Ana səhifə

Misure di tutela e conservazione


Yüklə 6.44 Mb.
səhifə5/21
tarix24.06.2016
ölçüsü6.44 Mb.
1   2   3   4   5   6   7   8   9   ...   21

1.3SCHEDE SPECIE FAUNISTICHE

Phylloscopus sibilatrix (Bechstein, 1793)


Ordine Passeriformes Famiglia Sylviidae

Nome volgare: luì verde.

Biologia: di piccola taglia, appartengono alla stessa ampia famiglia i generi Cettia (Usignolo di fiume), Locustella (Locustelle, Salciaiola), Acrocephalus (Cannaiola, Cannareccione, Forapaglie), Hippolais (Canapini), Sylvia (Capinera, Sterpazzole, Bigie), Phylloscopus (Luì). È molto attivo, con colorazione poco evidente, becco esile, diritto e appuntito, sul campo identificabile in base al canto e/o richiamo; i due sessi sono simili. Il luì verde, di solito non facilmente visibile poiché frequenta le alte chiome arboree, si riconosce per il petto e la gola gialli ben distinti dall’addome bianco, per il dorso verde-giallastro, per il sopracciglio giallo. Caratteristico il canto territoriale del maschio, inconfondibile rispetto ai congeneri. Specie migratrice su lunga distanza con movimenti tra fine luglio-ottobre e tra fine aprile-maggio, sverna in Africa sub-sahariana.

Distribuzione: specie politipica a distribuzione europea con il nucleo principale localizzato in Europa orientale. In Italia è migratrice regolare e nidificante (estiva) su Alpi e Appennini, con distribuzione frammentata in talune aree della pianura padana. A Sud si spinge a nidificare lungo la Catena Costiera calabrese e in Sila che costituisce il limite meridionale di distribuzione. In Basilicata la specie è molto diffusa nelle faggete dell’Appennino, soprattutto lungo la dorsale Monte Volturino–Madonna di Viggiano–Monte Pierfaone. È diffuso nelle faggete del Sirino e nel Parco Nazionale del Pollino. Si segnalano presenze localizzate anche in alcune cerrete fresche e umide (Bosco di Montepiano presso Accettura e Bosco della Lata presso Laurenzana). Nel SIC Abetina di Laurenzana la specie è nidificante e diffusa su tutta la superficie boscata.

Habitat: nidifica in ambienti boscosi, freschi, aperti e maturi, con scarso sottobosco e abbondante lettiera di foglie. Predilige le faggete mature ma localmente può nidificare anche in cerrete o castagneti puri o misti ad altre latifoglie. Su Alpi e Appennini è più diffusa tra i 700 m s.m. ed i 1100/1200 m s.m. con presenze localizzate sia più in basso sia più in alto. In Basilicata è diffusa prevalentemente in faggete tra 900 e 1500 m s.m., ma è stata rinvenuta anche in cerrete mature. La specie frequenta per la nidificazione sostanzialmente l’Habitat 9210 “Faggeti degli Appennini con Taxus e Ilex” e secondariamente l’habitat 91M0 “Foreste Pannonico-Balcaniche di Cerro e Rovere”.

Alimentazione: si nutre di insetti ed altri piccoli invertebrati che cattura sul fogliame oppure durante piccoli voli acrobatici.

Consistenza delle popolazioni: la popolazione europea viene considerata in decremento con sintomi locali di stabilità. La popolazione italiana è stimata in 10.000-40.000 coppie con fluttuazioni e stabilità locali, ma la situazione è generalmente poco conosciuta. In Basilicata è presente in molti boschi maturi. La consistenza della popolazione è poco nota, ma sul Monte Sirino la sua presenza è stata rilevata in più del 30% delle stazioni di ascolto durante una specifica indagine nelle faggete. Nel SIC nel 2009 è stata stimata una popolazione riproduttiva di 11-50 coppie.

Minacce: distruzione e frammentazione dell’habitat riproduttivo a causa di tagli boschivi indiscriminati, rimozione di tronchi morti o marcescenti, ripulitura del sottobosco. Risente dei fenomeni di desertificazione in atto nelle aree africane di svernamento (Sahel).

Livello di minaccia nel SIC: basso.

Conservazione e Protezione: SPEC 2; Berna All II; Bonn All. II. La specie non è inserita tra quelle cacciabili nella legislazione che regola l’attività venatoria e tutela la fauna selvatica (Legge Nazionale n. 157/1992).

Ficedula albicollis (Temminck, 1815)


Ordine Passeriformes Famiglia Muscicapidae

Nome volgare: balia dal collare.

Biologia: passeriforme di piccola taglia; i maschi adulti hanno un vistoso “collare” bianco, che li distingue dalla congenere Balia nera (Ficedula hypoleuca). Alla stessa famiglia appartengono la Balia caucasica (Ficedula semitorquata) e il Pigliamosche (Muscicapa striata). Nidifica in cavità preesistenti su grandi alberi in vasti complessi forestali. Completamente migratrice su lunga distanza, sverna in Africa sub-sahariana con migrazioni tra agosto-ottobre e marzo-maggio.

Distribuzione: specie monotipica a distribuzione europea, con popolazione concentrata per lo più in Europa centro-orientale. In Italia presenta una distribuzione discontinua, localizzata soprattutto negli ecosistemi forestali dei principali complessi montuosi dell’Appennino centro-meridionale. Sulle Alpi piemontesi e lombarde è presente una piccola popolazione posta in continuità con l’areale svizzero del Canton Ticino. In Basilicata la specie è diffusa nelle faggete dei principali rilievi dell’Appenino e soprattutto nelle aree forestali di Gallipoli-Cognato. La specie risulta nidificante anche nel complesso Monte Cupolicchio e nel Bosco Grande di Forenza. Nel SIC “Abetina di Laurenzana” la specie è presente e nidificante.

Habitat: nidifica in vasti complessi forestali maturi (faggete, querceti, castagneti), dove occupa settori ricchi di vecchi alberi con cavità preesistenti dove nidificare. Diffusa tra 700 e 1800 m s.m. In Basilicata è presente in faggete e soprattutto cerrete mature tra 700 e 1550 m s.m. A livello locale sembra frequentare per la nidificazione esclusivamente gli habitat: 91M0 “Foreste Pannonico-Balcaniche di cerro e rovere” e 9210 “Faggeti degli Appennini con Taxus e Ilex”.

Alimentazione: il regime alimentare è prettamente insettivoro, cattura insetti alati compiendo piccoli voli acrobatici da posatoi abituali. Durante la stagione riproduttiva si dedica alla cattura di larve di Lepidotteri per i giovani al nido.

Consistenza delle popolazioni: la popolazione europea è concentrata in Ucraina e Romania; il trend appare in leggero incremento sul lungo periodo (probabilmente dovuto alla scarsità di conoscenze per il passato) ma con forti segni di decremento locale. Si riscontra, infatti, un’effettiva contrazione di areale in alcune regioni (Italia, Svizzera). La popolazione italiana è stimata in 1000-3000 coppie con maggiore diffusione nei settori centrali e meridionali della Penisola, con nuclei isolati ed ampi vuoti di areale in quelli settentrionali con presenze spesso localizzate. La consistenza della popolazione nidificante in Basilicata è poco nota, ma probabilmente raggiunge elevate densità nei complessi forestali più idonei (cerrete ad alto fusto) situati nei settori centrali della regione. Per il SIC Abetina di Laurenzana non sono disponibili dati sulla consistenza attuale e passata della popolazione. Il bosco però presenta una struttura idonea alla specie con una discreta presenza di alberi di notevoli dimensioni e ricchi di cavità e utilizzati dalla Balia dal collare per la nidificazione.

Minacce: perdita di habitat per degrado e caduta di alberi maturi con cavità naturali utilizzate dalla specie per la nidificazione; risente anche dei processi di desertificazione in atto nelle aree africane di svernamento (Sahel). La mancanza relativa di adattabilità da parte di questa specie e la dipendenza da habitat con gestione di tipo tradizionale suggerisce una vulnerabilità nei confronti dell’impatto umano soprattutto indiretto, legato ai disboscamenti o, più in generale, a una gestione sfavorevole per le sue esigenze. In questo senso gli strumenti di gestione più adatti ad orientare le attività antropiche verso la conservazione della specie risultano essere i Piani di assestamento forestale. È necessario conservare ampi tratti di foresta disetanei e soprattutto con piante morte e/o deperienti dove la specie possa nidificare. Nel SIC Abetina di Laurenzana sussistono potenziali minacce derivanti dalla mancanza di un piano di assestamento forestale. Ed è opportuno che, se redatto, il PAF contenga indicazioni per la tutela degli aspetti naturalistici e faunistici del sito.

Livello di minaccia nel SIC: basso.

Conservazione e Protezione: Dir. Uccelli CEE All I; Berna All II; Bonn All. II. La specie non è inserita tra quelle cacciabili nella legislazione che regola l’attività venatoria e tutela la fauna selvatica (Legge Nazionale n. 157/1992 e Legge Regionale n. 33/1997). SPEC 2; Berna All. II; Bonn All. II.

Dendrocopos medius (Linnaeus, 1758)


Ordine Piciformes Famiglia Picidae

Nome volgare: picchio rosso mezzano.

Biologia: picchio di medie dimensioni, tipico rappresentante di “Picchi rossi” con livrea bianca e nera, enfatizzata dalle barrature delle remiganti e da due macchie ovali bianche lungo le scapolari. Molto simile al Picchio rosso maggiore (Dendrocopos major), dal quale si distingue per la corporatura più esile, l’assenza di marcature ai lati della faccia, il vertice completamente rosso carminio, il sottocoda rosa e non rosso, il petto e i fianchi striati. Come la gran parte dei Picidae, è specie strettamente sedentaria e territoriale durante l’intero arco dell’anno. Si riproduce all’inizio della primavera, con i corteggiamenti che iniziano già alla fine di febbraio per proseguire fino all’inizio di aprile.

Distribuzione: è specie politipica a distribuzione europea con il nucleo principale localizzato in Polonia e Paesi Balcanici (soprattutto Ungheria e Romania). Il secondo nucleo trova la sua estensione in Francia, Svizzera e Germania. Popolazioni relitte sono presenti in Italia e Grecia. In Italia la specie Dendrocopos medius è sedentaria e nidificante, localizzata sull’Appennino centro-meridionale con maggiori densità in alcune aree boscate della Basilicata e del Gargano. Scarsissime sono le presenze in Abruzzo e in Calabria. La reale distribuzione nel passato è poco nota o poco attendibile a causa della facilità di confusione della specie con i giovani del Picchio rosso maggiore. Nel SIC “Abetina di Laurenzana” la specie è presente e nidificante.

Habitat: vive e nidifica in vasti complessi forestali di latifoglie pure o miste, ricche di sottobosco o di alberi morti o deperienti. Inadatto per scavi robusti, a differenza del picchio rosso maggiore, preferisce le foreste mature ricche di alberi deperienti o morti. Nidifica preferibilmente in querceti vetusti, ma secondariamente colonizza anche le faggete. La specie è più diffusa tra 800 m e 1400 m di altitudine, ma sono note nidificazioni sia a quote inferiori (400-500 m) che a quote superiori (1700 m). Condivide l’habitat con il Picchio rosso maggiore, rispetto al quale, però, sembra essere dominante. A livello locale, dunque, frequenta per la nidificazione esclusivamente i seguenti habitat: 91M0 “Foreste Pannonico-Balcaniche di cerro e rovere”; 9210 “Faggeti degli Appennini con Taxus e Ilex”; 9220 “Faggeti degli Appennini con Abies alba e faggete con Abies nebrodensis”; 9510 “Foreste Sud-Appenniniche di Abies alba”.

Alimentazione: si nutre soprattutto di insetti (Coleotteri, Emitteri, Lepidotteri, Imenotteri) che raccoglie per lo più direttamente dalla corteccia o dalle foglie; solo saltuariamente estrae le prede più in profondità dal legno, nel qual caso quasi sempre marcescente. Analogamente al Picchio rosso maggiore, in inverno produce serie regolari di piccoli fori lungo i tronchi per ottenere la linfa.

Consistenza delle popolazioni: a livello europeo la popolazione tende al decremento numerico in alcune regioni con una evidente contrazione dell’areale. L’attuale popolazione europea è stimata attorno alle 140.000-300.000 coppie, di cui circa 400-600 in Italia. Le popolazioni italiane sono di un certo interesse biogeografico (si tratta infatti di un relitto glaciale) ma l’eco-etologia della specie è ancora poco conosciuta. In Basilicata è discretamente diffuso nelle faggete e cerrete dell’Appennino lucano, sui rilievi del Monte Sirino e nei boschi del Parco Nazionale del Pollino. Le densità più elevate sembrano essere nelle cerrete del Parco Regionale di “Gallipoli Cognato e Piccole Dolomiti Lucane” e nel complesso Cupolicchio–Madonna di Fonti-Bosco-Tre Cancelli. È stato rilevato anche in alcuni boschi presso il Vulture (Foresta di Monticchio, Laghi di Monticchio e Bosco della Frasca), come pure nel Bosco Grande di Forenza. Alcune ricerche preliminari condotte all’inizio degli anni ‘80 fornivano stime di densità in Basilicata comprese tra 0,5 e 1,9 coppie territoriali per 10 ettari di bosco. Nel SIC Abetina di Laurenzana nel 2009 è stata stimata una popolazione riproduttiva di 2-3 coppie. Il bosco presenta una struttura idonea alla specie con una buona presenza di alberi morti e deperienti.

Minacce: distruzione, trasformazione e frammentazione dell’habitat, disboscamento, asportazione di tronchi secchi e deperienti, ripulitura del sottobosco, asportazione del legname dal terreno, attività ludico-ricreative non adeguatamente regolamentate. Per la conservazione di questa specie si ritengono di fondamentale importanza i piani di assestamento forestale adeguati alle sue esigenze ecologiche. Nel SIC Abetina di Laurenzana sussistono potenziali minacce derivanti dalla mancanza di un piano di assestamento forestale. Ed è opportuno che, se redatto, il PAF contenga indicazioni per la tutela degli aspetti naturalistici e faunistici del sito.

Livello di minaccia nel SIC: basso.

Conservazione e Protezione: SPEC 3; Dir. Uccelli All. I; Berna All. III; Lista Rossa: vulnerabile; Part. Prot. 157/92.

Felis silvestris (Schreber, 1777)


Mammalia, Carnivora, Felidae

In Italia peninsulare vive la sottospecie nominale Felis silvestris Schreber, 1777, in Sardegna la sottospecie Felis silvestris lybica.



Nome volgare: gatto selvatico.

Biologia: solitario e territoriale, il gatto selvatico non forma coppie stabili: si accoppia in primavera, la gestazione dura 63-68 giorni e la femmina dà alla luce, tra la primavera e l’autunno, tra i 2 e i 4 piccoli (le gravidanze singole sono rarissime); la madre resta con i piccoli solo fino al raggiungimento dell’autosufficienza, generalmente all'età di 3-4 mesi. ll ritmo circadiano di attività del gatto selvatico è in gran prevalenza (anche se non esclusivamente) notturno. Gli home ranges, difesi attivamente da intrusi conspecifici, variano considerevolmente a seconda delle risorse dell’habitat, come è tipico dei Carnivori. In Appennino centrale arrivano, secondo studi recenti, fino a 600-700 ha per individuo; non sempre i maschi detengono home ranges più ampi delle femmine e talvolta co-utilizzano invece con altri maschi parte del proprio home-range. Le femmine, in particolare nel periodo post riproduttivo, sembrano non tollerare presenza di maschi nell’home range. La densità massima riscontrata per la specie è di 0,3-0,5 individui per 100 ettari.

Distribuzione: l'areale della specie è vasto, anche se attualmente frammentato nelle zone più antropizzate: lo si trova dall'Europa occidentale alla Mongolia, a Sud fino all'India settentrionale ed in gran parte del continente africano (fatta eccezione per gran parte del Sahara e della fascia equatoriale). In Italia la sottospecie nominale è presente in tutta l’area interna dell’Italia centro-meridionale e arriva spesso a lambire le coste (Maremma tosco-laziale, Gargano); recentissime sono le segnalazioni nel Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi (Appennino tosco-romagnolo). La specie è presente anche in Sicilia. Sull’arco alpino esistono segnalazioni al confine fra Liguria, Piemonte e Francia ed in Friuli-Venezia Giulia. Nell’area SIC è presumibilmente presente.

Habitat: il gatto selvatico europeo è un abitante della foresta di latifoglie (in una fascia compresa tra 100 e 800 m s.m.) ma anche della macchia mediterranea fino a quote poco oltre il livello del mare. Tende viceversa ad evitare le zone montane con copertura nevosa perdurante per gran parte dell’anno. Utilizza spesso anche aree prettamente rocciose, che offrano riparo nelle cavità naturali, e la macchia mediterranea estesa e continua delle zone retrostanti le coste.

Alimentazione: caccia e si nutre in gran prevalenza di micro e meso-mammiferi (Roditori in particolare, ma non raramente anche Lagomorfi), Uccelli, Rettili, talvolta piccoli Pesci che riesce a catturare in condizioni particolari (pozze isolate e di limitata profondità), ma quando il cibo scarseggia integra la dieta con Insetti. Studi sulla dieta condotti in varie parti d’Europa (es. Spagna, Scozia) mettono in evidenza una buona capacità di adattamento alle situazioni di abbondanza locale delle diverse potenziali specie-preda.

Consistenza delle popolazioni: accertare valori di densità su scala vasta o addirittura tentare stime popolazionali, allo stato attuale delle conoscenze metodologiche, appare del tutto velleitario: sono state tentate stime con il monitoraggio genetico, con l’Indice Kilometrico di Abbondanza (IKA), fototrappolaggio (in tempi recenti e tuttora in corso), raccolta “mirata” di peli, ma le percentuali di errore insite nei metodi, la loro scarsa “produttività” e l’elusività della specie appaiono ancora ostacoli troppo alti per consentire valutazioni attendibili. Spesso solo il monitoraggio molto prolungato di un’area di dimensioni limitate permette di arrivare a considerazioni credibili di sola presenza/assenza.

Minacce: tra le minacce maggiori, sono da considerarsi tutte quelle derivanti da: randagismo di gatti domestici che provoca ibridazione, trasmissioni di patogeni, competizione spaziale, competizione per le risorse trofiche; mortalità causata da impatti su strada con autoveicoli; avvelenamenti da parte dell’uomo, sia volontari che involontari (es. usando veleni per roditori); bracconaggio; alterazione e frammentazione degli habitat di pertinenza.

Livello di minaccia nel SIC: basso.

Conservazione e Protezione: è una specie “protetta”, inserita nell’allegato IV della Dir. 92/43/CEE, nella convenzione di Berna (app. II), nella legge nazionale sulla protezione della fauna omeoterma e sulla caccia L. 157/92. Tra le categorie di minaccia stilate dalla IUCN la specie è considerata Least Concern.

Canis lupus (Linnaeus, 1758)


Mammalia, Carnivora, Canidae

In Italia vive la ssp. Canis lupus italicus Altobello, 1921 (tuttavia la validità di tale sottospecie non è unanimemente riconosciuta in campo internazionale, cfr. Sillero et al., 2004).



Nome volgare: lupo, lupo appenninico.

Biologia: il lupo è un canide fortemente territoriale. La specie vive in unità sociali gerarchizzate e stabili (branchi, che corrispondono essenzialmente ad unità familiari costituite da 2-7 individui) che cacciano, allevano la prole e difendono il territorio (ca. 170-420 Km2) in maniera integrata e coordinata. L’attività circadiana è prevalentemente crepuscolare e notturna. La densità della specie varia considerevolmente all’interno del suo areale (da 0,3 lupi/100 km2 a 8 lupi/100 km2). I dati disponibili per l’Italia, relativi agli anni ’70 del secolo scorso, indicavano una densità di circa 1,25 lupi/100 km2 ma, attualmente, dato l’incremento demografico delle popolazioni italiane e la notevole ri-espansione in aree dalle quali era stato estinto, è sicuramente più alta (stimata in 1-3,5 lupi/100 km2 in Appennino settentrionale, Toscana, Abruzzo-Molise-alto Lazio, Basilicata-Calabria).

Distribuzione: il lupo era il mammifero selvatico a più ampia distribuzione: nell’emisfero settentrionale dai 15° N di latitudine (in Nord America) ai 12° N in India. Tuttavia il suo areale originario si è fortemente contratto a causa della pressione antropica, estinguendosi in molte nazioni dell’Europa centro-occidentale, in Messico e nella maggior parte degli USA. La distribuzione in Italia copre l’intera cordigliera appenninica, compresi massicci e nuclei montuosi e collinari in realtà separati dall’Appennino (es. Monte Amiata, Alpi Apuane, Monti Lepini, Murgia appulo-lucana, Gargano) e (da circa due decenni, dopo quasi un secolo di assenza) le Alpi Occidentali fino a raggiungere in tempi recentissimi quelle Centrali (Lombardia). Nel SIC Abetina di Laurenzana la specie è diffusa su tutta la superficie.

Habitat: la specie è ampiamente adattabile e flessibile, come dimostra la sua diffusione, ed è capace di utilizzare ecosistemi estremamente differenti, dalla tundra artica ai deserti medio-orientali. In Italia la specie è diffusa prevalentemente in aree montane e submontane, dove la presenza antropica è ridotta, l’agricoltura non intensiva e la copertura boschiva (compresa la macchia mediterranea) ampia. La distribuzione altitudinale va dal livello del mare ai 2500 metri.

Alimentazione: il regime alimentare è opportunista, estremamente vario ed adattabile alle risorse trofiche disponibili: Sus scrofa, Capreolus capreolus, Cervus elaphus, Dama dama, animali domestici e piccoli vertebrati e invertebrati, nonché vegetali e carcasse.

Consistenza delle popolazioni: dopo il minimo storico toccato negli anni ’70 del secolo scorso (ca. 100 individui sul territorio nazionale), si è assistito, grazie all’impegno conservazionistico, ad una progressiva fase di incremento demografico ed attualmente la popolazione italiana può essere stimata in almeno 800-1000 esemplari. Non esistono dati e stime per la regione Basilicata che comunque è una delle regioni in cui la presenza delle specie è particolarmente abbondante. Non esistono dati di popolazione nel SIC.

Minacce:

dirette: 1) incidenti stradali (prevalentemente giovani) determinati dal fatto che saturati territorialmente gli ambienti ottimali i sub-adulti tendono a ricercare nuove aree da colonizzare, finendo inesorabilmente in ambienti più antropizzati (strade) ed ecologicamente meno idonei; 2) uso di veleno (non solo direttamente anti-lupo, ma anche utilizzato, per es., contro cani di tartufai concorrenti e contro altri Carnivori); 3) abbattimenti illegali durante l’esercizio venatorio e come rivalsa da parte di allevatori danneggiati.

indirette: 1) randagismo canino (cani vaganti, randagi, inselvatichiti), la competizione avviene principalmente su tre fronti: l’alimentazione, la riproduzione e lo spazio; 2) disturbo e distruzione degli habitat, causato dall’abbattimento dei boschi o dal loro sfoltimento, dalla massiccia presenza attività antropiche (es. turismo invernale, attività boschive) in alcune aree montane; 3) scomparsa delle prede naturali, a causa delle distruzione degli habitat per far posto ai pascoli per le greggi ed a causa della caccia diretta da parte dell’uomo. Questa causa è oggi in forte riduzione grazie alle reintroduzioni e ripopolamenti di Ungulati selvatici che risultano in forte incremento e sempre più diffusi, sia in Appennino che nelle aree “satellite” citate; 4) conflitto con le attività zootecniche: in situazioni di assenza di prede naturali selvatiche, aumenta la pressione del lupo sulle greggi; 5) ostilità tradizionale delle popolazioni locali basata generalmente su luoghi comuni di presunta pericolosità; 6) rabbia silvestre (oggi minaccia solo potenziale).

Livello di minaccia nel SIC: basso.

Conservazione e Protezione: è una specie “protetta”, inserita negli allegati II e IV della Dir. 92/43/CEE, nella convenzione di Berna (app. II), negli allegati A e B della CITES, nella legge nazionale sulla protezione della fauna omeoterma e sulla caccia (L. 157/92). Tra le categorie di minaccia stilate dalla IUCN la specie è considerata Least Concern.

Salamandrina terdigitata (Bonnaterre, 1789)


Amphibia, Caudata, Salamandridae

Nome volgare: salamandrina dagli occhiali meridionale; salamandrina meridionale.

Biologia: piccola salamandra nerastra precedentemente ritenuta un’unica specie ma, dal 2005, separata in due entità: S. perspicillata del Centro e Nord Italia e S. terdigitata dell’Italia meridionale. È caratterizzata morfologicamente da parti ventrali bianche e nere, colorazione rosso vivo del sottocoda e faccia inferiore degli arti, macchia chiara sulla testa, tra gli occhi approssimativamente a forma di V, di estensione estremamente variabile.

Distribuzione: la specie è endemica del Sud Italia, nota per Campania, Basilicata e Calabria. In Basilicata la specie risulta molto rara in base ai dati ufficiali ma tale valutazione è probabilmente dovuta a difetto di ricerca. Nel SIC la specie risulta presente.

Habitat: frequenta un’ampia varietà di ambienti, dalla macchia mediterranea alle faggete umide, dalle abetine ai querceti, ad alcune zone agricole. È presente da poche decine di metri sopra il livello del mare fino a 1500 metri di quota, ma predilige la fascia collinare tra 300 e 900 m s.m. Si riproduce in ambienti acquatici debolmente correnti (piccoli torrenti o anse laterali di torrenti di maggior portata), sorgenti e piccoli invasi artificiali quali fontanili-abbeveratoio e vasche a scopo irriguo (peschiere o cibbie), pozze residuali in ambiente torrentizio e di fiumara.

Alimentazione: si nutre prevalentemente di artropodi, ma anche molluschi e anellidi.

Consistenza delle popolazioni: non esistono dati tali poter stabilire la consistenza delle popolazioni se non su scala locale. Non esistono dati demografici noti per il SIC.

Minacce: all’interno del suo areale è in leggero decremento per la frammentazione e riduzione dell’habitat, la scomparsa di siti riproduttivi, l’immissione di sostanze xenobiotiche nelle acque ove si riproduce.

Livello di minaccia nel SIC: basso.

Conservazione e Protezione: è una specie “protetta” per il suo elevato valore biogeografico e conservazionistico, sia dalle direttive comunitarie (allegati II e IV Dir. 92/43/CEE) che da altre convenzioni internazionali (Berna, Allegato 2). Nelle categorie di minaccia di estinzione previste dalla IUCN è inserita nel livello Least Concern.

Elaphe quatuorlineata (Lacépède, 1789)


Reptilia, Serpentes, Colubridae

Nome volgare: cervone.

Biologia: serpente di grandi dimensioni caratterizzato, allo stadio adulto, da quattro strie scure longitudinali che ne percorrono i fianchi e il dorso. L’accoppiamento avviene tra aprile e maggio e la deposizione delle uova tra giugno e fine luglio (in aree umide e termicamente stabili). La livrea giovanile conferisce un aspetto marcatamente reticolato all’animale che risulta, dunque, estremamente diverso dall’adulto.

Distribuzione: la specie è un’entità appenninico balcanica. In Italia centro-meridionale è distribuito in maniera abbastanza disomogenea, sebbene tale dato potrebbe derivare da difetto di ricerca. Il limite settentrionale italiano è costituito da Toscana e Marche. Per la Basilicata, i dati ufficiali riportano una distribuzione della specie estremamente discontinua e prevalentemente concentrata verso i confini con Puglia e Calabria. Tuttavia tale distribuzione frammentaria può essere attribuita a difetto di ricerca. Nel SIC la specie risulta presente.

Habitat: frequenta un’ampia varietà di ambienti (da praterie a faggete), ma soprattutto la fascia collinare a macchia mediterranea. Il Cervone sembra prediligere zone limitrofe a corsi d’acqua, anche se di modesta portata o comunque zone umide nei pressi di stagni e laghi. La specie si rinviene dal livello del mare fino a poco più di 1000 metri (il limite altitudinale italiano è stato registrato in Basilicata).

Alimentazione: si nutre prevalentemente di micro e meso-mammiferi (da toporagni a donnole, da arvicole a conigli), lacertidi, uccelli di piccole e media taglia nonché loro nidiacei e uova.

Consistenza delle popolazioni: non esistono dati tali poter stabilire la consistenza delle popolazioni in Italia se non su scala locale. Non esistono dati demografici noti per il SIC.

Minacce: all’interno del suo areale è in decremento per la frammentazione e riduzione dell’habitat, l’utilizzo di pesticidi agricoli che ne riducono le prede, talvolta da impatti stradali particolarmente frequenti, nonché per persecuzioni da parte dei locali

Livello di minaccia nel SIC: basso.

Conservazione e Protezione: è una specie “protetta” per il suo elevato valore biogeografico e conservazionistico, sia dalle direttive comunitarie (allegati II e IV Dir. 92/43/CEE) che da altre convenzioni internazionali (Berna, Allegato 2). Nelle categorie di minaccia di estinzione previste dalla IUCN è considerata quasi in pericolo (inserita nel livello Near Threatened).
1   2   3   4   5   6   7   8   9   ...   21


Verilənlər bazası müəlliflik hüququ ilə müdafiə olunur ©atelim.com 2016
rəhbərliyinə müraciət