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Misure di tutela e conservazione


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Altre specie importanti di Fauna

Nome scientifico: Hyla intermedia

Nome volgare: Raganella italiana

Biologia: In passato questa entità veniva considerata una semplice varietà di Hyla arborea (H. arborea var. intermedia). Studi genetici hanno definito le popolazioni italiane come facenti parte di una specie a sè stante, per la quale fu inizialmente proposto il nome di H. italica. Successivamente le è stato attribuito il nome attuale di H. intermedia. È una rana di dimensioni medio-piccole, che raggiunge una lunghezza di 4-5 cm. Per molti versi è estremamente simile a Hyla arborea: la colorazione del dorso è di colore verde brillante, con ventre biancastro nettamente demarcato da una linea di colore dal grigio al beige. Dall'occhio si diparte una evidente striscia nera laterale che si prolunga fino all'inserzione dell'arto inferiore. Il maschio possiede un sacco vocale sotto la gola, che gonfiato raggiunge quasi la grandezza del corpo. Le dita sono dotate di cuscinetti adesivi.

Distribuzione: L'areale di questa specie è prevalentemente ristretto all'Italia (compresa la Sicilia ed esclusa la Sardegna). Piccole popolazioni sono presenti nella Svizzera meridionale e nella Slovenia occidentale. Ha un range altitudinale che va dal livello del mare sino a 1.855 m slm.

Habitat:

Alimentazione: È una specie insettivora

Consistenza delle popolazioni:

Minacce:

Livello di minaccia nel SIC:

Conservazione e Protezione:

Nome scientifico: Lacerta bilineata

Nome volgare: Ramarro

Biologia:

Distribuzione:

Habitat:

Alimentazione:

Consistenza delle popolazioni:

Minacce:

Livello di minaccia nel SIC: nullo o basso.

Conservazione e Protezione:
Nome scientifico: Lissotriton italicus (Peracca, 1898)

Nome volgare: Tritone italiano

Biologia: Piccolo tritone precedentemente ascritto al genere Triturus come ancora riportato nella dir. 92/43/CEE (Triturus italicus). In condizioni climatiche favorevoli è attivo durante tutto l’anno così anche la sua permanenza in acqua. l’attività riproduttiva è esclusivamente acquatica e la deposizione delle uova è tipicamente tardo invernale-primaverile ma, in alcune popolazioni di bassa quota, anche autunnale.

Distribuzione: La specie è endemica dell’Italia peninsulare, diffusa dal Lazio Meridionale per il versante tirrenico e dall’anconetano per quello adriatico, fino alle estremità di Puglia e Calabria. In Sud Italia la specie è estremamente comune. In Basilicata la specie risulta rara in base ai dati ufficiali ma tale valutazione è dovuta a difetto di ricerca e la specie risulta ben rappresentata nella regione.

Habitat: frequenta, si accoppia e si riproduce in un’ampia varietà di ambienti umidi: raccolte temporanee di modeste dimensioni, pozze residuali in ambiente torrentizio ed di fiumara, grandi pozzi, vasche per l’irrigazione (peschiere o cibbie), sorgenti e altri invasi artificiali quali fontanili-abbeveratoio, nonché acque debolmente correnti (piccoli torrenti o anse laterali di torrenti di maggior portata). È presente dal livello del mare fino a 1600 metri di quota, ma predilige la fascia collinare e medio montana (400-1400 m slm).

Alimentazione: si nutre in acqua, prevalentemente di artropodi.

Consistenza delle popolazioni: Non esistono dati tali poter stabilire la consistenza delle popolazioni se non su scala locale.

Minacce: all’interno dell’areale la specie è in decremento per la frammentazione e riduzione dell’habitat, la scomparsa di siti riproduttivi, l’immissione di sostanze xenobiotiche e specie ittiche alloctone nelle acque ove si riproduce.

Livello di minaccia nel SIC:

Conservazione e Protezione: è una specie protetta principalmente a causa della sua endemicità e dunque per il suo valore biogeografico. È protetta dalla direttiva comunitarie (allegato IV dir. 92/43/CEE come Triturus italicus). Nella categorie di minaccia di estinzione previste dalla IUCN è inserita nel livello Least Concern.



Parametri Stato di Conservazione della Specie




Favorevole

('verde')
Non favorevole – Inadeguato

('giallo')

Non favorevole - Cattivo

('rosso')

Sconosciuto

(informazioni insufficienti a fare una valutazione)
















Range













Popolazione













Habitat della specie













Prospettive future (relativamente alla popolazione, range e disponibilità di habitat)













Valutazione globale dello Stato di Conservazione













Nome scientifico: Martes foina

Nome volgare: Faina

Biologia: Mammifero mustelide. Misura fra i 66 e i 77 centimetri di cui dai 23 ai 27 centimetri di coda. Il maschio pesa da 1,7 a 2,5 kg e la femmina da 1,1 a 1,5 . La sua pelliccia è grigiastra e i suoi lunghi peli scuri lasciano intravedere la pelle. Sulla gola e sul petto spicca una macchia bianca molto larga sulla parte alta delle zampe. La riproduzione è caratterizzata dal fenomeno dell’impianto ritardato dell’embrione: l’accoppiamento ha luogo fra giugno e agosto, e la gestazione vera dura 56 giorni. Al termine, fra marzo e maggio, la femmina partorisce da 2 a 7 piccoli.

Distribuzione: Nel Nord dell’area di diffusione della faina, il suo ambiente vitale dipende da quello dell’uomo molto più che nelle zone meridionali. Le case costituiscono un buon sostituto dell’ambiente roccioso che le è proprio. Sembra che la faina abbia migrato verso Nord parallelamente all’avanzata della forestazione.

Habitat: Questo mammifero trova spesso rifugio nei cumuli di paglia nelle case di campagna, ma si rifugia volentieri anche negli alberi cavi, nelle cataste di legna, nelle cave e nei dirupi rocciosi.

Alimentazione: Onnivora, la faina è un predatore non specializzato ed opportunista. Consuma ogni giorno l’equivalente di un decimo del proprio peso corporeo e il suo regime alimentare prevede: arvicole, topi selvatici, surmulotti, uova di uccelli, ma anche frutta e rifiuti alimentari abbandonati dall’uomo.Vicino alla propria tana costituisce delle vere e proprie riserve alimentari utili se l’inverno dovesse essere molto rigido.

Consistenza delle popolazioni:

Minacce:

Livello di minaccia nel SIC: nullo o basso.

Conservazione e Protezione:
Nome scientifico: Meles meles

Nome volgare: Tasso

Biologia: Altezza al garrese non oltre 30 centimetri. Il peso di questo mustelide varia molto con la stagione: 9-20 chilogrammi per il maschio e 5,5-14 chilogrammi per la femmina. Corpo massiccio, zampe robuste e coda corta. La pelliccia ricopre tutto il corpo, la testa è bianca con due righe nere evidenti, che partono leggermente sopra il muso inglobando occhi ed orecchie. La punta delle orecchie è bianca. L’accoppiamento ha luogo tra gennaio e marzo, ma la gestazione viene ritardata di 10 mesi e i piccoli nascono all’inizio dell’anno successivo, per lo più in febbraio. Una figliata con non più di 4 piccoli (3 in media)

Distribuzione: Il tasso è diffuso in tutta Europa, tranne che nel Nord della Scandinavia, in Islanda e in Sicilia, Sardegna e Corsica.

Habitat: Abita i boschi di latifoglie, le foreste miste e i cedui, fino a 2000 metri di altezza. Il suo ambiente preferito è quello dove si alternano foresta e prato.

Alimentazione: Onnivoro in estate e autunno, diventa carnivore d’inverno, quando si dedica quasi esclusivamente alla ricerca di vermi. Si ciba occasionalmente anche di insetti (scarabei stercorari, vespe e carabidi), piccoli mammiferi, frutti, piante erbacee e carogne.

Consistenza delle popolazioni:

Minacce:

Livello di minaccia nel SIC: nullo o basso.

Conservazione e Protezione:

Nome scientifico: Podarcis sicula

Nome volgare: Lucertola campestre

Biologia: Le dimensioni variano dai 15 ai 25 cm, compresa la coda.
Ha una colorazione molto variabile: il dorso è verde o verde-oliva o verde-brunastro, variamente macchiettato. Il ventre è biancastro o verdastro. Le popolazioni che vivono nelle isole piccole sono molto variabili e presentano grandi diversità nel disegno caratteristico del dorso.

Distribuzione: In passato era considerata una specie tipica della Sicilia, da cui l'epiteto specifico. In realtà la specie è comune in tutta Italia ed anche in Francia, Svizzera, Slovenia, Serbia, Montenegro, Bosnia-Erzegovina e Croazia. È stata introdotta in Spagna, Turchia e negli Stati uniti.

Habitat: Predilige muri e pendii rocciosi soleggiati, spesso in vicinanza delle coste.

Alimentazione:

Consistenza delle popolazioni:

Minacce:

Livello di minaccia nel SIC: nullo o basso.

Conservazione e Protezione:

Nome scientifico: Proserpinus proserpinus Pallas

Nome volgare:

Biologia: Un Lepidottero della Famiglia Sphingidae.

La specie fu originariamente descritta come Sphinx proserpina Pallas, 1772, E’ l’unica specie europea del genere Proserpinus. Si riconoscono le ssp. gigas Oberthür, 1992 del Marocco e japetus Grum-Grshimailo e Alphéraky, 1890, dell’Afghanistan.

E’ una specie inconfondibile, che assomiglia molto grossolanamente solo a Mimas tiliae, dalla quale si distingue a prima vista per il colore giallo, nettamente bordato di scuro, delle ali posteriori.

Sfingide i cui adulti compaiono tra maggio e giugno, con una sola generazione. I bruchi si sviluppano da luglio ad agosto su alcune enoteracee. Sverna come pupa. Le larve si segnalano per una caratteristica unica nella famiglia: hanno l’undicesimo segmento mancante di sperone arcuato. Questo bruco di color bruno e dal ventre bianco, vive su Epilobium da giugno-luglio ad agosto-settembre. Gli adulti sono soprattutto notturni, ma di rado vengono al lume e sono osservabili solo con difficoltà. A volte si possono vedere mentre si librano in aria, intenti a suggere il nettare dai fiori, sul far della sera. Si rinvengono dal livello del Mare fin verso i 900 m di quota, ma è citata fino a 1500 m nelle Alpi. Gli adulti vivono fino a tre settimane. I bruchi si possono osservare nei mesi estivi (giugno-agosto). Lo sviluppo da uovo a crisalide dura tre settimane. La crisalide sverna e le immagini compaiono alla metà di maggio. A volte si osserva una seconda generazione parziale, o schiusura ritardata (?) a fine agosto, i cui bruchi si rinvengono a settembre.



Distribuzione: L’areale si estende dalla Spagna all’India settentrionale, e raggiunge a sud il Marocco e a nord il Belgio e la Germania. In Italia è diffusa in tutta la penisola e in Sicilia, ma non nelle altre isole.

Habitat: la specie si rinviene in vari biotopi, come valli, margini di boschi, radure e rive di torrenti, con siti mesofili e caldi, ricchi di Epilobium spp. In Italia non è mai stata osservata su Oenothera. I bruchi si possono trovare in incolti a Epilobium e Oenothera (Europa) anche nei pressi di zone urbane.

Vive generalmente in pianura dove prediligi gli ambienti fluviali, le sponde di stagni e laghi dal substrato sabbioso, oppure gli ambienti ruderali quali gli argini e le massicciate ferroviarie, in cui crescano le tipiche piante nutrici



Alimentazione: le larve si alimentano su Oenothera biennis (Europa) e su Epilobium, in Italia settentrionale soprattutto su E. dodonaei (=rosmarinifolium), alle quote maggiori, e su E. hirsutum, più in basso (W. Cameron-Curry, com. verbale). Gli adulti utilizzano fiori ricchi di nettare, come Origanum vulgare, Oenothera sps., Echium vulgare, Epilobium sps pl., Lonicera, Dianthus ecc. (cfr. Harbich, 1996).

Consistenza delle popolazioni: sconosciute. Nel corso degli ultimi anni questa specie si è molto rarefatta.

Minacce: La specie è scomparsa da molte località in tempi recenti, ma non ne sono note le cause. Inoltre alcune popolazioni sembrano scomparire per alcuni anni e ricomparire all’improvviso, senza ragione apparente (Harbich 1996).

Collins & Wells (1987) le assegnano lo status di specie vulnerabile.



Livello di minaccia nel SIC:

Conservazione e Protezione: La specie è inclusa nell’Allegato IV (specie di interesse comunitario che richiede protezione rigorosa) della Direttiva Habitat. E’ inclusa anche in Appendice II (specie strettamente protetta) della Convenzione di Berna.

Nome scientifico: Acanthobrahmaea europaea Htg

Nome volgare: Bramea del Vulture

Biologia: La famiglia dei Brameidi fino al 1963 era considerata esclusivamente asiatica e africana. In quest’anno venne scoperta, proprio in Basilicata e nel Vulture, un brameide inizialmente descritto, denominato e classificato Brahmaea europaea dal suo stesso scopritore, il Conte Federico Hartig. Successivamente, e da Sauter, venne istituito un genere a parte per questa specie che ha preso il nome di Acanthobrahmaea europaea (Hartig). Si tratta di una farfalla di oltre settanta millimetri di apertura alare che vola soltanto in pochi giorni dell’anno e in pochissime ore durante il giorno. È specie monovoltina. Il bruco è dotato di lunghissime appendici dorsali e vive gregario durante i primi stadi. L’incrisalidamento avviene a terra, sotto cortecce o muschio. Gli sfarfallamenti avvengono di solito dalla fine di marzo e la metà di aprile.

Distribuzione: E’ ristretta al Vulture, anche se non mancano alcune segnalazioni in altre aree della Basilicata.

Habitat: Frassineti e vegetazione ripariale con ligustro e fillirea.

Alimentazione: è stata allevata su oleacee (frassino meridionale, ligustro) ma l’unica pianta nutrice accertata è la Phyllirea latifolia.

Consistenza delle popolazioni: sconosciuta.

Minacce: frammentazione e distruzione degli habitat e delle specie vegetali a cui la farfalla è associata. Le luci di lampioni, abitazioni, fabbriche, mezzi di trasporto, che l’attraggono e la distraggono dal suo habitat. La raccolta da parte di hobbisti entomologi e collezionisti senza scrupoli. La sempre maggiore presenza di condizioni nelle aree contigue che favoriscono il presidio di pipistrelli intorno alle luci durante i pochi giorni di volo. Il pascolo abusivo e la presenza di altri animali in qualche modo ad esso attratti per via degli escrementi e di altri residui come i mangimi o altri integratori.

Livello di minaccia nel SIC: molto alto

Conservazione e Protezione: Attualmente non è protetta da alcuna convenzione. La Riserva Statale Orientata “Grotticelle”, istituita nel 1971, per proteggerla venne perimetrata sulla base della convinzione che le sole piante nutrici fossero da ricondurre al frassino e al ligustro. Invece, l’unica pianta per la quale si è accertato ad oggi questo ruolo è la fillirea, i cui popolamenti vegetano in gran parte fuori dal perimetro della riserva.
Nome scientifico: Melitaea diamina ssp. nigrovulturis Htg

Nome volgare:

Biologia: Ninfalide descritto da Hartig durante la sua permanenza a Monticchio.

Distribuzione: Melitaea diamina è una specie ad ampia geonemia il cui areale si estende dai Pirenei al Giappone, lungo unafascia generalmente compresa tra il 65° e il 40° parallelo. La sua distribuzione all'interno dì questa area e però discontinua e interessa le seguenti regioni : Europa centro-settentrionale (incluse le Alpi, escluse le isole Britanniche), Francia, Penisola Iberica, nord della penisola Balcanica, Turchia nord-orientale, Russia meridionale, Armenia, monti Altai, Amur, monti Ussuri, Siberia sud-orientale, Cina settentrionale e centrale, Corea, Giappone. In Italia la specie era segnalata soltanto della regione delle Alpi e delle pianure limitrofe, dove è presente in quasi tutto il territorio compreso tra le Alpi Marittime e le Alpi Carniche, non era segnalata in Umbria, alcuni esemplari erano stati però segnalati in Basilicata nella zona del Vulture, La sottospecie sembra essere circoscritta esclusivamente al Vulture. Questa tendenza a localizzarsi sembra più evidente nelle popolazioni di pianura.

Habitat: Frequenta i terreni ai margini dei boschi e i pendii montuosi. Per quanto riguarda l'altitudine la specie si comporta da eurizonale, potendosi trovare da 200 m. fino a 3000 m. sul livello del mare, ma la sua diffusione sembra piuttosto vincolata dalla presenza di biotopi caratterizzati da un elevato grado di umidità. E' anche per questo motivo che la specie si rinviene sulle Alpi si trova più frequentemente tra i 1000 e i 1500 m. per lo più in piccole popolazioni, spesso localizzate, a volte distanti luna dall'altra.

Alimentazione:

Consistenza delle popolazioni: sconosciuta.

Minacce:

Livello di minaccia nel SIC:

Conservazione e Protezione:
2. STATO DI CONSERVAZIONE DEL SIC SULLA BASE DEGLI INDICATORI
L’analisi dello stato di conservazione degli habitat e delle fitocenosi presenti nell’area oggetto di studio, è stata effettuata sulla base delle informazioni contenute nel Sistema Ecologico Funzionale Territoriale realizzato dalla regione Basilicata ma soprattutto sulla base delle informazioni presenti nei formulari standard aggiornati al 2010 e sulle informazioni presenti nei report della fase di “Monitoraggio” ritenuta propedeutica alla fase di redazione delle misure di conservazione.

Sono stati inoltre selezionati degli indicatori, tra quelli proposti dalla Cabina di Regia, scelti alla luce delle emergenze di interesse conservazionistico nell’ambito degli habitat, delle fitocenosi, della flora vascolare e delle fauna selvatica meritevoli di particolare attenzione che includono le specie rare ed in pericolo, le specie di interesse biogeografico, le specie endemiche di diverso grado, le specie di importanza ecologica, le specie le cui popolazioni possono essere particolarmente sensibili a fattori esterni di origine antropica.

Tra l’altro per avere un quadro delle esigenze ecologiche (fattori biotici ed abiotici) degli habitat e delle specie e valutare/monitorare le criticità ambientali dell’area è stato usato il modello DPSIR (Determinanti, Pressioni, Stato, Impatti, Risposte) mettendo in relazione le pressioni esercitate sulla matrice ambientale, lo stato della matrice stessa e le risposte presenti ed ipotizzabili.

Nel presente progetto è stato valutato lo stato di conservazione di ciascun habitat naturale rilevato secondo quanto dice l’art. 1 lettera i) della direttiva 92/43/CEE come “effetto della somma dei fattori che influiscono sull’habitat naturale in causa, nonché sulle specie tipiche che in esso si trovano, che possono alterare a lunga scadenza la sua ripartizione naturale, la sua struttura e le sue funzioni, nonché la sopravvivenza delle specie tipiche (…)”.

Lo stato di conservazione delle specie è, invece, stato valutato come “la somma dei fattori che, influendo sulla specie in causa, possono alterare a lungo termine la ripartizione e l’importanza delle sue popolazioni (….)”.


2.1. INDICATORI SPAZIALI

Commentare, per ciascun habitat, i risultati dell'elaborazione degli indici di sensibilità ecologica e di pressione antropica forniti dall'unità operativa della cabina di regia coordinata dalla Prof. M.A. Sole (DIFA). Riportare le relative tabelle, che indicheranno:

- l'estensione complessiva di ciascun habitat (la superficie occupata da un habitat è spesso strettamente legata allo stato di conservazione ed alla consistenza numerica delle sue popolazioni e rappresenta quindi un indicatore significativo nella valutazione della complessità ed organizzazione del mosaico territoriale);

. la dimensione del poligono più esteso di ciascun habitat (questa informazione è particolarmente utile per la valutazione delle possibilità di sopravvivenza a lungo termine delle specie tipiche dell’habitat);

- il grado di aggregazione dell’habitat (il grado di aggregazione dei poligoni dell’habitat nel sito è determinato analizzando la mappa degli habitat presenti nel territorio in esame e valutando la media delle distanze minime tra i poligoni che compongono l’habitat. Maggiore la distanza, minore la probabilità di fecondazione incrociata tra le popolazioni di specie che costituiscono l'habitat medesimo);

- rapporto perimetro/superficie dell’habitat (maggiore il rapporto, maggiore la vulnerabilità dell'habitat).


Proseguire con un commento sulla complessità ed organizzazione del mosaico territoriale, facendo considerazioni sul numero di habitat presenti nel sito (l’elenco degli habitat, oltre a caratterizzare il sito, consente di valutarne la complessità strutturale).
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