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Feudi e feudatari in Trexenta (Sardegna meridionale) agli esordi della dominazione catalano-aragonese


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Quando nel 1335 vennero mobilitati tutti i feudatari del regno di Sardegna per la guerra contro i Doria Pere de Montpaó deteneva ancora le suddette ville165 che poi dovette vendere al governatore della Sardegna Ramon de Cardona per fare ritorno in patria166.

Nel 1339, in qualità di «portarius maior illustris domine regine Aragonis», assistette nella cappella reale di Barcellona all’omaggio prestato da Giacomo III di Maiorca a Pietro IV il Cerimonioso167. È da identificare con uno dei due Pere de Montpaó, padre e figlio, che alla data del 28 luglio 1348 risultano entrambi deceduti e seppelliti con gli antenati nel reale monastero di Poblet168.

5.4. Eximén Perez Cornel signore di Sisini
Eximén Perez Cornel, barone di Alfajarin, apparteneva a illustre e nobile famiglia di ricos hombres d’Aragona discendente secondo la tradizione da Fortún Garcés de Biel, signore di Huesca agli inizi del secolo XII: questi fu il primo ad adottare l’appellativo di Cornel e lo scudo d’oro con cinque cornacchie di nero che diverrà proprio del casato169.

Figlio dei nobili Pedro Cornel [III], maggiordomo reale nonché procuratore generale del regno d’Aragona, e Urraca Artal de Luna, Eximén Perez Cornel sposò Violant de Pallars sorella della contessa Sibilla de Pallars dalla quale, secondo il cronista Zurita, ebbe tre figli maschi: Tomás, Pedro e Ramon170. Assieme a quest’ultimo seguì l’infante Alfonso nella spedizione alla conquista della Sardegna171 ove ottenne la castellania del castello Orguglioso e le ville di Armungia e Ballao, site nella curatoria di Galilla (alias Gerrei), e di Serri, Sisini e Sarasi nella curatoria di Siurgus, concessegli in feudo secondo il costume d’Italia e col servizio di cinque cavalli armati172. Alla prestazione militare particolarmente onerosa si aggiungeva da parte dell’infante la riserva del mero e misto imperio, anche se poi il servizio in cavalli armati fu ridotto da cinque ad uno solamente con la facoltà, per il feudatario, di esercitare il misto imperio173.

Il motivo per cui il Cornel è stato incluso tra i protagonisti della prima feudalizzazione della Trexenta risiede nel fatto che il centro di Sisini, storicamente appartenente alla curatoria di Siurgus e comune autonomo sino al 1927, è oggi frazione del comune di Senorbì di cui costituisce l’estrema parte settentrionale174. All’epoca dell’infeudazione confinava ad est con la scomparsa villa di Sarasi, il cui territorio è oggi compreso nei limiti meridionali del comune di Siurgus Donigala, mentre non vi era continuità territoriale con la villa di Serri, situata circa 20 km più a nord.

Col tempo Eximén Perez Cornel ampliò il suo patrimonio feudale in Sardegna comprando da Francesc de Berga, figlio ed erede universale di Lorenç de Berga, tutte le altre ville della curatoria di Galilla: villam de Pauli, Castanie, Espadiano, Ciuro, Canyes, Noraix, villam novam de Scala de Plano, Lantina, villam de Saltu, Sorlongo e Sassarra, cioè Sassai175 nel cui territorio era situato il castello Orguglioso176. Successivamente comprò da Guillem Serra le ville di Orroli e Goni, site nella curatoria di Siurgus, e il diritto che questi possedeva sulle ville di Arco e Arixi, site nella curatoria di Trexenta177. Queste due ultime ville, originariamente infeudate al Serra, erano state cedute a Pisa dopo la pace conclusa tra la Corona d’Aragona e il comune toscano, e il primitivo feudatario si era visto riconoscere il diritto a nuovi possessi che uniti a quelli di Goni e Orroli raggiungessero la rendita annua di 5000 soldi di genovini.

Ottene anche una donazione di 3000 soldi di alfonsini sopra i redditi annui di qualsiasi villa della Sardegna, in virtù della quale acquisì i beni del defunto scutifero e capitano di Gallura Miguel Martinez de Pueyo.

Morto senza figli alla fine del 1330 nominò suo erede universale il nipote Ramon Cornel178 che in deroga alla norma che prevedeva la trasmissione dei feudi esclusivamente tra padre e figlio gli successe nel possesso delle ville sunnominate179 e nella carica di castellano del castello Orguglioso180.

Nel 1332 Ramon Cornel cedette le ville di Orroli e Goni e il diritto su quelle di Arco e Arixi a Guillem Serra181, mentre vendette il resto dei possedimenti che furono dello zio Ximene Perez, compresa la villa di Sisini, al governatore di Sardegna Ramon de Cardona182 del quale aveva sposato la figlia Beatrice183.

Quando nel 1335 tutti i feudatari del regno di Sardegna vennero chiamati a prestare il loro aiuto nella guerra contro i Doria, il governatore Cardona risulta possedere, oltre a molteplici ville nelle curatorie di Galilla, Nuraminis e Gallura, anche quelle di «Serri, Sinesi et Serassi» nella curatoria di Siurgus184.

Morto Ramon de Cardona, nel 1338 Ramon Cornel, a nome delle figlie ed eredi Beatriu sua consorte, Elionor, moglie di Huguet de Cervellon, ed Elisabet, badessa del monastero di Santa Chiara de Coimbra, prestò giuramento di fedeltà e omaggio al nuovo re Pietro IV per le ville di Armungia e Ballao, site nella curatoria di Galilla, di Serri, Sisini e Sarasi site nella curatoria di Siurgus e per altre site nelle curatorie di Nuraminis e Romangia185.

Le figlie di Ramon de Cardona non presero mai possesso effettivo dei feudi sardi ereditati dal padre e per eludere l’obbligo di residenza nell’isola decisero nel 1340 di darli in arrendamento a Ramon Çavall, indennizzando la Corona con oltre 1000 libbre di alfonsini per la mancata prestazione del servizio militare186. Il contratto aveva una validità di dodici anni dopo di che le ville di Armungia, Ballao e Sisini rientrarono in possesso del regio fisco se Pietro IV potè disporne nell’agosto del 1355 per infeudarle, con altri luoghi del Gerrei, a Ramon Zatrilla (o de Trilea o Çatrilla)187.



5.5. Guillem Serra signore di Arco e Arixi
Poche, allo stato attuale della ricerca, sono le notizie su questo personaggio eccetto quelle ricavate dai documenti d’archivio relativi alla luogotenenza e al regno di Alfonso IV d’Aragona. Nella lettera di convocazione degli uomini che dovevano accompagnare l’infante Alfonso per la conquista della Sardegna il nome di Guglielmo Serra figura tra quelli dei cavalieri chiamati dal regno di Valenza188.

Sembrerebbe trattarsi di un lignaggio originario della Catalogna i cui esponenti adottarono preferibilmente il seguente blasone: di rosso con una sega da carpentiere d’oro. Potrebbe essere identificato col nostro il «Guillem de Serra» che nel 1323 faceva uso di un sigillo raffigurante una sega accompagnata sopra e sotto da una stella189.

Guillem Serra (Guillelmus Serra o Serrani nei documenti in latino) apparteneva al più stretto entourage della famiglia reale dal momento che era «cambrer maior» e consigliere del re Giacomo II. Dal 1330 esercitò per vari anni la carica di baiulo generale del regno di Valenza190.

Poco dopo la conquista della Sardegna, con carta data a Bonaria l’11 luglio 1324, l’infante Alfonso gli concesse in feudo secondo il costume d’Italia e col servizio di due cavalli armati le ville di Goni, Orroli (Reoli), Sisini e Sarasi, site nella curatoria di Siurgus, riservandosi il mero e misto imperio e il diritto di appello dei vassalli191.

Dei quattro centri infeudati l’unico scomparso, quello di Sarasi, è da localizzare ai limiti sud-orientali del territorio comunale di Siurgus Donigala, al confine con la frazione di Sisini-Senorbì. Qui sussistono i ruderi di una chiesa intitolata ai SS. Cosma e Damiano, ove si rinvengono tracce di frequentazione ininterrotta dall’età nuragica sino all’epoca moderna192.

Immemore di questa donazione l’infante infeudò contemporaneamente le ville di Sisini e Sarasi al nobile aragonese Eximén Perez Cornel, dando poi mandato a Pere de Llibià e Arnau de Caçà, amministratori generali dei redditi del regno di Sardegna, di risarcire il Serra con altre ville site ai confini o quanto più vicine possibile alle due ville sunnominate e i cui redditi, assieme a quelli di Orroli e Goni, non superassero i 5 000 soldi di genovini annui. A titolo poi di ulteriore indennizzo concesse al Serra l’esercizio del misto imperio e sostituì il servizio di due cavalli armati da questi dovuto con un censo di 25 fiorini d’oro di Firenze, riservando per sé il mero imperio, il laudemio, la fatica di trenta giorni e il diritto di appello da parte dei vassalli193.

Le ville scelte dagli amministratori in sostituzione di quelle di Sisini e Sarasi furono Arco e Arixi, site nella curatoria di Trexenta, la seconda delle quali confinante con la villa di Sarasi. Non si trattò per il feudatario di un cambio vantaggioso perché dopo la seconda pace con Pisa (25 aprile 1326) la curatoria di Trexenta fu ceduta al comune toscano e il Serra si vide sottrarre le due ville. Gli fu tuttavia riconosciuto il diritto a nuovi possessi che sommati a quelli che ancora gli rimanevano non potevano eccedere la rendiata annua complessiva di 5000 soldi di genovini. Tale diritto fu venduto nel 1330, assieme alle ville di Goni e Orroli, a Eximén Perez Cornel194.

Alla fine dello stesso anno Alfonso IV d’Aragona fece il punto sulla complessa vicenda delle ville di Sisini e Sarasi ricordando al governatore e agli amministratori del regno di Sardegna come le due ville fossero state concesse in feudo al nobile Eximén Perez Cornel dopo essere state già donate, assieme a quelle di Orroli e Goni, a Guillem Serra. Questi aveva ricevuto in ricompensa le ville di Arco e Arixi, cedute poi a Pisa nel rispetto del trattato di pace tra la Corona d’Aragona e il comune toscano. A motivo di ciò era stato indennizzato con altre rendite su una o più ville del regno di Sardegna che sommate a quelle di Orroli e Goni dovevano raggiungere i 5.000 soldi di genovini l’anno, con un censo di 25 fiorini d’oro di Firenze. Poiché detto risarcimento non era ancora avvenuto e il Serra aveva venduto al Cornel le ville di Orroli e Goni con tutti gli altri diritti a lui spettanti, Alfonso ordinò agli amministratori generali Pere de Llibià e Arnau de Caçà di stimare la rendita delle ville di Orroli e Goni, facendo pagare al Cornel un censo annuo proporzionato ai redditi effettivi delle due ville195.

Il trapasso di proprietà delle ville di Goni, Orroli e del diritto su quelle di Arco e Arixi tra Guillem Serra e Eximén Perez Cornel non avvenne in maniera lineare poiché il Serra non era in possesso di tutta la documentazione necessaria alla vendita. Si rese necessaria pertanto un’ulteriore ratifica regia ove il sovrano si impegnava a non muovere nei confronti dell’acquirente e dei suoi successori alcuna azione in merito ad eventuali censi e servizi passati non corrisposti196.

Contemporaneamente re Alfonso, nel rispetto del diritto che il Cornel aveva acquisito sulle ville di Arco e Arixi, ordinava al governatore e agli amministratori del regno di Sardegna di immettere il nobile aragonese nel possesso di altre ville dal valore equivalente e di assegnargliene altre sino a raggiungere il reddito complessivo di 5000 soldi di genovini197.

Ai medesimi ufficiali ordinava inoltre successivamente di non esigere più dal Serra il censo corrispondente alle ville che gli erano state tolte e cedute a Pisa dopo la pace stipulata tra la Corona d’Aragona e il comune toscano198.

Agli inizi del 1332 Ramon Cornel, nipote ed erede universale di Eximén Perez Cornel, cedeva ogni diritto sulle ville di Orroli, Goni, Arco e Arixi al Serra199 il quali chiudeva definitivamente la sua esperienza di feudatario in Sardegna vendendo tutto a Ramon Desvall per 12.000 soldi di alfonsini200.



5.6. Sibilla de Vergua signora di Segariu
Sibilla de Vergua (o de Bergua) apparteneva a nobile famiglia di ricos hombres d’Aragona documentata sin dalla prima metà del sec. XI, quantunque la piena ascesa sociale del lignaggio si attui a partire dalla terza decade del secolo successivo quando ancora il regno d’Aragona, con Ramiro II (1134-1137), manteneva la sua autonomia rispetto al principato di Catalogna201.

Il cognome denuncia una chiara origine toponimica, essendo Bergua un piccolo centro oggi quasi spopolato della pirenaica valle di Broto, nella provincia di Huesca, dove sono segnalati i resti di un castello medievale202.

Un panno di broccato conservato nella sacrestia della cattedrale di Huesca ci tramanda il blasone nobiliare della famiglia: di rosso con tre scettri d’oro; bordura d’argento caricata di otto scudetti con le armi d’Aragona203. Il noto nobiliario seicentesco di Juan del Corral separa le voci Bergua e Vergua, riferendo alla prima lo scudo sopracitato204, alla seconda il seguente: di rosso con tre colonne d’argento; bordura d’argento caricata di otto scudetti con le armi d’Aragona205. Ancora in altre opere di genealogia e araldica è data la variante: d’azzurro con tre colonne d’argento; bordura d’argento caricata di cinque scudetti d’oro, ciascuno caricato a sua volta di due fasce di rosso oppure di quattro pali del medesimo colore206.

Tra i nomina del casato abbonda inizialmente quello di Fortún poi, dalla metà del sec. XIII e per tutto il XIV, si impone la norma che il primogenito si chiami Pedro Fernárdez207, così come il padre della nostra Sibilla. Un documento della cancelleria dell’infante Alfonso cita infatti la “dilectam nostram Sibillam filiam nobilis Petri Fernandi de Vergua208, mentre altre carte ricordano le concessioni fatte alla “nobili et dilecte nostre Sibilie filie nobilis Petri Fferrandi de Vergua209 .

Questi è da identificare probabilmente col Pedro Fernádez [III] de Vergua (†ante 1359)210, nipote di quel Pedro Fernandez [II] de Vergua (†1311), noto per essere stato implicato in un fallito attentato contro il re Federico III di Sicilia211.

Il nobile Pedro Fernádez [III] de Vergua, supposto padre di Sibilla de Vergua, risulta convocato nel braccio dei ricos hombres alle Corti aragonesi del 1311, 1314, 1316, 1318, 1323, 1324, 1325 e 1327212. Racconta Zurita che nel 1323 il re Giacomo II allestì una flotta da mandare in Sardegna in soccorso dell’infante Alfonso, affidandone il comando, tra gli altri, a «don Pedro Fernández de Vergua y Blasco Maza de Vergua, ricos hombres de Aragón»213. Dallo spoglio della letteratura traspare che Pedro Fernádez [III] de Vergua si era impegnato a supportare la spedizione sarda con dieci cavalli armati e che, assieme a Blasco Maza de Vergua e altri nobili aragonesi, partecipò effettivamente all’occupazione dell’isola214. Ricoprì l’ufficio di sobrejuntero di Huesca e Jaca, carica dalla quale fu deposto per volontà del sovrano nel 1324215, e fu signore di Peña d’Ueso, della villa di Gratal e del castello e villa di Puibolea. A questi feudi si aggiungevano il dominio sul nucleo originario del lignaggio, Bergua, vari possedimenti minori e immobili nella città di Huesca.

Era sposato con Venancia de Boyl o Buil216, esponente di un altro casato di spicco cui apparteneva Pedro de Boyl, tesoriere di Giacomo II e maestro razionale agli inizi del secolo XIV217. La discendenza fu numerosa.

I de Vergua erano imparentati con gli Entença e gli Antillón, due famiglie a loro volta legate da stretti vincoli parentelari con la casa reale. Precisamente Vallés de Vergua (†ante 1236) aveva sposato Catalana de Antillón, nipote di quella Urraca de Antillón da cui Vallés era stato adottato ereditandone il cognome e parte del cospicuo patrimonio, mentre Pedro Fernádez [I] de Vergua (†ante 1288) aveva preso in moglie Sibilla de Entença, cugina del re Giacomo I218. Ciò spiega il perché l’infante Alfonso e la moglie Teresa de Entença, figlia di Gombau de Entença e di Constança d’Antillón, promisero di donare a Sibilla de Vergua, in occasione del suo contratto di matrimonio col nobile catalano Jofré Gilabert de Cruïlles, la villa di Segariu sita nella curatoria di Trexenta219 oltre a provvedere la nubenda della dote necessaria a maritarsi220. Quanto stabilito nei suddetti capitoli matrimoniali si compì nel castello di Bonaria il 24 luglio 1324, quando l’infante Alfonso infeudò la villa di Segariu alla nobile aragonese riservando a sé il mero imperio, pur riconoscendole il denaro derivante dall’esercizio dello stesso. La donazione era inoltre franca d’ogni censo e servizio militare, dei quali non vi è alcun cenno221.

Detta nobile dovette affidare al marito la gestione della villa come traspare da una carta del 1326 ruguardante una lite per i confini tra Segariu e Serrenti sullo sfruttamento del salto di Fraus che oppose i vassalli di Jofré Gilabert de Cruïlles a quelli di Bonanat Sapera. La questione, affidata inizialmente all’arbitrato di Pere de Llibià, fu infine rimessa alla decisione del giudice Ugone II d’Arborea, governatore dei sardi222.

Col secondo trattato di pace tra la Corona d’Aragona e la repubblica di Pisa Sibilla perdette il feudo di Segariu a vantaggio del comune toscano e fu risarcita con una rendita annua di 198 libbre e 2 soldi, pari al reddito della villa perduta, nell’attesa di una nuova assegnazione223.

Si arrivò così al novembre 1327 quando l’infante Alfonso, sempre a titolo di indennizzo per la cessione a Pisa di Segariu, corrispose a Sibilla de Vergua una rendita annua di 3.000 soldi di genovini sopra i redditi di una o più ville della curatoria di Romangia. Anche in questo caso la donazione era franca d’ogni censo e servizio essendo riconosciuta a detta nobile, come ulteriore beneficio, parte del denaro proveniente dall’esercizio del mero imperio224.

Con altra carta Alfonso ordinò inoltre a Ramon Desvall e Guillem de Riu che fossero versati alla medesima 6.000 soldi di genoini per la mancata riscossione di due anni di rendite della sunnominata villa trexentese, oltre al resto dei 20.000 soldi a lei assegnati in occasione del matrimonio col de Cruïlles225. Nel gennaio del nuovo anno, ormai divenuto re d’Aragona, sollecitava inoltre il potestà di Sassari e il governatore di Sardegna a procedere all’assegnazione della rendita di 3.000 soldi su luoghi della curatoria di Romangia226.

La complessa vicenda del risarcimento per la perdita della villa di Segariu si concluse nell’ottobre del 1331 quando Alfonso, ormai divenuto re d’Aragona, concesse in feudo secondo il costume d’Italia a Sibilla de Vergua la villa di Sennori, sita in Romangia, riservando a sé il mero imperio, il laudemio, la fatica di trenta giorni e il diritto di appello da parte dei vassalli. La donazione avveniva nel rispetto degli antichi diritti che sulla villa di Sennori vantava la città di Sassari, così che al vicario di detta città era consentito l’esercizio del mero imperio all’interno dei confini della villa e alla cittadinanza fare uso di tutti gli ademprivi concessi dalla Corona con speciali privilegi227. È lecito tuttavia immaginare che non sarebbero mancati motivi di scontro e attrito tra la municipalità ed il potere feudale, come per casi analoghi siamo informati dalle fonti.

Come nel caso di Segariu anche per la villa di Sennori rispondeva il marito Jofré Gilabert de Cruïlles come traspare dalla ‘chiamata alle armi’ del 1335 in occasione della guerra contro i Doria228.

L’avventura feudale di Sibilla de Vergua in Sardegna terminò verosimilmente con la morte in battaglia nel 1339 del marito e ammiraglio Jofré Gilabert229. Una testimonianza archivistica prova la sua esistenza in vita nel febbraio 1359 quando a lei si rivolge in una lettera Berengario de Cruïlles, vescovo di Girona, fratello del coniuge defunto230, dopo di che non abbiamo più sue notizie.

5.7. Jofré Gilabert de Cruïlles signore di Bangiu de Aliri, Seuni e Suelli
Jofré Gilabert de Cruïlles discendeva da illustre e nobile famiglia catalana documentata fin dal secolo XI come detentrice della baronia di Cruïlles, comprendente la villa e il castello di Cruïlles (Baix Empordà)231 con i suoi aggregati di San Joan de Salelles, Santa Pellaia e Sant Cebrià dels Als232.

È probabile che il nome del castello e del lignaggio (nelle forme latinizzate de Crudilias, de Crudillis o de Crudiliis) abbia avuto origine da un fatto topografico: infatti cruïlles è la forma plurale del catalano cruïlla, lett. ‘crocevia di strade’, termine derivato dal latino crucicula ‘piccola croce’233. E piccole croci d’argento su campo rosso mostrano appunto i Cruïlles nel loro blasone araldico234.

Con il matrimonio tra Gilabert IV detto el Gran (†1295/1304) e Guillema de Peratallada, a partire da circa il 1250 i Cruïlles acquisirono la baronia di Peratallada, il cui castello divenne centro dei loro possessi e residenza di famiglia235. Il dominio dei Cruïlles ha lasciato un’impronta così profonda in questi luoghi del Baix Empordà che nella fascia costiera antistante le isole Medes è ancora vivo il detto popolare «el qui no és fill d’un senyor de Cruïlles, és fill de turc»236.

Il nostro Jofré Gilabert de Cruïlles, nipote di Gilabert IV de Cruïlles, nacque pobabilmente a Peratallada alla fine del secolo XIII. Era il figlio secondogenito dell’ammiraglio Bernat de Cruïlles i Peratallada, signore delle baronie di Peratallada e di Begur (†c. 1325)237. Tra i suoi numerosi zii e zie paterni si segnalano Gilabert, vescovo di Girona (†1335), Hug, abate del monastero di Sant Fèlix de Girona (†c. 1336), Jofré, abate del monastero di Sant Volusià de Foix (†d. 1318), Sança, moglie del nobile valenzano Carroz II, signore di Rebollet e padre dell’ammiraglio Francesc Carroz, cosa che gli giovò sicuramente nella sua carriera di ufficiale regio. Suoi fratelli furono Gilabert V, barone di Cruïlles e Peratallada (†1348), Dalmau, alto esponente dell’ordine di Montesa (†1348), Berenguer, vescovo di Girona e primo presidente della Generalitat di Catalogna (†1362), Bernat, governatore del Capo di Logudoro nel regno di Sardegna (†1368)238.

Per aver partecipato alla campagna di conquista della Sardegna al comando di quattro galere, l’infante Alfonso lo gratificò con incarichi di responsabilità e la concessione in feudo, secondo il costume d’Italia, delle ville di Bangio de Arili, Seuni e Suelli site nella curatoria di Trexenta, e di Donigala e Siurgus site nella curatoria di Siurgus239.

L’oneroso servizio militare richiesto al de Cruïlles – ben cinque cavalli armati – era in parte compensato dalla concessione del misto imperio con tutta la giurisdizione civile e dal denaro derivante dall’esercizio del mero imperio, di norma spettante alla Corona. Contemporaneamente, alla nobile moglie Sibilla de Vergua fu infeudata la villa di Segariu, sita nella curatoria di Trexenta, franca d’ogni servizio240.

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