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Introduzione


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5.2 Il secondo periodo


Punto di riferimento per l’inizio del secondo periodo beethoveniano è generalmente considerato, dal profilo teorico, il più volte citato Testamento di Heiligenstadt, che riporto integralmente di seguito:
Heiligenstadt, 6 ottobre 1802

Per i miei Fratelli Cari e [Johann] Reethoven.


O voi uomini che mi reputate o definite astioso, scontroso o addirittura misantropo, come mi fate torto! Voi non conoscete la causa segreta di ciò che mi fa apparire a voi cos. Il mio cuore e il mio animo fin dall'infanzia erano inclini al delicato sentimento della benevolenza e sono stato sempre disposto a compiere azioni generose. Considerate, però, che da sei anni mi ha colpito un grave malanno peggiorato per colpa di medici incompetenti. Di anno in anno le mie speranze di guarire sono state gradualmente frustrate, ed alla fine sono stato costretto ad accettare la prospettiva di una malattìa cronica (la cui guarigione richiederà forse degli anni o sarà del tutto impossibile). Pur essendo dotato di un temperamento ardente, vivace, e anzi sensibile alle attrattive della società, sono stato presto obbligato ad appartarmi, a trascorrere la mia vita in solitudine. E se talvolta ho deciso di non dare peso alla mia infer­mità, ahimè, con quanta crudeltà sono stato allora ricacciato indietro dalla triste, rinnovata esperienza della debolezza del mio udito. Tuttavia non mi riusciva di dire alla gente: "Parlate più forte, gri­date: perché sono sordo". Come potevo, ahimè, confessare la debo­lezza di un senso, che in me dovrebbe essere più raffinato che negli altri uomini e che in me un tempo raggiungeva un grado di perfe­zione massima, un grado tale di perfezione quale pochi nella mia professione sicuramente posseggono, o hanno mai posseduto - No, non posso farlo; perdonatemi perciò se talora mi vedrete stare in disparte dalla vostra compagnia, che un tempo invece mi era caro ricercare. La mia sventura mi fa doppiamente soffrire perché mi porta ad essere frainteso. Per me non può esservi sollievo nella com­pagnia degli uomini, non possono esservi conversazioni elevate, né confidenze reciproche. Costretto a vivere completamente solo, posso entrare furtivamente in società solo quando lo richiedono le necessità più impellenti; debbo vivere come un proscritto. Se sto in compagnia vengo sopraffatto dp un'ansietà cocente, dalla paura di correre il rischio che si noti il mio stato - E così è stato anche in questi sei mesi che ho trascorso m campagna, invitandomi a risparmiare il più possibile il mio udito, quell'assennata persona del mio medico ha più o men incoraggiato la mia attuale disposizione naturale, sebbene talvolta, sedotto dal desiderio di compagnia, mi sia lasciato tentare a ricercarla. Ma quale umiliazione ho provato quando qualcuno, vicino a me, udiva il suono di un flauto in lonta­nanza e io non udivo niente, o udiva il canto di un pastore e ancora io nulla udivo - Tali esperienze mi hanno portato sull'orlo della dispe­razione e poco è mancato che non ponessi fine alla mia vita - La mia arte, soltanto essa mi ha trattenuto. Ah, mi sembrava impossibile abbandonare questo mondo, prima di aver creato tutte quelle opere che sentivo l'imperioso bisogno di comporre; e così ho trascinato avanti questa misera esistenza - davvero misera, dal momento che il mio fisico tanto sensibile può, da un istante all'altro, precipitarmi dalle migliori condizioni di spirito nella più angosciosa disperazione

- Pazienza - mi dicono che questa è la virtù che adesso debbo sce­gliermi come guida; e adesso io la posseggo - Duratura deve essere, io spero, la mia risoluzione di resistere sino alla fine, finché alle Par­che inesorabili piacerà spezzare il filo; forse il mio stato migliorerà, forse no, ad ogni modo io, ora, sono rassegnato - Essere costretti e diventare filosofi ad appena 28 anni non è davvero una cosa facile e per l'artista è più difficile che per chiunque altro - Dio Onnipotente, che mi guardi fino in fondo all'anima, che vedi nel mio cuore e sai che esso è colmo di amore per l'umanità e del desiderio di bene ope­rare. O uomini, se un giorno leggerete queste mie parole, ricordate che mi avete fatto torto; e l'infelice tragga conforto dal pensiero di aver trovato un altro infelice che, nonostante tutti gli ostacoli impo­sti dalla natura, ha fatto quanto era in suo potere per elevarsi al rango degli artisti nobili e degli uomini degni - E voi fratelli miei, Cari e [Johann], dopo la mia morte, se il professor Schmidt sarà ancora in vita, pregatelo a mio nome di fare una descrizione della mia infermità e allegate al mio documento questo mio scritto, in modo che, almeno dopo la mia morte, il mondo e io possiamo ricon­ciliarci, per quanto è possibile -[...] Il mio augurio è che la vostra vita sia più serena e più scevra da preoccupazioni della mia. Racco­mandate ai vostri figli di essere virtuosi; perché soltanto la virtù può rendere felici, non certo il denaro. Parlo per esperienza. E stata la virtù che mi ha sostenuto nella sofferenza. Io debbo ad essa, oltre che alla mia arte, se non ho messo fine alla mia vita col suicidio.

- State bene e amatevi - [...] Ebbene, questo è tutto - Con gioia vado incontro alla Morte - se essa venisse prima che io abbia avuto la possibilità di sviluppare tutte le mie qualità artistiche, allora, malgrado la durezza del mio destino, giungerebbe troppo presto; e indubbiamente mi piacerebbe ritardarne la venuta - Sarei però contento anche così; non mi libererebbe essa forse da uno stato di sofferenze senza fine? Vieni dunque, Morte, quando tu vuoi, io ti verrò incontro coraggiosamente - Addio, non dimenticatemi del tutto, dopo la mia morte. Io merito di essere ricordato da voi, perché nella mia vita ho spesso pensato a voi, e ho cercato di ren­dervi felici - Siate 'felici - Ludwig van Beethoven

Il vero punto di riferimento che getta le basi per un cambiamento dello stile è però un altro scritto di Beethoven, una lettera all’editore Breitkopf di Lipsia del 18 ottobre 1802 in cui egli dichiara di aver creato una struttura più complessa e fantasiosa nelle variazioni. E sono infatti le variazioni op. 34 e op. 35 che aprono il secondo periodo beethoveniano. Esse sono innovative, in quanto – per esempio – si diversificano non solo in qualche ornamento, ma anche rispetto al metro (che può cambiare da una variazione all’altra) e alla tonalità (che pure può variare). Nelle variazioni op. 35 alla base del tema ci sono tre elementi fondanti indipendenti fra loro, che poi vengono combinati a formare il tema del brano: un basso, una melodia ed un’impalcatura melodico-metrica comune al basso e alla melodia.

Queste ed altre caratteristiche, unite alle volontà espresse nel Testamento di Heiligenstadt, attestano la volontà di Beethoven di pervenire ad uno stile più personale e individuale, avvicinandosi dunque a quelli che saranno poi gli ideali musicali del Romanticismo, che anche sotto questo aspetto Beethoven anticipa.

Come già nel primo periodo gli schemi compositivi tradizionali non vengono ripudiati, ma non vengono nemmeno accolti completamente tali e quali: essi vengono adoperati come materiale da manipolare in forma sempre diverse e diversificate a seconda del contesto del loro impiego.

Nei lavori del secondo periodo Beethoven prende dei motivi elementari per poi arricchirli di elaborazioni e sviluppi, che creano poi entusiasmanti relazioni che si e li connettono. Per permettere grandi e complessi sviluppi occorrono dei temi più semplici (e più brevi). Si veda come esempio il motivo ritmico iniziale del primo movimento della celebre Quinta sinfonia in do minore degli anni 1807-1808.

Nel secondo periodo Beethoven attua alcuni interessanti interventi per quanto riguarda la forma sonata.

Per prima cosa aumenta la lunghezza di ciascuna sezione in forma sonata. Si allunga l’esposizione (attraverso la ripetizione – solitamente variata – del primo tema e l’andamento lento del ritmo armonico; cfr. Sonata per pf. in Do M op.53).

Fino al 1802 circa poi il secondo tema è nella dominante (tradizionalmente), in seguito invece Beethoven sperimenta altre soluzioni (per esempio pone il secondo tema sul terzo o sul sesto grado).

Beethoven dà poi grande attenzione allo sviluppo, che spesso diviene anche piuttosto lungo (cfr. Terza sinfonia: lo sviluppo è 100 battute più lungo dell’esposizione). Ciò rende importante il fatto che si dia rilievo alla ripresa, che viene dunque anticipata, preparata da un momento di drammatica tensione, preparato per attirare l’attenzione dell’ascoltatore, spesso con ritmi travolgenti. La tensione che nasce nello sviluppo si risolve quindi nella ripresa. A volte abbiamo per esempio l’entrata del tema (ovvero l’inizio della ripresa) in pianissimmo dopo un forte o un fortissimo nello sviluppo (cfr. Sonata per pf. in Do M op.53 “Waldstein” e Terza sinfonia). Questo contrasto (altra caratteristica di alcune opere del Romanticismo) genera un effetto sorpresa.

Inoltre spesso la ripresa non è solo una ripetizione dell’esposizione, ma una sua ripresentazione in forma nuova e rielaborata (nelle sinfonie ci sono cambiamenti nell’orchestrazione). Infine aumenta l’estensione della Codaviii, sia per durata che per contenuto (spesso ci sono modulazioni e sviluppi che ne fanno una sorta di secondo sviluppo).


Un'altra caratteristica fondante del secondo periodo è la spinta verso il grandioso ed il monumentale derivata dal cosiddetto stile eroico. Questo, tipico della musica francese della fine del 1700, si estinse nel 1813-1814, le cui caratteristiche si possono cosìo riassumere:

  • dilatazione delle strutture compositive (v. sopra: Beethoven la operò nella forma sonata)

  • allungamento del ritmo armonico (ovvero cambiamenti di armonia più distanti gli uni dagli altri)

  • motivi semplici ed elementari (spesso su triadi e/o sui gradi fondamentali di scale maggiori o minori)

  • ripetizione di intere frasi o di singoli accordi, talvolta messa in rilievo con contrasti dinamici

  • vaste zone di tensione drammatica (con accelerazioni e distensioni dal profilo ritmico, che generano un senso di alternanza tra impeto e spossatezza)

  • modulazioni a tonalità lontane,

  • dissonanze non preparate,

  • uso enfatico e prolungato dell’accordo di settima diminuitaix (cfr. finale sonata per pf. in fa m op.57

“Appassionata”)
Del secondo periodo è la Terza sinfonia in Mib M, op.55 (1803-1804) “Eroica, composta per il sovvenire di un grand’Uomo”, che fornisce un esempio dello stile eroico in Beethoven. Inizialmente, come già detto, fu composta per Napoleone, ma a Beethoven non piacque per nulla l’autoproclamazione a imperatore di Bonaparte avvenuta nel maggio del 1804 e tantomeno lo scoppio della guerra franco-austriaca (1805). In fin dei conti è questa una dimostrazione della resistenza del compositore di Bonn alla tirannide e dei suoi ideali liberali.

Sempre di questo secondo periodo è pure la celeberrima Quinta sinfonia. Essa pure mostra i tratti distintivi dello stile monumentale, che sono presenti in maniera ancor più accentuata che nell’Eroica. Per il carattere eroico di questa sinfonia (addirittura militare, tranne che nello Scherzo), la Quinta sinfonia diventò la “sinfonia beethoveniana per eccellenza” e fu una delle opere di cui si nutrì l’estetica musicale romantica.

Particolarità stilistica della V sinfonia è l’economia del materiale tematico e l’unità di concezione, che coinvolge tutti i movimenti. Beethoven dimostra la sua abilità di sfruttare al massimo le potenzialità di sviluppo di un motivo. È questo per esempio il caso del ruolo fondamentale che viene a ricoprire la figura ritmica iniziale del primo movimento (elemento questo poi ripreso anche in altri movimenti).

È del secondo periodo pure la Sesta sinfonia in Fa M op. 68 “Pastorale”, che ha uno stile più introspettivo che non la Quinta e che è un’opera di importanza elevatissima in quanto funse da base per il movimento romantico della musica a programma, sebbene Beethoven non intese comporre un brano a programma nel senso stretto del termine (vedremo meglio fra poco cosa intendo).

La Pastorale ha una concezione unitaria per quanto concerne il contenuto espressivo (come già la Quinta sinfonia) ed è un proseguimento della tradizione settecentesca di lavori strumentali che ritraggono scene pastorali e/o che suggeriscono sentimenti nati dal simbolico idillio con la natura (cfr. anche in Vivaldi e negli oratori di Haydn). L’idillio della natura è però anche un elemento romantico: si ricordi infatti che il Romanticismo vede la nascita di un rinnovato interesse verso la musica rinascimentale e barocca, oltre che la nascita della disciplina della musicologia. Va però detto che nell’Ottocento è celebrata molto anche e forse soprattutto la natura selvaggia e rude, piuttosto che quella elegiaca e quasi mistica avvicinata da Beethoven nella Pastorale.

Come si diceva, Beethoven appose ai movimenti dei titoli descrittivi. Nonostante ciò però, Beethoven volle sottrarre la Sesta sinfonia al campo della musica puramente descrittiva. E infatti fa coincidere questi titoli programmatici con i movimenti tradizionali della forma sinfonica classica. Nella parte autografa scrisse poi “più un’espressione di sentimento che una rappresentazione pittorica”. Tuttavia non si può misconoscere che effettivamente ci sono vari elementi descrittivi (cfr. imitazione di uccelli, del temporale). D’altro lato la scommessa della musica a programma ottocentesca sarà proprio quella di dimostrare che non si tratta di una musica di tipo imitativo, ma di un’arte poetica e ammirevole (cfr. per esempio Liszt).


Lo stile della “maniera grandiosa” che plasmò le opere orchestrali beethoveniane viene esteso anche ai generi cameristici composti nel secondo periodo. (cfr. Sonata per vl. e pf. in la m op.47 e Quartetti per archi op.59 “Razumovsky”).

Per esempio, nella Sonata per vl. e pf. in la m op.47 Beethoven vuole inserire contrasti dinamici e tratti virtuosistico-concertanti in un genere “da salotto” (tant’è vero che il titolo della prima edizione, Bonn 1805, era “Sonata scritta in uno stilo molto concertante quasi come d’un Concerto”).

Oppure, altro esempio, nei Quartetti per archi op.59 “Razumovsky” si può chiaramente vedere un’espansione delle strutture compositive (cfr. forma sonata), con lunghi ed intensi sviluppi tematici. Questi brani sono poi ricchi di effetti e procedimenti inediti, fra cui la brillante scrittura per archi (molto sfruttati i registri estremi) densamente polifonica, il ricco tessuto armonico, il propulsivo assetto ritmico.

Questi quartetti però, sfortunatamente, non piacquero ai contemporanei: erano “di difficile comprensione”. A causa delle difficoltà tecniche si posero inoltre al di sopra delle difficoltà tecniche degli esecutori dilettanti, per quanto talvolta fossero relativamente di alto livello.

Il quartetto per archi diventò così un genere per sala da concerto, con musicisti professionisti come interpreti e con un pubblico di intenditori. Sui quartetti di Beethoven (soprattutto op.59 e op.18) si orientò il primo quartetto stabile di Vienna, il cui fondatore e primo violino era Ignaz Schuppanzigh, maestro e amico del compositore. Questi quartetti non furono compresi e apprezzati nemmeno dagli intenditori e dai musicisti, tanto è vero che Clementi, riferenfosi ad essi, disse a Beethoven “Non crederete che questi lavori siano musica” (cfr. nota v). Beethoven era ormai già troppo avanti nella sua maturazione musicale, perché i suoi contemporanei – per quanto bravi musicisti fossero – potessero capirne l’arte.
Opere rilevanti dal profilo storico, appartenenti al secondo periodo di Beethoven sono:


  • variazioni op.34 e op.35

  • Quartetti op.18

  • Quinta sinfonia in do m op.67 (1807-1808)

  • Sonata per pf. in Do M op.53 “Waldstein”

  • Terza sinfonia in Mib M, op.55 (1803-1804) “Eroica, composta per il sovvenire di un grand’Uomo”

  • Sonata per pf. in fa m op.57 “Appassionata”

  • Sesta sinfonia in Fa M op. 68 “Pastorale o Ricordi della vita campestre” (1808): “Sentimenti piacevoli evocati dall’arrivo in campagna”, “Scena presso il ruscello”, “Allegra riunione di contadini”, “Temporale”, “Canto pastorale: rendimento di grazie all’Onnipotente dopo la tempesta”

  • Sonata per vl. e pf. in la m op.47 (1802-1803), dedicata a Rodolphe Kreutzer (violinista parigino)

  • Quartetti per archi op.59 “Razumovsky” (finiti nel 1806)



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