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[1] DU BOIS-REYMOND E., Gedächtnissrede auf Johannes Müller. Gehalten in der Leibniz-Sitzung der Akademie der Wissenschaften am 8.Juli 1858, in Reden, II, Leipzig: Veit & C., 1887: 143-334.

[2] HUMBOLDT A. VON,Kosmos, Entwurf einer physischen Weltbeschreibung, (5 vol.),Stuttgart: Cotta, 1845-1862.

[3] SCHWANN TH., Mikroskopische Untersuchungen uber die Uebereinstimmung in der Struktur und dem Wachsthum der Thiere und Pflanzen,Berlin: Sander, 1839.

[4] VIRCHOW R., Die Cellularpathologie in ihrer Begründung auf physiologische und pathologische Gewebelehre, Berlin: Hirschwald, 1858.

[5] HELMHOLTZ H., Handbuch der physiologischen Optik, I, Leipzig: Voss 1856; II, 1860; III, 1867; IV, 1887; V, 1889; VI-VII, 1892; VIII, 1894; «Schlusslieferung» 1895

[6] ID., Die Lehre von den Tonempfindungen als physiologische Grundlage fur die Theorie der Musik, Braunschweig: Vieweg, 1863.

[7] DU BOIS-REYMOND E,Die sieben Welträthsel, in Reden, I, Leipzig: Veit & C, 1886: 381-411

[8] ID., Ueber die Grenzen des Naturerkennens, in Reden, II, … p. 105-140

[9] ID., Ueber die Grenzen des Naturerkennens. Die sieben Welträthsel, Leipzig: Veit & C, 18842

[10] BERNARD C., Leçons sur les propriétés des tissus vivants, Paris: Baillière, 1866

[11] ID, Leçons de physiologie expérimentale appliquée à la médecine, (2vol.), Paris:Baillière, 1855-56

[12] ID., Leçons de physiologie opérative, Paris: Baillière, 1879

[13] ID., Introduction à l’etude de la médecine expérimentale, Paris: Baillière  1865

[14] ID., Principes de médecine expérimentale, Paris: Press Un. De France,  1947

[15] ID., Le cahier rouge, Paris: Gallimard, 1942

[16] FREUD S., Quelques considérations pour une étude comparative des paralysies organiques et histériques, in Archives de Neurologie, 1899, XXVI : 29-43 e in Gesammelte Werke, I, London :Imago, 1965: 37-55.

[17] FREUD S., BREUER J., Studien über Hysterie, Leipzig-Wien: Deuticke,1895 e in Gesammelte Werke, I…….: 75-312.

[18] ALEXANDER F., Psychosomatic medicin: ist principles and applications, New York: Norton, 1950.

[19] BALINT M., The basic fault: therapeutic aspects of regression, London: Tavistock Publications, 1968

[20] WEIZSÄCKER V. von, Natur und Geist. Erinnerungen eines Arztes, Göttingen: Vandenhoeck & Ruprecht, 1954

[21] AMMON G., Psychonalyse und Psychosomatik, München: Piper, 1974

[22] FREUD S., Hemmung, Sympton und Angst, Wien: Int. Psychoan. Verlag, 1926

[23] JUNG C.G., Wandlungen und Symbole der Libido, Leipzig-Wien: Deuticke, 1912. La quarta edizione dell’opera, totalmente rielaborata, uscirà nel 1952 presso l’editore Rascher a Zurigo con il titolo Symbole der Wandlung.

[24] JASPERS K., Allgemeine Psychopathologie, Berlin: Springer, 1913.

[25] LAVOISIER A.L., Traité élémentaire de chimie: presenté dans un ordre nouveau et d’apres les decouvertes modernes ; avec figures, Paris: Cuchet, 1789

[26] ID., Traité…..pp.226-228.

[27] FUNK C., Die Vitamine: ihre Bedeutung für die Physiologie und Pathologie mit besonderer Berücksichtigung der Avitaminosen, Wiesbaden: Bergmann, 1914.

[28] RICHET C., L’anaphylaxie, Paris: Alcan, 1911

[29] BURNET F.M., Auto-immunity and auto-immune disease, a survey for physician orbiologist, Philadelphia: Davis, 1972

[30] PAULING L., The nature of the chemical bond,Ithaca: Cornell Univ.Press, 1939

[31] SCHRÖDINGER E., What is life: the physical aspect of the living cell, Cambridge: Univ. Press, 1944.

[32] WATSON J.D., CRICK F.H., Molecular structure of nucleic acids, in Nature, 1953, 171: 737-738.

[33] MONOD J., Le hasard et la necessite: essai sur la philosophie naturelle de la biologiemoderne, Paris: Seuil, 1970

[34] JACOB F., La logique du vivant : une histoire de l’heredité, Paris: Gallimard, 1970

[35] DULBECCO R., Il progetto della vita, Milano: EST Mondadori, 1989

[36] LEWONTIN R., It ain’t necessarly so: the dream of the human genome and other illusions, New York: New York Review of Books, 2000

[37] SELYE H., The stress of life, New York: McGraw-Hill, 1956

[38] ID., Hormones and resistance, Berlin: Springer, 1971

[39] GWEI-DJEN L., NEEDHAM J., Celestial lancets: a history and rationale of acupunture and Moxa, Cambridge: Univ. Press, 1980.

[40] KORVIN-KRASINSKI C.von, Die Tibetische Medizinphilosophie: der Mensch alsMikrokosmos, Zürich: Origo Verl., 1953

[41] GOETHE W.J., Zur Farbenlehre, Tübingen: Cotta 1810

[42] NEWTONI., New theory about lights and colours, in Philos.Trans.R.Soc.London, 1672, 80: 3075-3087.

[43] MÜLLER J., Zur vergleichenden Physiologie des Gesichtssinnes des Menschen und der Thiere. Nebst einem Versuch über die Bewegung der Augen und über den menschlichen Blick, Leipzig: Cnobloch, 1826

[44] CORTI A., Recherches sur l’organe de l’ouie des mammifères, in Zeitschr.f.wissenschaftl.Zool., 1851

[45] SHERRINGTON C., The integrative action of the nervous system, New York: Scribner, 1906

[46] ECCLES J., POPPER K.R., The self and its brain, New York: Springer International, 1977

[47] GAZZANIGA M.S., The cognitive neuroscience, Cambridge, Mass.: MIT Press, 1995

[48] WIENER N., Cybernetics, or control and communication in the animal and the machine, New York: Wiley, 1948

[49] SHANNON C.E., A mathematical theory of communication, in Bell SystemTechnology Journal Urbana, 1948, 27: 379-423 e 623-656; in volume con il titolo The mathematical theory of communication, Urbana: University of Illinois Press, 1949

[50] HELMHOLTZ H., Das Denken in der Medizin, (1877), in Vorträge und Reden, II, Braunschweig: Vieweg, 19035: 165-190.

MÓNICA LÓPEZ BARAHONA
RECENTI PROGRESSI IN TEMA DI BIOLOGIA MOLECOLARE 
CON UN IMPATTO DIRETTO SULLA VITA UMANA


INTRODUZIONE

 

La biologia, può essere definita come un’area di studio, che si occupa di tutti gli aspetti fisico-chimici della vita. Poiché la biologia comprende molti argomenti, per comodità di studio, è stata suddivisa in aree separate.



La biologia molecolare rappresenta una di queste branche; in verità, attualmente la biologia è spesso affrontata sulla base di vari livelli, che si occupano di unità fondamentali degli organismi viventi.

A livello della biologia molecolare, la vita è spesso considerata come una manifestazione delle trasformazioni chimiche ed energetiche, che si verificano tra i vari componenti chimici che costituiscono un organismo. Così come il 19º secolo può essere considerato l’epoca della biologia cellulare, il 20º secolo è stato caratterizzato dai progressi in tema di biologia molecolare.

In realtà, la biologia molecolare ha rappresentato un’area di conoscenza che ha vissuto una rivoluzione drammatica , durante gli ultimi due decenni. E’ veramente difficile riassumere tutti i progressi che tale area ha ottenuto. Comunque, alcune di queste conquiste hanno una particolare ripercussione sulla vita umanae quindi si dimostrano particolarmente importanti per l’Accademia per la Vita.

La genetica molecolare e la biologia cellulare sono le aree della biologia molecolare, nelle quali sono state acquisite le conoscenze più rivoluzionarie. In entrambi i campi si possono trovare le questioni critiche della ricerca, che coinvolgono direttamente la vita umana.

La genetica molecolare, comprende lo studio della natura molecolare del gene e il meccanismo con cui i geni controllano l’attività della cellula.

Sulla base di tale natura molecolare dei geni, la loro sequenza può essere determinata e la funzione delle proteine che essi codificano predetta.

La biologia cellulare, è lo studio della fondamentale unità strutturale e funzionale dell’organismo vivente: la cellula.

Si può dire che tale studio è iniziato nel 17º secolo, con l’invenzione del microscopio composto. Anche se il maggiore splendore è stato raggiunto nel 19º secolo, la fine del 20º secolo e l’inizio del 21º sono di grande importanza per tale area.

  

GENETICA MOLECOLARE: UNA DELUCIDAZIONE SU ALCUNE IMPLICAZIONI DEL GENOMA UMANO

 

Probabilmente il progresso più spettacolare , ottenuto l’anno scorso, nel campo della ingegneria genetica, è stato la codificazione della sequenza del genoma umano, [1] che era stato ottenuto alcuni anni prima di quanto fosse previsto.



Il fatto di conoscere la sequenza del genoma umano, offre un potente strumento alle altre aree della scienza biologica e una via speciale all’interno della medicina.[2]

In tutto il mondo alcuni laboratori stanno attualmente lavorando per chiarificare la mappa del genoma umano e codificare la sequenza del genoma stesso, in modo tale da mettere in codice tutte le differenti proteine che unificano un essere umano.

In realtà, il campo degli studi sul genoma sta attualmente aprendo vie di notevole interesse, versogli studi proteomici e ci si aspetta che il proteoma umano venga decifrato abbastanza presto.

L’attuale conoscenza del genoma umano apre la possibilità di predire l’andamento di certe malattie ( soprattutto di quelle che hanno una origine genetica ).

Il cancro è una delle malattie con una chiara origine genetica e non vi è alcun dubbio che la conoscenza di tale patologia stia migliorando grazie alle straordinarie tecniche di sequenziamento, che permettono di evidenziare i frammenti di DNA.[3]

Per esempio, siamo in grado di classificare nuovi tipi di tumore, secondo il loro modello genico di espressione e tale classificazione permette di stabilire una migliore diagnosi e di elaborare, in molti casi, una terapia personalizzata.

Tale informazione, che riguarda l’evoluzione di una malattia, offre nuovi approcci terapeutici e sta trasformando la medicina attuale in una medicina predittiva e personalizzata.

Tuttavia l’identificazione dei geni implicati in alcune malattie, permette nello stesso tempo di classificare la popolazione sulla base del proprio genoma e di stabilire categorie di pazienti a rischio di sviluppare determinate malattie.

In confidenza, a questo punto, esiste un problema molto importante, perché il fatto di sapere che una determinata persona possiede alcuni geni mutati e, quindi, ha un alto rischio di sviluppare per esempio un cancro, può avere una influenza sulla polizza assicurativa o sulla sua situazione professionale.

Una discriminazione basata su un possibile determinismo genetico, rappresenta una problematica etica molto importante, che appare come una conseguenza della informazione che la conoscenza del genoma umano porta con sé.

Esistono due diritti, chedovrebbero essere considerati e che potrebbero determinare importanti conflitti discriminativi: Il diritto della compagnia assicurativa di avere informazioni circa il suo assicurato o il diritto della compagnia di avere informazioni riguardo la salute dei suoi dipendenti. Il diritto di riservatezza circa le informazioni di carattere genetico, relative ad un individuo.

E’ fondamentale prendere in considerazione il fatto che un essere umano non è soltanto un insieme di geni, molto ben organizzati e che la sua storia, persino la storia clinica di una persona, non è solamente scritta nei suoi geni.

L’uomo è corpo e anima e i geni non determinano il suo comportamento, neanche un suo comportamento clinico.

La Dichiarazione dei Diritti Umani, sottolinea con chiarezza che: « Una persona non può essere discriminata sulla base del proprio sesso, razza, religione o codice genetico ».[4]

Purtroppo, costantemente assistiamo alla violazione di tale principio, per esempio nella pratica eugenetica delle cliniche della fecondazione in vitro, che seleziona gli embrioni di sesso maschile che possono essere affetti da emofilia.

Non è questa una discriminazione di tipo genetico? Un altro quesito interessante può derivare dal fatto che il progetto genoma umano rappresenta la possibilità di “brevettare” i geni.

Quando un brevetto viene discusso, è importante distinguere tra due concetti: invenzione e scoperta. Inventare, significa introdurre qualcosa di nuovo nell’esistenza. Scoprire, comporta il trovare qualcosa che già preesiste, ma che risulta ancora non ben conosciuto ( Newton ha scoperto la legge di gravità ).

Inventare, indica la fabbricazione come risultato dell’esperimento, dello studio o dell’ingegnosità[5]. Basandosi su tale definizione, la sequenza del genoma umano non è un’invenzione, ma una scoperta e, quindi, non dovrebbe essere brevettata, perché essa appartiene all’umanità.

Tuttavia, certi geni possono avere una utilità terapeutica o possono essere usati come markers prognostici o come markers diagnostici.

La reale utilità dei geni non è più una scoperta, è una invenzione e dovrebbe essere considerata come ogni altro composto, che funge da marker per la diagnosi o l’evoluzione di certe malattie e, quindi, potrebbe essere brevettata.

Insieme con il progetto del genoma umano, altri genomi di specie diverse sono stati sequenziati e la possibilità di transgenesiè stato oggetto di molti dibattiti.

Gli organismi, che hanno inseritti nel loro genoma geni provenienti da altre specie ( l’intero complemento dei geni di un organismo ), vengono chiamati trangenici. Usando queste tecniche, sono state generate parecchie piante, animali e alimenti.

Per esempio, la produzione di piante transgeniche resistenti all’agente patogeno, sono state ottenute attraverso tale metodologia, o proteine umane che hanno un utilizzo terapeutico, sono state prodotte dagli animali.

Come abbiamo già accennato, non possiamo ridurre un essere ai suoi geni, specialmente nel caso delle persone umane, dove la componente spirituale ha l’importanza che tutti conosciamo.

Al contrario, l’impiego degli animali come fattori biologici non pone grandi problematiche etiche.

La preoccupazione, riguardo i possibili pericoli della trangenesi, è molto spesso polarizzata a causa dei diversi interessi economici o politici.

Con una appropriata regolazione, tale tecnica mantiene la grande promessa, di raggiungere sostanziali progressi, in particolare nel campo della agro-biotecnologia.

Basandosi sulla conoscenza della sequenza di alcuni geni, appartenenti al genoma degli animali da laboratorio, oggigiorno la generazione di animali da combattimento è una tecnica ben dimostrata, che ha offerto la possibilità di studiare la funzione, in vivo, di un gene reale, eliminandolo dal genoma dell’animale.

 

 

BIOLOGIA CELLULARE: IMPLICAZIONI DELLA CLONAZIONE



 

La manipolazione del genoma e le tecniche usate per la generazione di animali da combattimento e di animali transgenici,sono gli stessi strumenti utilizzati nella generazione degli animali clonati.

Tale meccanismo generativo degli animali clonati, è probabilmente uno degli esperimenti più spettacolari dello scorso secolo ed ha rappresentato una vera e propria rivoluzione per la biologia cellulare classica.

Crediamo che la possibilità di generare embrioni umani, usando le tecniche già utilizzate negli animali, abbia una conseguenza direttasulla vita umana edimplicazioni etiche molto importanti, per tale motivo, descriveremo nei dettagli la questione della clonazione.

La clonazione, significa essenzialmentegenerare strutture genetiche identiche. Sebbene, esistano vie diverse, per ottenere la clonazione, noi analizzeremo in tale sede, la clonazione attraverso il trasferimento del nucleo.

La tecnica del trasferimento nucleare, è stata utilizzata sin dal 1938 in embriologia, ma non comenel 1997, quando tali tecniche acquisirono un significato universale, con la pubblicazione, da parte di W. I. Wilmuth et al., della generazione della prima pecora clonata, di nome Dolly, usando la tecnica sopramenzionata.[6]

La tecnica di trasferimento nucleare, consiste nella generazione di uno zigote, attraverso una riproduzione di tipo non sessuale.

Si usa un’oocita, nel quale è stato rimosso il nucleo e si trasferisce tale oocita denucleato, in un’altra cellula somatica o cellula embrionale, che contiene il genoma completo.

Il genoma viene ri-programmato all’interno dell’oocita ed è in grado di indirizzare l’intero sviluppo embrionale, quando tale zigote viene trasferito all’interno dell’utero.

E’ importante ricordare che il genoma è uguale in tutte le cellule somatiche, che collegano i vari tessuti ed organi ed è anche lo stesso genoma dello zigote che ha generato tali organi e tessuti, tuttavia non tutti i geni che integrano il genoma vengono ugualmente espressi in tutte le cellule, ogni cellula esprime soltanto i geni di cui la cellula stessa ha bisogno per la sua funzione.

La percentuale di successo di questa via di riproduzione non risulta elevata e varia da specie a specie.

Ad esempio, per generare la pecora Dolly è stato necessario usare 277 oociti. Questa possibilità di ri-programmare il genoma non è esclusivo dello zigote. E’ stato dimostrato che l’ambiente è essenziale per l’attivazione dell’espressione dei geni e ci sono alcuni lavori importanti,che rivelano come le cellule staminali adulte possono essere ri-programmate, per generare cellule che non appartengono alla stessa linea cellulare.

Generalmente, si pensava che le cellule staminali adulte erano in grado soltanto di generare cellule della propria linea cellulare e quindi che erano multipotenti, tuttavia molti esperimenti dimostrano che la loro potenza è più elevata di quanto si pensa e che si comportano, in molti casi, come cellule staminali pluripotenti.

Questo è stato dimostrato –in vitro- aggiungendo alla loro diversa differenziazione e/o i fattori di crescita;[7-8] o –in vivo- trapiantandoli in diversi tessuti o organi. [9-10-11-12] Tutto ciò, ha aperto nuove possibilità per le terapie di alcune patologie degenerative, nelle quali la rigenerazione dei tessuti può essere fondamentale.

Tuttavia, le cellule staminali dell’adulto non sono il solo tipo di cellule nelle quali la differenziazione può essere indotta, ma tutto questo può essere fatto anche con le cellule staminali embrionali, come è stato già descritto.[13-14]

Tutte le questioni menzionate, hanno stabilito le basi per rendere possibile la cosiddetta clonazione terapeutica.

La clonazione terapeutica, consisterebbe nella generazione di embrioni umani -in vitro- attraverso il trasferimento nucleare, allo scopo di mantenerlo in vita per 7 giorni ( fino al momento in cui l’embrione acquisisce lo stato di blastocisti ) e di distruggerlo dopo questo periodo, al fine di ottenere le cellule staminali embrionali dalla blastocisti e differenziarle, in vitro, tentando di avere differenti tipi di tessuto, che dovrebbero essere immunologicamente compatibili con il donatore del genoma , che ha fecondato l’oocita, attraverso il trasferimento nucleare.

Questa pratica, dovrebbe essere un esempio, non soltanto di distruzione di vite umane, ma anche di generazione di vite, a partire da un certo genoma, al solo scopo di utilizzarle.

Dovrebbe essere un chiaro esempio di utilitarismo. E’ necessario ricordare in tale sede che, in molti paesi, ci sono diversi embrioni congelati, prodotti per la fecondazione in vitro, che potrebbero anche essere usati per la ricerca, laddove la legge lo permetta.

Questi embrioni rappresentano, ovviamente, una fonte di cellule staminali embrionali.

Inoltre, per le implicazioni etiche descritte a proposito della clonazione, dovremmo anche ricordare che tale tecnica apre la possibilità della generazione di ibridi inter-specie.

Il ruolo del biologo molecolare, nella società, oltre alla sua responsabilità morale ed etica, nella ricerca e nello sviluppo di nuove idee, ha condotto ad una revisione della gerarchia, sociale e scientifica,dei valori.

Uno scienziato, non può più ignorare le conseguenze delle sue scoperte.

La scienza deve agire per il bene dell’essere umano, altrimenti sarà un tipo di scienza che porterà al degrado della umanità, invece di aiutarla a progredire.

La scienza di base, è chiamata a cercare la verità attraverso una via corretta , senza attentati ai valori umani essenziali, come la vita: il dono più prezioso che abbiamo.
[1] J.C. VENTER, M.D. ADAMS, E.W. MYERS, et al, The Squence of the Human Genome. Science Vo. 291, 16 February 2001. Pag. 1304-1351

[2] D.R. BENTLEY, P. DELOUKAS, A. DUNHAM, et al. , The physical maps for ssequending human chromosomes, 1,6,9,10,13,20 and X, Nature VO. 409, 15 February 2001. Pag. 942-958.

[3] O. ERMOLAEVA, M. RASTOGI, K. D. PRUITT et al. Data management and analysis for gene expression arrays.Nature Genetics 20, 23 September 1998, 19-23.

[4] HUMAN RIGHTS DECLARATION. 1997

[5] Webster`s New Encyclopedic Dictionary. 1993

[6] CAMPBELL, K.H.S., Mc WIR, RITCHIE, W. WILMUT, I., Sheep cloned by nuclear transfer from a cultured cells line,Nature, vol. 385, 810-813, 27 de febrero de 1997.

[7] PITTENGER et al., Multineage potential of adult mesenchymal stem cells. Science, 284, 143-147. 1999

[8] COLTER, D. et al.,Rapid expansion of recycling stem cells in cultures of plastic-adherent cells from human bone marrow”, Proceedings of the National Academy of Sciences, 97, 3213-3218. 2000.

[9] BJORNSON, C.R., RIETZE, R.L., REYNOLS, B.A., MAGLI, M.C. y VESCOVI, A.L., Turning brain into blodd: a hematopoietic fate adopted by adult neural stem cells in vivo. Science, 283, 534-537. 1999

[10] MEZEY, E., CHANDROSS, K. J., HARTA, G., MAKI, R. A. y MCKERCHER, S.R., Turning blood into brain: cells bearing neuronal antigens generated in vivo from bone narrow”. Sicence, 290, 17779-1782. 2000

[11] BLACK, I.B., PROCKOP, D.J. et al., Adult rat and human bone marrow stromal cells differentiate into neurons.Journal of neuroscience Research, 61, 364-370. 2000

[12] CLARKE D.L., JOHANSSON C.B., WILBERTS, J., VERESSE, B., NILSSON, E., KARLSTROM, H., LENDAHL, U. Y FRISEN, J., Generalized potential of adult neural stem cells. Science 288 (5471):1660-3. 2000 jun. 2

[13] EVANS, M.J., KAUFMAN, M.H. Establishment in culture of pluripotential cells from mouse embryos. Nature, 292, 154-156. 1981

[14] THOMSON, J.A. et al., Embryonic stem cell lines derived from human blastocysts. Science, 282, 1145-1147. 1998

ANGELO VESCOVI
CELLULE STAMINALI CEREBRALI: 
STABILITÀ FUNZIONALE, PLASTICITÀ E POTENZIALE TERAPEUTICO

La recente scoperta che il sistema nervoso centrale (SNC) contiene regioni neurogeneticamente attive che sono ricche di cellule staminali cerebrali (NSCs) ha stimolato una plethora di nuovi studi finalizzati ad investigare sia gli aspetti prominenti della fisiologiadi base delleNSCs che la loro applicazione potenziale nell’ ambito della terapia delle malattie neurologiche. Le NSCs sono precursori neurali multipotenziali che si moltiplicano ed autorinnovano in coltura per periodi di tempo significativi in risposta alla loro esposizione a fattori di crescita specifici. Recentemente, é stato suggerito che le NSCs siano soggette a rapida trasformazione in coltura e che questo fatto rappresenterebbe un ostacolo al loro utilizzo in ambito terapeutico per le malattie neurodegenerative. Inoltre,é stato proposto che questo fenomeno di rapida trasformazione sarebbe alla base della capacità delle NSCs di transdifferenziare, una proprietà che non sarebbe quindi intrinseca alle NSCs .

Questa presentazione é tesa a discutere dati recenti del nostro gruppo di lavoro che descrivono il comportamento delle NSCs durante la loro coltivazione per lunghi periodi di tempo , dimostrando come queste cellule non sono assolutamente soggette a trasformazione e come esse siano di fatto dotate della capacità di dare origine a cellule di origine non-neurale, e cioé di transdifferenziare. In questo contesto, le NSCs non mostrano alcun segno di trasformazione a passaggi di coltura sia precoci che molto tardivi.La capacità di autorinnovamento delle NSCs – vale a dire la loro capacità di riprodurre nuove NSCs continuativamente – non cambia nel tempo e non si osservano anomalie cromosomiche fino a 30 passaggi in vitro. Le NSCs mostrano un potenziale di crescita stabile per molti mesi e, dopo la rimozione dei mitogeni dal terreno di coltura, smettono di dividersi mitoticamente e, prontamente, differenziano in neuroni e glia con frequenze del tutto stabili e riproducibili. Inoltre, una analisi della loro risposta a citochine di varia identità, dimostra come sia possible influenzare il differenziamento delle NSCs in modo che almeno il 50%della loro progenia matura sia composta da neuroni.

Inoltre, verrà discusso il risultato di studi recenti che confermano che le NSCs possiedono la capacità di dare origine a cellule non-neurali e cioé mesodermiche, dimostrando che il fenomeno del transdifferenziamento non dipende dalla trasformazione delle NSCs in coltura. Infine, verranno presentate evidenze sperimentali che dimostrano l’assenza di un potenziale tumorigenico delle NSCs e la loro impressionante capacitàdi integrazione nel SNC a supporto di una elevata potenzialità di queste cellule in ambito terapeutico per le cura delle malattie del cervello.

Dopo anni di acceso dibattito, si é ormai finalmente affermato il concetto che alcune sottopopolazioni di neuroni siano soggette a ricambi nell’ ambito della vita adulta. Questo concetto fornisce chiaro supporto all’ idea che il processo neurogenetico si continui per tutta la vita, implicando quindi la presenza di NSCs nell’ambito di alcune regioni cerebrali. Nel cervello dei mammiferi adulti la genesi di nuovi neuroni é stata evidenziata nell ippocampo e nel bulbo olfattivo. In particolare, nel bulbo olfattivo, nuove cellule neurali vengono continuamente prodotte da NSCs che sono localizzate nella regione subventricolare dei ventricoli telencefalici (SVZ) e raggiungono la loro destinazione nel bulbo dopo una migazione di alcuni millimetri (Lois and Alvarez-Buylla, 1994). In relazione alla novità sottesa al concetto di neurogenesi adulta ed alle ovvie e stimolanti potenzialità terapeutiche che sacturiscono dall’ esistenza di cellule staminali cerebrali adulte, questo settore di studio é andato espandondosi in modo esponenziale.

Tuttavia, lavorando con un tessuto così complesso come quello del sistema nervoso centrale (SNC), sisono incontrate alcune serie difficoltà tecniche e ad oggi alcuni aspetti riguardanti la fisiologia delle cellule staminali neurali rimangono ancora da chiarire.

Alcuni dati recentemente pubblicati in letteratura suggeriscono che è possibile utilizzare alcuni marcatori proteici quali l’agglutina delle arachidi, l’antigene stabile del calore, l’antigene SSA1 per identificare le cellule staminali neurali isolate in acuto (Rietze et al., 2001; Capela and Temple, 2002); nonostante cio’, l’identificazione univoca di cellule staminali neurali risulta essere ancora difficoltosa.Inizialmente, le cellule staminali neurali sono state studiate e caratterizzate come modelli cellulari cresciuti in sistemi in vitro ben definiti.Questo approccio sperimentale ha permesso di identificare l’esistenza di cellule di derivazione nervosa in grado di auto-rinnovarsi e di dare origine a diversitipi di cellule altamente differenziate, tutte caratteristiche tipiche delle cellule staminali bona fide (Gritti et al., 2002). Sebbene le cellule staminali neurali condividano con le cellule staminali di altri tessuti la capacità di rifornire continuamente l’organismo di nuove cellule differenziate, esse posseggono anche alcune caratteristiche peculiari che le differenziano delle altre cellule staminali.Per esempio, a differenza delle cellule staminali ematopoietiche, le cellule staminali neurali posseggono una capacità proliferativa illimitata se cresciute in un terreno di coltura abbastanza semplice, come quello senza siero.Questa caratteristica ha permesso l’isolamento di linee di cellule staminali neurali – anche di origine umana – che sono utilizzate nello studio del potenziale terapeutico delle cellule staminali stesse nella cura delle malattie neurodegenerative.Inoltre i modelli sperimentali di colture cellulari di staminali neurali hanno suggerito l’idea che queste celllulepotrebbero non sviluppare tutte le loro potenzialità di differenziamento negli organi in vivo. Infatti molte evidenze sperimentali hanno dimostrato che le cellule staminali neurali cresciute in terreno di coltura, posseggono ungrado di plasticità più elevato di quello riscontrato in vivo, probabilmente a causa di un effetto “di silenziamento” a cui sono sottoposte le cellulenel micro-ambiente cerebrale.

Un esempio di questa elevata plasticità è stata evidenziata con studi in cui cellule staminali neurali erano in grado di dare non solo di dare origine a cellule ematopoietiche o muscolari , ma anche di integrarsi in qualsiasi tessuto se trapiantate in sistemi ematopoietici rigeneranti, o in muscoli danneggiati o in blastocisti murine in via di sviluppo (Frisen, 2002).

Questo suggerisce che nell’elevata potenzialità di sviluppo delle cellule staminali neurali potrebbe essere compresa anche capacità di trans-differenziare per dare origine a cellule che appartengono a tessuti di origine embrionale diversa.

Nel 1999, alcune evidenze sperimentali del nostro laboratorio hanno confermato le capacità di transdifferenziamento delle staminali, dimostrando che cellule staminali neurali clonali sono in grado di dare origine a cellule ematopoietiche quando vengono trapiantate in vivo in un modello murino adulto (Bjornson et al, 1999).

In questi esperimenti, una progenie di cellule staminali neurali che costitutivamente esprimevano la galactosidasi (il prodotto del gene batterico lacZ) sono state iniettate in topi recipienti irradiati con dose sub-letali. Non solo le cellule staminali neurali iniettate si sono integrate nei tessuti ematopoietici quali milza, timo e midollo osseo dei topi recipienti, ma hanno anche dato origine a molti dei precursori ematopoietici che sono stati in grado di differenziare in quasi tutti i tipi cellulari presenti nel sangue, inclusi megacariociti, granulociti, macrofagi, linfociti B e T: Non sono stati invece identificatiglobuli rossi originati dalle cellule neurali transdifferenziate. Sebbene non descritti nel lavoro iniziale,il trapianto di cellule staminali neurali ha aumentato la vitalità degli animali recipienti suggerendo che le cellule staminali neurali trandifferenziate nei precursori ematopoietici sono capaci di ricostituire parzialmente l’ematopoiesi dell’animalericevente irradiato con dose letale (dati non pubblicati).

Bisogna inolte sottolinare come ad oggi la conversione neuro-ematopoietica è stata elegantemente documentata anche utilizzando cellule staminali neurali di origine umana. Queste cellule sono state iniettate in animali riceventi SCID-Hu, precedentemente trapiantati con midollo osseo e frammenti timici umani, al fine di fornire dei microambientimidollari e timici sufficientemente fisiologici per ricevere le cellule trapiantate.In queste condizioni, le cellule staminali neurali umane sono state in grado di contribuire all’ematopoiesi dell’animale ricevente, come dimostrato da esperimenti di ricostituzione (Shih et al., 2001).

Un ulteriore affascinante approfondimento delle scoperte appena descritte, deriva dall’osservazione di come le cellule staminali neurali iniettate in blastocisti murine siano capaci di integrarsi in molti tessuti derivati dai tre foglietti germinativi embrionali (Clarke et al., 2000). Curiosamente, in questo lavoro non è stato osservato un contributo delle cellule staminali neurali iniettate in certi tessuti di origine mesodermica, quali il sangue e i muscoli scheletrici.Tuttavia, successivamente è stato dimostrato che le cellule staminali neurali umane e murine, sono in grado di transdifferenziare in cellule muscolari scheletrici, sia in vivo che in vitro (Galli et al., 2000).

Alcune peculiari circostanze sembrano essere necessarie per l’espressione di cio’che costituisce un latente, ma generalizzato potenziale di sviluppo delle cellule staminali neurali. Due principali fattori sembrano essere necessari per il transdifferenziamento neuro-mesodermico. Inanzittutto, solamente le cellule staminali neurali bona fide sono in grado di transdifferenziare. Come descritto in Galli et al. (2000), possono transdifferenziare solo cellule staminali derivate dalla zona subventricolare del cervello (SVZ), ma non quelle derivate da altre aree che non contengono cellule staminali, come per esempio lo striato e la corteccia celebrale. Questo dato è stato confermato anche da esperimenti di Rietze et al. (2001), in cui si evidenzia che arricchendo le colture cellulari con cellule staminali neurali che esprimono alcuni marcatori di superficie (PNAlo /HSAlo), il fenomeno del transdifferenziamento può essere incrementato da un 2.5% ad un incredibile 57%.Non solo, anche quando le progenie differenziate di cellule staminali neurali sono sottoposte agli stessi segnali capaci di indurre il fenotipo miogenico in colture arricchite con cellule staminali neurali indifferenziate, non si osserva alcun fenomeno di transdifferenziamento. Questi risultati sono ulteriormente confermati da dati recenti che evidenziano come la totipotenza delle cellule staminali diminuisca sempre più con l’aumentare del differenziamento.

E’ possibile speculare che per intraprendere il transdifferenziamento, le cellule staminali neurali devono essere esposte ad un microambiente che possiede segnali istruttivi alquanto peculiari. Considerando che è stato dimostrato che le cellule staminali del sistema nervoso sono in grado di colonizzare i foglietti germinativi durante i primi stadi della gastrulazioine (Clarke et al., 2000), di rigenerare sia il tessuto ematopoietico (Bjornson et al., 1999) che quello muscolare (Galli et al., 2000), che le cellule staminali del midollo osseo possono ricostituire tessuti muscolari ed epatici danneggiati (Ferrari et al., 1998; Theise et al., 2000), è possibile postulare che i segnali istruttivi possono manifestarsi specificamente durante la fase rigenerativa che segue un danno tissutale o alternativamente che accompagna lo sviluppo embrionale. Purtroppo si conosce molto poco sull’identità e sulla natura di questi segnali responsabili del cambiamento del destino delle cellule staminali neurali.Uno degli ostacoli più importanti nell’identificazione di questi segnali dipende dal fatto che la maggior parte dei modelli sperimentali usati sono basati su saggi in vivo. Ad oggi sono finalmente disponibili alcuni modelli in vitro per studiare la conversione neuro-mesodermica al fine di interpretare e comprendere meglio i meccanismi molecolari sottesi al fenomeno del trensdifferenziamento.Utilizzando questi modelli, è emerso che la conversione neuro-mesodermicapuò essere osservata solo quando cellule staminali neurali sono cresciute in sistemi di co-colture, in presenza cioè di cellule miogenichedella linea C2C12 o di mioblasti primari, ma mai quando sono cresciute in presenza di cellule non-miogeniche.Di notevole importanza il fatto che la conversione neuro-miogenicarichiedail contatto diretto cellula-cellulae non avvenga quando le cellule neurali e quelle miogeniche sono separate fisicamente per mezzo di una membrana porosa, né quando le cellule staminali neurali sono cresciute con terreno condizionato da cellule muscolari.

Inoltre, è evidente che durante il fenomeno della conversione neuro-miogenica si realizza una fine orchestrazione di segnali antagonisti. Infatti l’induzione del fenotipo muscolare esercitato sulle cellule neurali è controbilanciato da alcuni segnali “neutralizzanti” che vengono trasmessi dalle cellule neurali stesse, un fenomeno che può essere interpretato come un classico “effetto comunità” (Gurdon et al., 1993). Si puo’ concludere quindi che un insieme di segnali istruttivi piuttosto che un unico segnale effettore sembra controllare il passaggio da un destino neurale ad uno mesodermico. In vivo, questi segnali possono essere contenuti sia nel microambiente extracellulare che viene perturbato e alterato durante un danno tissutale e sia possono essere indotti e rilasciati in seguito ad un contatto diretto cellula-cellula che avviene tra le cellule riceventi e quelle donatrici.

Un dubbio legittimo su gli studi di transdifferenziamento riguarda la seguente domanda: le cellule transdifferenziate acquistano veramente un fenotipo differenziato e funzionale o piuttosto limitano l’espressione di alcuni geni e di alcuni tratti antigenici specifici per la morfologia di un foglietto germinativo (Weissman et al., 2001). Indubbiamente l’ argomento richiede studi più approfonditi, ma ad oggi sono disponibili esempi di conversione bona fide di cellule staminali neurali in cellule mesodermiche funzionalmente mature. Infatti è stato dimostrato con studi di ultrastruttura che i miotubi derivati da cellule staminali neurali sono dei sincitia polinucleati, chiara indicazione di differenziamento terminale. Inoltre questi miotubi contengono strutture sarcomeriche che presentano sia bande M che bande Z (Galli et al., 2000).

Se il concetto che cellule di un dato tessuto possono dare origine a cellule di un altro tessuto di diversa derivazione embrionale è stato esteso a molti tipi cellulari adulti (Frisen, 2002), questo fenomeno è stato messo in discussione da alcuni recenti dati presentati in letteratura (referenze). In particolare studi condotti da Morshead et al. (2002) evidenziano l’impossibilità di generare progenie ematopoietiche da cellule staminali neurali iniettate in topi irradiati. Sebbene questi studi siano stati descritti come identici ai nostri esperimenti iniziali, le caratteristiche funzionali delle cellule staminali neurali descritte da questi autori sottolineano chiaramente che le colture cellulari usate erano prive di cellule staminali ed erano costituite prevalentemente da cellule giàdifferenziate. Il lavoro di Morshead è in aperta contraddizione con una sovrabbondanza di lavori pubblicati precedentemente che dimostrano come né le cellule staminali neurali umane né quelle murine si trasformano in coltura, ma piuttosto conservano una stretta dipendenza dai fattori di crescita presenti nel terreno, mantengono costante la cinetica di crescita e differenziano velocemente quando sono rimossi i fattori di crescita (Reynolds et al., 1996; Gritti et al., 1999; Vescovi et al., 1999; Galli et al., 2002). Come già ricordato in precedenza, la percentuale di cellue staminali neurali, definita per mezzo di un classico saggio clonogenico, era inferiore di almeno 20 volte nel lavoro di Morshead se confrontato con i nostri dati. Quindi, la combinazione della presenza di un basso numero di cellule staminali neurali e di un significativo grado di trasformazione delle cellule utilizzate ha portato al trapianto di un numero insignificante di cellule staminali neurali e di per sé spiega il fallimento di questi esperimenti nel coneguire esempi di conversione neuro-ematopoietica, che sono invece stai dimostrati ad oggi da tre gruppi indipendenti (Bartlett, 1982; Bjornson et al., 1999; . Shih et al., 2002)

Recentemente, è stato dimostrato che sia le cellule staminali neurali che quelle del midollo osseo posseggono la capacità di fondere con altre cellule ed originare delle cellule tetraploidi che esprimono molti dei marcatori caratteristici di cellule di derivazione embrionale diversa da quella neurale o ematopoietica (Ying et al., 2002; Terada et al., 2002). A questo proposito deve essere tenuto in considerazione il fatto che in entrambi gli studi la fusione cellulare è stata osservata in celllule staminali embrionali, che non sono tuttavia presenti nella vita adulta di un organismo.

Inoltre, la frequenza riscontrata degli eventi di fusione è significativamentebassa, compresacioè tra 10-5 e 10-6. E’ possibile postulare che l’acquisizione di un fenotipo non-neurale da parte di cellule staminali neurali possa essere il risultato di una fusione cellulare? Considerando che la frequenza di transdifferrenziamento riportata nei vari lavori è più elevata di due ordini logaritmici di quella osservata per i fenomeni di fusione cellulare, e considerando che la fusione cellulare non è un prerequisito per la conversione neuromiogenica (Galli et al., 2000), è alquanto improbabile che il fenomeno del transdifferenziamento possa essere spiegato solo con la formazione di cellule tetraploidi.

Per concludere, è evidente che il campo di studi delle cellule staminali adulte e la loro affascinante biologia costituisce ad oggi un’area di ricerca in espansione che ci porta a riconsiderare alcuni dogmi fondamentali della biologia.Se queste importanti sfide biologichepossano essere ostacolate dalle crescenti erigorose indaginirimane argomento per discussioni future.

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