Il vero punto di riferimento che getta le basi per un cambiamento dello stile è però un altro scritto di Beethoven, una lettera all’editore Breitkopf di Lipsia del 18 ottobre 1802 in cui egli dichiara di aver creato una struttura più complessa e fantasiosa nelle variazioni. E sono infatti le variazioni op. 34 e op. 35 che aprono il secondo periodo beethoveniano. Esse sono innovative, in quanto – per esempio – si diversificano non solo in qualche ornamento, ma anche rispetto al metro (che può cambiare da una variazione all’altra) e alla tonalità (che pure può variare). Nelle variazioni op. 35 alla base del tema ci sono tre elementi fondanti indipendenti fra loro, che poi vengono combinati a formare il tema del brano: un basso, una melodia ed un’impalcatura melodico-metrica comune al basso e alla melodia.
Queste ed altre caratteristiche, unite alle volontà espresse nel Testamento di Heiligenstadt, attestano la volontà di Beethoven di pervenire ad uno stile più personale e individuale, avvicinandosi dunque a quelli che saranno poi gli ideali musicali del Romanticismo, che anche sotto questo aspetto Beethoven anticipa.
Come già nel primo periodo gli schemi compositivi tradizionali non vengono ripudiati, ma non vengono nemmeno accolti completamente tali e quali: essi vengono adoperati come materiale da manipolare in forma sempre diverse e diversificate a seconda del contesto del loro impiego.
Nei lavori del secondo periodo Beethoven prende dei motivi elementari per poi arricchirli di elaborazioni e sviluppi, che creano poi entusiasmanti relazioni che si e li connettono. Per permettere grandi e complessi sviluppi occorrono dei temi più semplici (e più brevi). Si veda come esempio il motivo ritmico iniziale del primo movimento della celebre Quinta sinfonia in do minore degli anni 1807-1808.
Nel secondo periodo Beethoven attua alcuni interessanti interventi per quanto riguarda la forma sonata.
Per prima cosa aumenta la lunghezza di ciascuna sezione in forma sonata. Si allunga l’esposizione (attraverso la ripetizione – solitamente variata – del primo tema e l’andamento lento del ritmo armonico; cfr. Sonata per pf. in Do M op.53).
Fino al 1802 circa poi il secondo tema è nella dominante (tradizionalmente), in seguito invece Beethoven sperimenta altre soluzioni (per esempio pone il secondo tema sul terzo o sul sesto grado).
Beethoven dà poi grande attenzione allo sviluppo, che spesso diviene anche piuttosto lungo (cfr. Terza sinfonia: lo sviluppo è 100 battute più lungo dell’esposizione). Ciò rende importante il fatto che si dia rilievo alla ripresa, che viene dunque anticipata, preparata da un momento di drammatica tensione, preparato per attirare l’attenzione dell’ascoltatore, spesso con ritmi travolgenti. La tensione che nasce nello sviluppo si risolve quindi nella ripresa. A volte abbiamo per esempio l’entrata del tema (ovvero l’inizio della ripresa) in pianissimmo dopo un forte o un fortissimo nello sviluppo (cfr. Sonata per pf. in Do M op.53 “Waldstein” e Terza sinfonia). Questo contrasto (altra caratteristica di alcune opere del Romanticismo) genera un effetto sorpresa.
Inoltre spesso la ripresa non è solo una ripetizione dell’esposizione, ma una sua ripresentazione in forma nuova e rielaborata (nelle sinfonie ci sono cambiamenti nell’orchestrazione). Infine aumenta l’estensione della Codaviii, sia per durata che per contenuto (spesso ci sono modulazioni e sviluppi che ne fanno una sorta di secondo sviluppo).
Un'altra caratteristica fondante del secondo periodo è la spinta verso il grandioso ed il monumentale derivata dal cosiddetto stile eroico. Questo, tipico della musica francese della fine del 1700, si estinse nel 1813-1814, le cui caratteristiche si possono cosìo riassumere:
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dilatazione delle strutture compositive (v. sopra: Beethoven la operò nella forma sonata)
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allungamento del ritmo armonico (ovvero cambiamenti di armonia più distanti gli uni dagli altri)
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motivi semplici ed elementari (spesso su triadi e/o sui gradi fondamentali di scale maggiori o minori)
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ripetizione di intere frasi o di singoli accordi, talvolta messa in rilievo con contrasti dinamici
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vaste zone di tensione drammatica (con accelerazioni e distensioni dal profilo ritmico, che generano un senso di alternanza tra impeto e spossatezza)
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modulazioni a tonalità lontane,
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dissonanze non preparate,
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uso enfatico e prolungato dell’accordo di settima diminuitaix (cfr. finale sonata per pf. in fa m op.57
“Appassionata”)
Del secondo periodo è la Terza sinfonia in Mib M, op.55 (1803-1804) “Eroica, composta per il sovvenire di un grand’Uomo”, che fornisce un esempio dello stile eroico in Beethoven. Inizialmente, come già detto,
fu composta per Napoleone, ma a Beethoven non piacque per nulla l’autoproclamazione a imperatore di Bonaparte avvenuta nel maggio del 1804 e tantomeno lo scoppio della guerra franco-austriaca (1805). In fin dei conti è questa una dimostrazione della resistenza del compositore di Bonn alla tirannide e dei suoi ideali liberali.
Sempre di questo secondo periodo è pure la celeberrima Quinta sinfonia. Essa pure mostra i tratti distintivi dello stile monumentale, che sono presenti in maniera ancor più accentuata che nell’Eroica. Per il carattere eroico di questa sinfonia (addirittura militare, tranne che nello Scherzo), la Quinta sinfonia diventò la “sinfonia beethoveniana per eccellenza” e fu una delle opere di cui si nutrì l’estetica musicale romantica.
Particolarità stilistica della V sinfonia è l’economia del materiale tematico e l’unità di concezione, che coinvolge tutti i movimenti. Beethoven dimostra la sua abilità di sfruttare al massimo le potenzialità di sviluppo di un motivo. È questo per esempio il caso del ruolo fondamentale che viene a ricoprire la figura ritmica iniziale del primo movimento (elemento questo poi ripreso anche in altri movimenti).
È del secondo periodo pure la Sesta sinfonia in Fa M op. 68 “Pastorale”, che ha uno stile più introspettivo che non la Quinta e che è un’opera di importanza elevatissima in quanto funse da base per il movimento romantico della musica a programma, sebbene Beethoven non intese comporre un brano a programma nel senso stretto del termine (vedremo meglio fra poco cosa intendo).
La Pastorale ha una concezione unitaria per quanto concerne il contenuto espressivo (come già la Quinta sinfonia) ed è un proseguimento della tradizione settecentesca di lavori strumentali che ritraggono scene pastorali e/o che suggeriscono sentimenti nati dal simbolico idillio con la natura (cfr. anche in Vivaldi e negli oratori di Haydn). L’idillio della natura è però anche un elemento romantico: si ricordi infatti che il Romanticismo vede la nascita di un rinnovato interesse verso la musica rinascimentale e barocca, oltre che la nascita della disciplina della musicologia. Va però detto che nell’Ottocento è celebrata molto anche e forse soprattutto la natura selvaggia e rude, piuttosto che quella elegiaca e quasi mistica avvicinata da Beethoven nella Pastorale.
Come si diceva, Beethoven appose ai movimenti dei titoli descrittivi. Nonostante ciò però, Beethoven volle sottrarre la Sesta sinfonia al campo della musica puramente descrittiva. E infatti fa coincidere questi titoli programmatici con i movimenti tradizionali della forma sinfonica classica. Nella parte autografa scrisse poi “più un’espressione di sentimento che una rappresentazione pittorica”. Tuttavia non si può misconoscere che effettivamente ci sono vari elementi descrittivi (cfr. imitazione di uccelli, del temporale). D’altro lato la scommessa della musica a programma ottocentesca sarà proprio quella di dimostrare che non si tratta di una musica di tipo imitativo, ma di un’arte poetica e ammirevole (cfr. per esempio Liszt).
Lo stile della “maniera grandiosa” che plasmò le opere orchestrali beethoveniane viene esteso anche ai generi cameristici composti nel secondo periodo. (cfr. Sonata per vl. e pf. in la m op.47 e Quartetti per archi op.59 “Razumovsky”).
Per esempio, nella Sonata per vl. e pf. in la m op.47 Beethoven vuole inserire contrasti dinamici e tratti virtuosistico-concertanti in un genere “da salotto” (tant’è vero che il titolo della prima edizione, Bonn 1805, era “Sonata scritta in uno stilo molto concertante quasi come d’un Concerto”).
Oppure, altro esempio, nei Quartetti per archi op.59 “Razumovsky” si può chiaramente vedere un’espansione delle strutture compositive (cfr. forma sonata), con lunghi ed intensi sviluppi tematici. Questi brani sono poi ricchi di effetti e procedimenti inediti, fra cui la brillante scrittura per archi (molto sfruttati i registri estremi) densamente polifonica, il ricco tessuto armonico, il propulsivo assetto ritmico.
Questi quartetti però, sfortunatamente, non piacquero ai contemporanei: erano “di difficile comprensione”. A causa delle difficoltà tecniche si posero inoltre al di sopra delle difficoltà tecniche degli esecutori dilettanti, per quanto talvolta fossero relativamente di alto livello.
Il quartetto per archi diventò così un genere per sala da concerto, con musicisti professionisti come interpreti e con un pubblico di intenditori. Sui quartetti di Beethoven (soprattutto op.59 e op.18) si orientò il primo quartetto stabile di Vienna, il cui fondatore e primo violino era Ignaz Schuppanzigh, maestro e amico del compositore. Questi quartetti non furono compresi e apprezzati nemmeno dagli intenditori e dai musicisti, tanto è vero che Clementi, riferenfosi ad essi, disse a Beethoven “Non crederete che questi lavori siano musica” (cfr. nota v). Beethoven era ormai già troppo avanti nella sua maturazione musicale, perché i suoi contemporanei – per quanto bravi musicisti fossero – potessero capirne l’arte.
Opere rilevanti dal profilo storico, appartenenti al secondo periodo di Beethoven sono:
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variazioni op.34 e op.35
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Quartetti op.18
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Quinta sinfonia in do m op.67 (1807-1808)
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Sonata per pf. in Do M op.53 “Waldstein”
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Terza sinfonia in Mib M, op.55 (1803-1804) “Eroica, composta per il sovvenire di un grand’Uomo”
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Sonata per pf. in fa m op.57 “Appassionata”
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Sesta sinfonia in Fa M op. 68 “Pastorale o Ricordi della vita campestre” (1808): “Sentimenti piacevoli evocati dall’arrivo in campagna”, “Scena presso il ruscello”, “Allegra riunione di contadini”, “Temporale”, “Canto pastorale: rendimento di grazie all’Onnipotente dopo la tempesta”
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Sonata per vl. e pf. in la m op.47 (1802-1803), dedicata a Rodolphe Kreutzer (violinista parigino)
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Quartetti per archi op.59 “Razumovsky” (finiti nel 1806)