenzana nel versante a valle dell’Abetina, posta quasi in zona di spartiacque

Configurazione geomorfologica di dettaglio


L’Abetina occupa in parte la testata del bacino del Torrente Alvaneta ed in parte la zona di cresta, ovvero di spartiacque tra il torrente sopra menzionato e la zona di testata del bacino del Torrente Serrapotamo.

In entrambi i settori, trovandosi in una zona di alto morfologico, non sono individuati fenomeni di dissesto in atto o potenziali.

Dal punto di vista della pericolosità geomorfologica il settore maggiormente a rischio è ubicato lungo il margine settentrionale della zona protetta, laddove si apre, anche in questo caso, in una tipica forma arcuata, la testata del bacino, solcata da numerosi impluvi in erosione, e laddove è possibile individuare le aree di alimentazione di colate e scorrimenti rotazionali, la cui evoluzione è favorita da una litologia propensa al dissesto per qualità geomeccaniche scadenti.

Areali di rischio e di valore


Il rilevamento in sito delle aree considerate ha consentito di individuare le caratteristiche geologiche e geomorfologiche per costruire il modello geologico-strutturale e la conformazione dei rilievi. Ma per le finalità del presente lavoro il rilevamento ha permesso anche l’acquisizione di quegli aspetti che possono essere ritenuti come detrattori, ovvero come elementi che inficiano la qualità ambientale dei siti per la presenza di forme di degrado ambientale, nonché di quegli aspetti che al contrario ne esaltano la qualità ambientale per peculiarità tali che ne aumentano il valore paesaggistico.

I primi possono rientrare nella categoria dei cosiddetti areali di rischio, ovvero settori di territorio caratterizzati da uno o più elementi geologici e geomorfologici che sicuramente rappresentano un fattore di degrado e che intrinsecamente portano con sé anche una potenziale pericolosità.

Viceversa, i secondi rientrano nella categoria degli areali di valore, che nel campo della geologia possono essere assimilati ai cosiddetti geotipi, ovvero, evidenze geologiche e/o geomorfologiche a valenza scientifica, didattica, e naturalistica per la riconoscibilità, l’esemplarità e l’interesse scientifico che portano con se.

Per quanto concerne l’area occupata dall’Abetina di Laurenzana, al momento non sono stati individuati areali né di rischio né di valore, sempre dal punto di vista geologico-geomorfologico.


Assetto idrobiologico


Il sito indagato insiste in settori appartenenti ad alti strutturali o comunque a zone di cresta da cui si diramano brevi incisioni torrentizie a carattere stagionale che possono essere considerate aste di ordine gerarchico pari a 1 o, al massimo 2. Pertanto, gli apporti idrici relativi al deflusso superficiale possono essere considerati trascurabili ai fini della normativa di riferimento.
1   ...   4   5   6   7   8   9   10   11   ...   21


Verilənlər bazası müəlliflik hüququ ilə müdafiə olunur ©atelim.com 2016
rəhbərliyinə müraciət