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Misure di tutela e conservazione


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2.2. INDICATORI FLORO-VEGETAZIONALI
Iniziare la trattazione con considerazioni generali sulla ricchezza floristica del sito, ovvero sul numero di specie vegetali presenti nel SIC, direttamente correlata alla complessità dell'ecomosaico. Continuare con un paragrafo in cui si commenta la presenza di specie vegetali di elevato valore biogeografico e conservazionistico. Rientrano in questa categoria le specie di elevato valore biogeografico (endemiche, al limite dell’areale di distribuzione, etc.), quelle considerate prioritarie negli allegati della direttiva Habitat, le specie rare, quelle a rischio di estinzione e presenti in liste rosse regionali o nazionali. Ovviamente, il valore naturalistico intrinseco di un sito è accresciuto dalla presenza di queste specie.

Commentare quindi l'eventuale presenza e abbondanza relativa di specie alloctone. Le implicazioni ecologiche delle invasioni di specie alloctone sono di primaria importanza, poiché causano interferenze nei rapporti interspecifici tra i componenti di una comunità e modificano gli equilibri esistenti negli ecosistemi. Esse rappresentano una minaccia sia all’integrità delle fitocenosi autoctone, sia alla persistenza di singole specie, portando anche al declino e spesso alla scomparsa di alcuni taxa, a livello locale.

Concludere con un commento alle tabelle fitosociologiche redatte per ciascun habitat, con considerazioni sui rapporti quantitativi tra elementi floristici autoctoni ed esotici, nonché sulla frequenza degli elementi floristici di maggior pregio.
2.3. INDICATORI FORESTALI
L’area di Grotticelle è descrivibile, dal punto di vista strutturale, come una “fustaia sopra ceduo” in cui la fustaia è costituita fondamentalmente da specie quercine, Quercus cerris, in particolare, e Quercus pubescens. Si tratta di una fustaia coetaneiforme di origine agamica originatasi per invecchiamento dei soggetti rilasciati nelle utilizzazioni che hanno preceduto la costituzione della Riserva Statale nel 1971. Talvolta al piano dominante costituito dalle querce si aggiungono altre specie, in modo particolare Acer monspessulanum, Fraxinus ornus e, più raramente, Fraxinus oxycarpa che vanno a costituire il piano codominante. Il numero di piante ad ettaro del soprassuolo dominante costituito dalle querce risulta essere molto variabile e va da ca. 200-400 piante ad ettaro fino a ridursi a pochissime piante ad ettaro; in quest’ultima situazione si assiste alla dominanza, in termini di copertura, di un ceduo di Carpinus orientalis a cui si associano, comunque, Fraxynus oxycarpa, Acer monspessulanum, Acer campestre, Fraxinus ornus, Carpinus betulus e, meno frequentemente, Ulmus minor.

Per quanto riguarda il soprassuolo a ceduo si tratta di cedui invecchiati costituiti, prevalentemente da Carpinus orientalis con Acer monspessulanum, Acer campestre, Fraxinus oxycarpa, Fraxinus ornus. Nel sottobosco sono presenti specie arbustive come Ligustrum vulgare, Crataegus monogyna, Prunus spinosa, Cytisus scoparius, Asparagus acutifolius.


Gli habitat presenti nel sito di Grotticelle di Monticchio sono 91B0 (Frassineti termofili a Fraxinus angustifolia), 91M0 (Foreste Pannonico-Balcaniche di cerro e rovere)e 6220* (Percorsi substeppici di graminacee e piante annue dei Thero-Brachypodietea ).

L’habitat “Frassineti termofili a Fraxinus angustifolia” (codice 91B0) interessa una superficie di poco superiore al 20% dell’intera area SIC. Il frassino meridionale è rinvenibile soprattutto, infatti, in un’area nord-occidentale a partire dalla strada di accesso all’area sulla SS Ofantina per risalire a quote più elevate (circa 450 m) diventando via via più sporadico. Questa rarefazione, man mano che si sale di quota, potrebbe essere riconducibile ad un abbassamento della falda idrica; la rinnovazione del frassino, infatti, alle quote più alte risulta pressoché assente mentre si denota una discreta rinnovazione nei pressi dell’Ofanto. Fraxinus oxycarpa è inoltre rinvenibile nei pressi dei due valloni, il vallone Ciraso a Nord e il vallone Refezzella a Sud a testimonianza del temperamento meso-igrofilo della specie. Il soprassuolo arboreo ove è rinvenibile il frassino è definibile, dal punto di vista strutturale, come una fustaia sopra-ceduo. La fustaia transitoria è costituita da soggetti arborei, prevalentemente di origine agamica, di Quercus cerris e, meno frequentemente, di Quercus pubescens. Il cerro, infatti, rispetto alla roverella risulta essere maggiormente esigente in fatto di umidità e dunque lo si rinviene più soventemente laddove alligna anche il frassino. La fustaia transitoria è coetaneiforme, originatasi per invecchiamento di polloni rilasciati nelle utilizzazioni che hanno preceduto la costituzione della riserva statale. Laddove è presente anche il frassino, al piano dominante costituito dalle querce si aggiungono altre specie che vanno a costituire il piano codominante: Fraxinus ornus, Acer monspessulanum, Acer opalus, Acer campestre, oltre, ovviamente allo stesso Fraxinus oxycarpa. Il ceduo, invecchiato, è costituito fondamentalmente dal Carpinus orientalis, decisamente prevalente, a cui si associano Acer campestre, Fraxinus ornus, Fraxinus oxycarpa. Lo strato arbustivo è costituito da specie a temperamento termofilo e xerofilo come Ligustrum vulgare, Crataegus monogyna, Prunus spinosa, Cytisus scoparius, Asparagus acutifolius e, nelle aree più degradate, Spartium junceum.

La struttura dell’habitat risulta dunque essere stratificata, con la presenza di un piano dominante (specie quercine) e codominante (frassini ed aceri) e uno dominato costituito dal ceduo invecchiato di carpinella, in particolare, a cui si associano aceri, frassini, carpino bianco ecc. Abbondante anche il piano arbustivo costituito soprattutto da specie a temperamento termofilo e xerofilo. Il piano erbaceo è formato essenzialmente da graminacee. La rinnovazione delle querce è sporadica. Nella parte centrale sono presenti tracce di un rimboschimento eseguito in passato che versa in cattive condizioni vegetative. La densità è generalmente elevata in virtù del vigoroso sviluppo del ceduo favorito dalla scarsa densità del piano dominante delle querce. Nella parte bassa (lungo il confine occidentale) le condizioni di fertilità e di umidità del suolo sono migliori e il piano superiore si presenta più denso e con una maggiore partecipazione del cerro e della roverella nella composizione specifica.
L’habitat 91M0 (Foreste Pannonico-Balcaniche di cerro e rovere) è costituito sempre da un bosco deciduo a dominanza di Quercus cerris e, meno frequentemente, da Quercus pubescens. Quest’ultima quercia diventa maggiormente presente sul versante che espone a Nord nei pressi del vallone Refezzella. A queste specie, che costituiscono il soprassuolo principale, fustaia transitoria derivante da invecchiamento di matricine, si accompagno altre specie che vanno a costituire il piano dominato: Carpinus orientalis in modo particolare ma anche Fraxinus ornus, aceri (Acer campestre, Acer monspessulanum, Acer opalus) e, meno frequentemente, Ulmus minor e Carpinus betulus. Nello strato arbustivo-lianoso si rinvengono: Ligustrum vulgare, Euonimus europaeus, Crataegus monogyna, Prunus spinosa, Cytisus scoparius, Cornus sanguinea, Clematis vitalba, Asparagus acutifolius, mentre in quello erbaceo si rinviene Melittis melissophyllum, Geum urbanum, Carex pendula, Rubus spp., Cyclamen hederifolium. Sul versante che espone nei quadranti meridionali le querce diventano meno frequenti e si rinvengono specie maggiormente termofile, oltre a Carpinus orientalis e a Fraxinus ornus sono presenti Phillyrea latifolia, Pistacia terebinthus, Pistacia lentiscus e, più raramente, Quercus ilex

I popolamenti assumono qui una fisionomia di boscaglia termofila, densa ed inaccessibile, in cui prevalgono specie della macchia termo-xerofila quali Phillyrea latifolia, Carpinus orientalis, Pistacia terebinthus, Pistacia lentiscus, oltre a elementi eliofili e spinosi dei pruneti. Caratteristica è la presenza di Fraxinus ornus e di sclerofille sempreverdi come Quercus ilex che in quest’area assume portamento arbustivo. Il piano erbaceo è costituito prevalentemente da graminacee. L’abbondanza di asfodelo e la tipica conformazione del piano arbustivo prostata a cuscino o con chioma arrotondata indica che l’area è pascolata. L’evoluzione di tali popolamenti è fortemente condizionato dall’esercizio del pascolo.

La densità dell’habitat risulta, dunque, essere generalmente buona sui versanti in cui è ancora presente il soprassuolo dominante costituito dalla fustaia transitoria di querce e dal piano dominato costituito dal ceduo invecchiato. Nei versanti che espongono a Sud la presenza delle querce si riduce notevolmente fino, in alcuni casi, a diventare assente; qui la densità, ad eccezione di alcune aree scoperte e densamente pascolate, pur riducendosi, mantiene livelli sufficienti di copertura dovuta all’abbondanza soprattutto del piano arbustivo termo-xerofilo.

L’abbondanza di asfodelo nelle chiarie (Asphodelus albus, Asfodeline lutea) e di altre specie quali Verbascum thapsus, Papaver rhoeas e Spartium junceum e la tipica conformazione del piano arbustivo prostata a cuscino o con chioma arrotondata indica che l’area è intensamente pascolata.



La rinnovazione da seme delle querce è sporadica, mentre generalmente buona è la riproduzione agamica del ceduo. La filirrea (Phyllirea latifolia) è sporadica laddove le condizioni microclimatiche sono favorevoli alle specie principali (suolo profondo, fertile a buon bilancio idrico) e diviene sempre più frequente e competitiva in aree (piccole radure o vuoti di copertura lasciati liberi dalle specie principali) dove lo strato di suolo diviene superficiale ed arido. In tali condizioni pedologiche, di minore fertilità del suolo e di maggiore aridità, le ceppaie di filirrea presentano polloni vigorosi fino ad assumere portamento arboreo. In queste aree la filirrea si consocia ai già citati arbusti spinosi dando luogo ad uno strato arbustivo molto compatto che rende la superficie talora inaccessibile
Nella parte alta dell’habitat è presente un rimboschimento di conifere (Cupressus sempervirens e Pinus radiata). La superficie rimboschita in passato aveva un’estensione maggiore, testimoniata dalla presenza dei gradonamenti. Queste zone, ove il rimboschimento di conifere non è attecchito, sono state occupate da specie arbustive ed arboree autoctone. In queste aree si registra la presenza di nuclei di leccio a portamento arbustivo. Sulla superficie è presente una discreta quantità di necromassa (parti di fusto e rami di piante schiantate da probabili eventi nevosi) in avanzato stato di decomposizione, oltre a grosse ceppaie derivanti da tagli passati, anche esse in avanzato stato di decomposizione.
L’altro habitat presente nell’area di Grotticelle (non di interesse forestale) è quello identificato dal codice 6220* (Percorsi substeppici di graminacee e piante annue dei Thero-Brachypodietea) ospitato da un versante calanchivo, a Sud-Ovest dell’area, che degrada verso l’area di confluenza della fiumara di Atella con il fiume Ofanto. Si tratta di un’area calanchiva in erosione su substrato costituito da argille plioceniche e, nella parte bassa, da alluvioni terrazzate del Pleistocene. A monte della stessa area è stato realizzato nel passato, a scopo di stabilizzazione del versante, un rimboschimento costituito fondamentalmente da Cupressus sempervirens. L’area è interessata da un progressivo e caratteristico movimento franoso a zolle e con incisioni, di origine meteorica, tipiche delle formazioni calanchive. Nello strato arbustivo si rinviene, in maniera particolare, Phillyrea latifolia, presente con esemplari vigorosi, mentre quello erbaceo è costituito fondamentalmente da Cardopatum corymbosum e da numerose specie di bulbose e terofite. La biocenosi rappresenta, con ogni probabilità, uno stadio regressivo di formazioni più evolute deterioratesi in seguito a fenomeni franosi, di erosione ed antropici (sovra pascolamento ed incendi).

2.4. INDICATORI FAUNISTICI
Il SIC Grotticelle di Monticchio presenta un quadro faunistico legato alle cenosi forestali, a quelle delle acque dolci, a quelle ripariali, con qualche piccola eccezione di specie piuttosto legate ai campi, ai prati e ai pascoli. Quest’ultima situazione in parte dovuta alla presenza di un’attività zootecnica che utilizza sia le rare aree più aperte che il bosco, oltre la perimetrazione del SIC.

È stata perciò rilevata la presenza di comunità ornitiche tipicamente forestali-appenniniche come quelle del Gufo Reale e dei picidi (picchio rosso mezzano, Picchio verde, Picchio rosso maggiore e minore, picchio muratore), e dei rapaci come quelle del Nibbio bruno e del Nibbio reale, ma anche la prensenza del falco pecchiaiolo e dello sparviero, tipiche di aree più aperte, o del falco di palude, tipico degli ambienti umidi. In quest’ultimi, il Martin pescatore, il Merlo acquaiolo, e le Gallinelle d’acqua costituiscno insieme a numerosi silvidi tipici della vegetazione ripariale motivo di grande interesse naturalistico-faunistico.

Nel quadro avifaunistico si segnalano molte altre presente significative tra le quali quelle di rapaci diurni quali la Poiana e il Gheppio.

Gli anfibi sono presenti con quasi tutte le specie tipiche delle faggete dell’Appennino meridionale, si segnala la presenza della Salamandrina dagli occhiali meridionale, entità monotipica, endemica dell'Appennino italiano, inclusa tra le specie vulnerabili dall'IUCN, negli Allegati II e IV della Direttiva 92/43/CEE, nell'Allegato II della Convenzione di Berna e nella Lista Rossa degli Anfibi italiani

Si segnalano, tra l’altro, il Tritone crestato italiano presente in allegato II della direttiva 92/43/CEE, oltre al Tritone italinano, alla Raganella italiana e all’Ululone appenninico.

Tra i Rettili il Ramarro occidentale e la Lucertola muraiola sono legati alle aree aperte.

Il quadro faunistico legato ai Mammiferi appare ancora incompleto. Nel SIC è riportata con certezza la presenza della lontra e di poche altre specie comuni quali la Faina, la Donnola, il Tasso, l’Istrice, il Riccio, il Moscardino.

Grotticelle è il luogo della Bramea europea, farfalla considerata relitto miocenico, segnalata e descritta per la prima volta nel 1963. Nell’area di Grotticelle è stata ritrovata nel 1963 e negli anni a seguire la più significativa presenza di questo lepidottero notturno. L’area del Vulture, nella sua accezione più ampia, è l’unico suo sito al mondo. Per questa farfalla non vi è ancora alcuna tutela e non è stata elevata alcuna norma che ne possa impedire il commercio, la raccolta. Nel 1971 è stata isitituita una Riserva Statale Orientata Grotticelle di Monticchio che ne protegge in parte il suo Habitat.

Tra gli Artropodi sono state segnalate altre importantissime specie come i Lepidotteri Proserpinus proserpinus, Melitaea diamina ssp. nigrovulturis.

Il quadro attuale delle conoscenze è molto carente. Mancano dati sulla consistenza ecologica delle popolazioni, sul loro stato e sui loro condizionamenti. In mancanza di tali dati non si rende possibile un adeguato quadro di conoscenze utili ad inquadrare un funzionale collegamento con il sito più vicino rappresentato dal SIC Monte Vulture, e per proporre eventuali misure di tutela o limiti di fruizione nell’ambito delle “aree contigue” alle aree protette.



2.5. ASSETTO IDROBIOLOGICO
Gli aspetti relativi all’assetto idrobiologico trovano adeguata collocazione normativa nel D.Lgs. 152/99 e s.m.i., nonché nella Direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo, che istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque. Per gli indicatori e gli indici si dovrebbe quindi fare riferimento a tali normative con l’integrazione, per quanto riguarda le acque superficiali, del deflusso minimo vitale (DMV) quale parametro nella valutazione della funzionalità ecologica dei corsi d’acqua.

2.6. FATTORI DI DISTURBO E DI ALTERAZIONE AMBIENTALI
FENOMENI E ATTIVITÁ nel sito rilevati dal Formulario:
CODICE INTENSITÀ %DEL SITO INFLUENZA

 1

4

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A










 

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-




 7











B







 

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B













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B







 

 

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B







 

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FENOMENI E ATTIVITÁ NELL'AREA CIRCOSTANTE IL sito:



CODICE INTENSITÁ INFLUENZA

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A













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B













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C







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B













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1







B










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2.6.1. agricoltura e selvicoltura

Il pascolo eccessivo (bovini podolici, ovini - razze merinizzate, caprini - razze meticce) risulta deleterio per la rinnovazione del soprassuolo principale a causa del morso del bestiame e della compattazione del terreno derivante dal calpestio eccessivo. La compattazione induce la riduzione della capacità di ritenzione idrica del suolo. Inoltre, i capi di ovini e bovini al pascolo causano la produzione di deiezioni e l’asportazione della coltre vegetale superficiale.

Il determinante dell’erosione è l’agricoltura (seminativi di cereali autunno-vernini, erbai di leguminose e graminacee, prati stabili poliennali, vigneti e castagneti da frutto). Vi sono numerose strutture dedite all’agricoltura, le cui attività danneggiano il terreno a causa dell’utilizzo di mezzi agricoli e sostanze chimiche che contaminano gli ecosistemi acquatici. I prodotti chimici insieme alle deiezioni animali provocano la presenza di un eccesso di nitrati nel suolo che causano l’acidificazione.

Il suolo acido perde facilmente i nutrienti che solubili in acqua tendono a guadagnare profondità, si ottiene il degrado della fertilità e quindi della produttività dei suoli.

Nel valutare, però, i fenomeni di erosione e di degradazione del suolo, si consideri che quest’ultimi contribuiscono a produrre nel tempo il mosaico diversificato che caratterizza il paesaggio dei calanchi ammirabili presso Grotticelle. Per la conservazione di questi geositi risulta essenziale il mantenimento di un equilibrato regime di disturbo, che sta alla base della loro genesi e della loro conservazione.

Si segnala il divieto di attività selvicolturali nella parte del SIC che è Riserva Naturale.

Non si ha rinnovamento del frassino a causa dell’abbassamento della falda idrica.

Nella parte centrale del versante medio-basso (aree ad altitudine compresa tra 300 e 500 m) sono presenti tracce di un rimboschimento eseguito in passato che versa in cattive condizioni vegetative. Sono presenti rimboschimenti eseguiti con specie aliene.

Le specie invasive sono considerate una delle maggiori minacce alla biodiversità. I loro impatti sull'ecologia locale comprendono: competizione con organismi autoctoni per il cibo e l'habitat, cambiamenti strutturali degli ecosistemi, tossicità diretta (le specie invasive possono costituire un ricettacolo di parassiti o un veicolo di patogeni).
Si segnala il fenomeno d bruciatura delle stoppie e dei seminativi nei mesi estivi che libera nell’aria un’enorme quantità di inquinanti derivanti dalla combustione. Può accadere che si lasci il fuoco di spegnersi o di espandersi a piacimento, anche nel bosco. L'impatto sull'ambiente e sulla fauna è rilevante. Tanto più forte quanto più la bruciatura avviene in campi ricavati all'interno del bosco, a causa del disboscamento abusivo, per il quale si ricavano isole di coltivazione all'interno delle zone boscate, degradando in modo estremo l'ambiente e costituendo aree ad eccezionale pericolosità di incendio. L’odore di fumo della bruciatura porta agitazione alle popolazioni animali che manifestano l'istinto di conservazione e diversi individui raggiungono un livello pericoloso di stress. Il fuoco controllato, però, può essere un elemento di “disturbo” necessario a mantenere nel tempo paesaggi importanti per la vita di alcune specie vegetali ed ornitiche.

Il rumore dei trattori, la deriva degli antiparassitari, l’effetto dei concimi, la forza dei venti e le luci hanno un’influenza negativa sulla falena “Bramea”. Luci anche fioche, infatti, sono in grado di richiamare la farfalla e spingerla fuori dal proprio habitat, anche per molti chilometri.

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