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Fede catechismo


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Perché Cristo è salito al cielo?
Per ricondurre al Padre la nostra natura: Cristo, il Dio-Uomo, siede alla destra del Padre e ora la nostra umanità è divinizzata, è intimamente unita alla divinità, alla vita dell’ineffabile Triade del Padre, del Figlio e del Santo Spirito.

Sei asceso nella gloria, Cristo nostro Dio, rallegrando i discepoli con la promessa del santo Spirito: così rimasero confermati dalla tua benedizione, perché tu sei il Figlio di Dio, il Redentore del mondo.
Che conosciamo del Santo Spirito?
L’ultimo giorno della Festa delle Tende, il giorno solenne, Gesù entrò nel Tempio e gridò:

“Chi ha sete venga a me e beva! Chi crede in me, come disse la Scrittura, dal suo ventre sgorgheranno fiumi d’acqua viva”. Questo disse dello Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui. Infatti, non c’era ancora lo Spirito Santo, perché Gesù non era stato ancora glorificato. (Gv 7, 37-39)

Gesù parlava dello Spirito che già in principio era portato al di sopra dell’acqua (Gen 1, 2) e che egli avrebbe consegnato ai credenti in lui. Al cinquantesimo giorno dopo la Pasqua, mentre gli Israeliti celebravano il ricordo della consegna della Legge, e i credenti erano tutti insieme, nello stesso luogo,

ci fu d’improvviso dal cielo un tuono come di irrompente soffio di vento impetuoso che riempiva tutta la casa dov‘erano seduti. E apparvero a loro distinte lingue come di fuoco, e si posò su ciascuno di loro e tutti furono riempiti di Spirito Santo. (Atti 2, 1-3)

C’era allora a Gerusalemme una moltitudine di gente, d’ogni lingua e nazionalità, e testimoniarono l’accaduto: gli apostoli, pescatori, con l’effusione dello Spirito furono ricolmi di sapienza e a tutti raccontavano le meraviglie di Dio, e tutti comprendevano distintamente.


Da chi procede lo Spirito?
Lo Spirito Santo è mandato nel mondo dal Padre per mezzo del Figlio. Lo Spirito, tuttavia, trae la sua natura solo dal Padre, unico principio della Triade divina. Cristo stesso ha insegnato chiaramente che lo Spirito procede solo dal Padre:

Quando verrà il Consolatore che io vi manderò dal Padre, lo Spirito di verità che procede dal Padre, egli testimonierà per me”. (Gv 15, 26)

Non bisogna confondere l’invio nel mondo con l’origine eterna dello Spirito: questi riceve l’essere dal Padre, fonte unica della santissima Trinità. Affermare altre cose sullo Spirito, affermare che egli procede anche dal Figlio, quasi un ‘dio minore’, forse è quel solo peccato che non sarà mai perdonato.

Ogni peccato e bestemmia sarà rimessa agli uomini, ma la bestemmia contro lo Spirito non sarà rimessa. Chiunque dirà parola contro il Figlio dell'uomo, gli sarà rimesso; ma chiunque parlerà contro lo Spirito Santo, non gli sarà rimesso né in questo secolo, né in quello che viene”. (Mt 12, 31-33)


Con la Pentecoste, si è tutto concluso?
Tutto è stato rivelato agli apostoli; gli apostoli hanno compreso tutto in quel giorno: perciò noi non aspettiamo nuove rivelazioni né accettiamo i moderni “dogmi” inventati da chi si è separato dalla comunione con i cristiani ortodossi. La Pentecoste, tuttavia, continua nella Chiesa, l’assemblea dei testimoni della risurrezione di Cristo: nella celebrazione dei Misteri si rinnova continuamente il prodigio della Pentecoste.

Un tempo si confusero le lingue per l’audacia che spinse a costruire la torre, ma ora le lingue sono riempite di sapienza per la gloria della scienza divina. Là Dio condannò gli empi per la loro colpa, qui Cristo illumina i pescatori con lo Spirito. Allora si produsse come castigo l’impossibilità di parlarsi, adesso, per la salvezza delle anime nostre, si inaugura la concorde sinfonia delle voci.
Cosa è la Chiesa?
La Chiesa è il Corpo di Cristo, Dio-Uomo: ne fanno parte Adamo, Eva, i patriarchi e i profeti sino a Giovanni il Precursore, che Cristo ha unito a sé quando è sceso all’Ade. Ne fanno parte gli apostoli, i martiri, i padri e tutti coloro che sono stati immersi in Cristo: tutti, con sinfonia concorde di voci, professano la scienza divina. Perciò la Chiesa è Una e Santa, come uno è il Corpo di Cristo e come uno solo è il Santo, Dio, nostro padre. La Chiesa è Cattolica e Apostolica, perché è per tutti (in greco, katholiki) e dappertutto conserva tutta intera la dottrina ricevuta dagli apostoli e trasmessa dai padri.
Chi è il capo della Chiesa?
Cristo, vivente in eterno, è l’unico Capo del suo corpo: all’unanime consenso delle sue membra – clero e popolo – Cristo ha affidato il compito di conservare infallibilmente il deposito della fede e di guidare le vicende d’ogni giorno nell’attesa del Suo ritorno. Nella Chiesa ha il primato dell’infallibilità il sommo pontefice delle anime nostre, Gesù Cristo; insieme a lui, è infallibile chiunque dispensa con ortodossia la parola della verità. Gesù ai dodici ha detto:

"I capi delle nazioni dominano su di esse e i grandi esercitano su di esse il potere. Non sarà così tra voi". (Mt 20, 17-28)
Su chi è fondata la Chiesa?
Sulla pietra che è Cristo, il Figlio di Dio, così come proclamò l’apostolo Simone detto Pietra (Pietro):

Avvicinandovi a Lui, pietra vivente rigettata dagli uomini ma scelta da Dio e preziosa, anche voi siete edificati come pietre viventi”. (I Pt 2, 1-5)


Perché a volte si dice che la Chiesa è ‘Romana’?
Dopo secoli di persecuzioni, in cui la Chiesa fu imporporata dal sangue di tanti testimoni (martiri), l’imperatore romano Costantino – davvero tredicesimo apostolo – le diede pace e libertà. La Chiesa si diffuse in tutto l’Impero e animò allora tutta la società, tanto che romano diventò sinonimo di cristiano. Lo stesso Costantino volle fondare una nuova capitale, cristiana, e su sette colli che si affacciano sul Bosforo, presso un villaggio chiamato Bisanzio, fece nascere una Nuova Roma. Purtroppo, dicendo ‘romana’ o ‘cattolica‘, spesso s’indica – superficialmente - la Chiesa dei Franchi ovvero il Patriarcato d’Occidente che si è separato dalla comunione con tutte le altre Chiese.
La Chiesa quindi non è Una?
La Chiesa è Una, anche se – storicamente – si è organizzata attorno a 5 grandi città, i cui vescovi furono detti patriarchi: Roma Antica, Nuova Roma, Alessandria, Antiochia e Gerusalemme. Sotto impulso dei Franchi, tra l’anno 800 e il 1274, il Patriarcato di Roma Antica si separò dalla comunione con il resto della Chiesa Cattolica, ma continuò a dirsi cattolico. Fu quindi necessario chiamare ortodosso chi conserva fedelmente e integralmente, senza omissioni o aggiunte, la fede degli apostoli, dei martiri e dei padri, la fede espressa nei santi sette Concili Ecumenici. Ortodossia vuol dire, infatti, esatta fede. Al cristiano non è lecito essere in comunione con eretici e scismatici, ma deve ugualmente nutrire un grande amore per loro; è necessario pregare perché si convertano e ritornino alla Chiesa: un solo ovile sotto un solo pastore, Cristo Gesù.
Tutti i cristiani fanno parte della Chiesa?
Dalla Chiesa inizialmente si separarono i Franco-cattolici, raggruppati attorno al patriarcato di Roma Antica. Essi poi si separarono anche tra loro, dando vita a tante altre organizzazioni religiose (Protestanti o Evangelici, sino a giungere ai cosiddetti Testimoni di Geova). In età recente – o perché costretti o perché mossi da interessi umani - alcuni gruppi di ortodossi hanno abbandonato la madre Chiesa. Essi sono chiamati Uniati perché conservano molte usanze ortodosse (o quel che chiamano ‘rito bizantino’) ma, uniti ai Franco-cattolici, ne professano tutti i dogmi e dipendono dal Vaticano.
Come si manifesta l’unità della Chiesa?
Lì dove c’è il vescovo, c’è la Chiesa: per indicare un particolare territorio dove opera un vescovo, noi parliamo di diocesi. Ora, pur essendo migliaia le diocesi, e sparse da un confine all’altro della terra, divise in tante nazioni e lingue, ognuna con proprie tradizioni e usi locali, tutte – quasi un miracolo – professano integralmente la fede cattolica e apostolica, avendo come unificante guida centrale soltanto i Concili Ecumenici, i canoni dei Padri, la Tradizione.
Cosa sono i Concili Ecumenici?
Tra 325 e 787, imperatori amanti di Cristo convocarono tutti i vescovi per trattare gravi questioni che riguardavano la Chiesa e che turbavano la pace sociale. I vescovi ascoltarono ciò che il Santo Spirito decise ed emanarono, all’unanimità, alcuni documenti solenni. Tutto ciò che allora si decise, fu accolto come regola di fede e di vita dalla Chiesa intera: perciò quei sette Concili si chiamano Ecumenici, universali.

325, Costantino: i Padri condannano l’eresia di Ario, il quale negava la divinità di Cristo. 381, Teodosio I: i Padri condannano l’eresia che negava la divinità dello Spirito; al vescovo di Nuova Roma fu riconosciuto lo stesso primato d’onore che sino ad allora godeva il vescovo di Roma Antica. 431, Teodosio II: i Padri proclamano che la Vergine Maria è veramente Theotokos (Madre-di-Dio). 451, Pulcheria: i Padri proclamano che Cristo è Theantropos (Dio-Uomo); disponendo che le circoscrizioni ecclesiastiche corrispondano alle realtà civile, il Concilio riconosce che – di fatto – il vescovo di Nuova Roma estende la sua giurisdizione su Sicilia e Grande Grecia. 553, Giustiniano: i Padri condannano l’eresia di Origene e altre empie dottrine dettate dalla filosofia ellenica. 681, Costantino IV: i santi Padri condannano l’eretico Onorio, papa di Roma Antica, che aveva aderito a mostruose dottrine. 787, Irene: i Padri proclamano la liceità del culto delle icone: l’ortodossia delle decisioni conciliari sarà confermata nell’843 dall’imperatrice Teodora e da san Metodio di Siracusa, vescovo di Nuova Roma e Patriarca Ecumenico.

Anche altri Concili particolari hanno un valore quasi pari a quello dei Concili Ecumenici.

692, sotto Giustiniano II: il Concilio Quintosesto vieta alcune bizzarre usanze che – nell’incolto e oscuro Medioevo dell’Occidente – s’erano diffuse tra i fedeli di Roma Antica. 1341, 1342, 1351: a Costantinopoli si smaschera l’inganno d’alcuni atei, tra i quali Giovanni (detto l’Italo) e Barlaam di Seminara. 1848: i patriarchi di tutta la Chiesa denunciano la sciocca idea – diffusa in quegli anni – d’un Primato del pontefice francocattolico su tutti i cristiani e d’una sua presunta, personale Infallibilità.

Molti considerano ecumenico, giustamente, anche un concilio celebrato a Costantinopoli nell’869. A quel tempo, Giovanni VIII, papa di Roma Antica, pur essendo sottoposto al dominio dei Franchi, solennemente condannò (figli di Giuda! – disse - traditori di Cristo!) chi profanava il Credo dicendo che “lo Spirito procede dal Padre e dal Figlio”. Giovanni VIII morì assassinato.
Qual’è l’incontro più importante della Chiesa?
I concili sono una straordinaria epifania, manifestazione del Santo Spirito; tuttavia il momento della Chiesa più grande e più santo è la celebrazione della Divina Liturgia.

C’è nell’arco dell’anno un grande Sabato: la data è stata indicata dai santi Padri che si riunirono nel primo Concilio Ecumenico. Al tramonto di quel sabato, la Chiesa si raduna per celebrare la nascita del giorno che non conosce tramonto, l’ottavo giorno, il giorno della Pasqua e della Risurrezione di Cristo.



Luce gioiosa della santa gloria del Padre immortale, celeste, santo, beato, o Cristo Gesù: giunti al tramonto del sole, e vista la luce vespertina, cantiamo il Padre, il Figlio e il santo Spirito, Dio. E’ cosa degna cantarti in ogni tempo con voci armoniose, o Figlio di Dio, tu che dai la vita; perciò il mondo ti glorifica.

Ascoltiamo le antiche profezie, col cuore circondiamo e abbracciamo il santo colle di Sion, cantiamo gli inni della Risurrezione: molti prolungano per tutta la notte l’attesa. Verso l’alba, il vescovo – con i sacerdoti e i diaconi – sale al ‘Sepolcro vuoto’ che è l’altare e lì presenta non già gli antichi azzimi, come i Giudei, ma il pane, impastato col nuovo lievito, e il vino che rallegra il cuore dell’uomo. Tutta la Chiesa fa memoria della salvezza, dall’incarnazione di Cristo al suo glorioso Ritorno; la Chiesa supplica il Santo Spirito perché venga e cambi il pane nel Corpo di Cristo, e il vino nel suo prezioso Sangue. Il vescovo fa quindi partecipare i presenti ai santi Doni, offerti alla Trinità e dalla Trinità ricevuti per la nostra santificazione e salvezza.

Lo stesso facciamo nel corso dell’anno: ogni tramonto del sabato è l’alba d’una Pasqua della settimana, è il ‘Giorno del Signore’ (domenica). Anche in altri giorni celebriamo l’Eucaristia, nel ricordo della testimonianza gloriosa che i santi, in cospetto del mondo, hanno reso alla potenza della preziosa e vivificante Croce.
Chi celebra l’Eucaristia?
Nella celebrazione della Divina Liturgia si manifesta concretamente la Chiesa, Corpo di Cristo, colonna e fondamento della verità, della quale fanno parte tutti i redenti.

Entra in chiesa vestito a festa: per te si è aperto il Paradiso. Entra con modestia e timore: è il tremendo tribunale di Cristo. Entra e presèntati: fatti riconoscere con il segno della croce. Saluta e bacia gli angeli e i santi, tuoi amici e fratelli di fede lì presenti: l’affetto e la tua preghiera siano luminosi come la candela che accendi davanti alle loro icone. Se vuoi, puoi portare il pane e il vino per celebrare l’Eucaristia, dolci e frutta per far festa insieme a tutti i presenti, vivi e anche defunti che lì o in altri luoghi dormono nell‘attesa della risurrezione. In chiesa, ognuno ha il suo posto: il vescovo, alla cattedra; il sacerdote, all’altare, con il diacono accanto; il cantore, nel coro; l’uomo, davanti all’icona di Cristo, Dio-Uomo; la donna, davanti all’icona della Madre di Dio, la Regina seduta alla sua destra.

La Chiesa non è un insieme disordinato di gente: fedele al mandato di Cristo, essa supplica il Santo Spirito perché riempia della sua divina grazia alcuni uomini provati scelti come vescovi, sacerdoti e diaconi.
Qual è il compito del clero?
Compito del vescovo è quello di reggere e nutrire la Chiesa, dispensando rettamente la parola della verità e celebrando l’Eucaristia. Il vescovo, che deve essere sposato a una sola Chiesa, è scelto tra i vedovi o tra i monaci. Altri invece, che hanno dimostrato di aver saputo formare una Chiesa domestica, una feconda famiglia cristiana, vengono presentati come sacerdoti - con l’incarico di aiutare il vescovo nel servizio di una particolare comunità (parrocchia) che si raduna per celebrare l’Eucaristia - o come diaconi, per amministrare i beni della Chiesa e aiutare vescovi e sacerdoti nel loro ministero.

Da molti secoli la Chiesa ha abbandonato l’uso di stabilire – accanto a vescovi, sacerdoti e diaconi – profeti e diaconesse, mentre conserva l’uso di munire d’una particolare benedizione alcuni ministri della comunità: Lettori, Protopapi, Igùmeni, ecc. Per il servizio liturgico dei monasteri, specie quelli più grandi e popolati, si usa designare qualche monaco come diacono o sacerdote, anche se non è sposato.


Perché sacerdoti e diaconi sono sposati?
Un parroco, che ogni giorno dall’altare benedice e parla al popolo di Dio, non è giusto che rifiuti – proprio lui – la benedizione di Dio e la prima parola che Dio ha rivolto all‘umanità.

In principio Dio ha fatto l’uomo, secondo l’immagine di Dio l’ha fatto; l’ha fatto maschio e femmina. Dio ha detto: “Non è bello che sia l’uomo da solo”; e li ha benedetti Dio dicendo: “Crescete e moltiplicatevi”. E Dio vide quel che aveva fatto, ed era bello assai. (da Gen 1-2)

La Chiesa circonda di grande onore le nozze, seguendo l’insegnamento dell’Apostolo che ha detto: “Il matrimonio sia onorato da tutti” (Ebr13, 4).

Cristo ha amato la Chiesa e per lei ha consegnato se stesso, per santificarla, purificandola con lavacro d’acqua nella parola, e presentare a se stesso la Chiesa, gloriosa, senza macchia o ruga o alcunché di simile, ma santa e irreprensibile. Allo stesso modo i mariti devono amare le mogli come il proprio corpo; chi ama la propria moglie, ama se stesso. Nessuno ha mai odiato la propria carne, anzi la nutre e la riscalda, come anche il Cristo la Chiesa, poiché siamo membra del suo corpo, presi dalla sua carne e dalle sue ossa. Per questo l’uomo abbandonerà il padre e la madre e si unirà alla sua donna, e i due saranno in una sola carne. (Ef 5, 25-32)

E’ questo un grande Mistero: per la supplica della Chiesa, il Santo Spirito colma gli sposi della sua grazia e li rende validi cooperatori di Dio nell’opera della creazione. Il Mistero delle Nozze santifica l’unione tra l’uomo e la donna: la loro vita familiare diventa un’icona dell’unione tra Cristo e la Chiesa. I due sposi sono una sola cosa in un’unione che niente e nessuno può annullare o separare, neppure la morte. Tutt’al più, in caso di morte d’un coniuge (o in caso di divorzio, quando muore l’amore), la Chiesa si prende cura di chi è rimasto solo e ne benedice le seconde nozze. Lo Spirito Santo ha rivelato alla Chiesa che bisogna rifiutare il celibato, non le nozze ordinate da Dio. L’Apostolo, infatti, ha dichiarato:

Lo Spirito dice espressamente che in futuro alcuni si allontaneranno dalla fede, dando retta a spiriti menzogneri e a dottrine diaboliche. Ipocriti, impostori, incoscienti: essi proibiranno di sposarsi”. (I Tim 4, 1-3)
Eppure i monaci rifiutano le nozze!
La vita monastica è la perfezione della vita cristiana. Il monaco non ha rifiutato le nozze giudicandole impure: ha rinunciato a moglie, figli, case e campi per guadagnare il mondo intero e portare nel suo cuore il Regno dei cieli. Egli è come un profeta che con la sua vita annuncia la vita del secolo futuro, è un uomo che la Chiesa ha mandato avanti.

Disse Mosé: “Vi siete accostati e avete detto: Inviamo uomini che ci precedano ed esplorino per noi la terra e ci annuncino in risposta la via, quella attraverso cui dobbiamo salire”. Mandò Mosè ad esplorare la terra di Chanaan e disse: “Salite per questo deserto, e salirete alla montagna e vedrete la terra qual è… perseverando, prenderete dei frutti della terra”. Essi salirono sul monte. (da Num 13, 17-20 e Deut 1, 22-25)

Il Mistero della tonsura monastica consacra quindi alcune donne e alcuni uomini a perseverare come campioni della vita spirituale, designandoli esploratori e guide sicure di noi tutti. Essi hanno rinunciato a tutto e vivono girovagando, coperti con pelli di pecore e capre, per deserti, monti, grotte e crepacci della terra. Di loro, come dice l’Apostolo, non è degno il mondo (Ebr 11, 38), eppure essi illuminano e vivificano il mondo con gemiti, lacrime e infinite flessioni, con la Preghiera continua e il santo digiuno.

Perciò il cristiano ama le chiese, come fossero un cielo in terra, ma più ancora ama i monasteri, dove lottano atletici uomini celesti. Molti credono, ingenuamente ma non del tutto a torto, che i monasteri sono come circondati d’una particolare energia dello Spirito.



Perché il digiuno è chiamato ‘santo’?
Il Digiuno è un Mistero, un sacramento che consacra ogni credente re del creato, sacerdote del proprio corpo e profeta del tempo futuro in cui vivremo come gli angeli.
Quali, e quanti sono i sacramenti?
La vita della Chiesa è come costellata dalla celebrazione dei Misteri. Di solito, si dice che i sacramenti siano sette: quasi “sette giorni” in cui Dio fa una nuova creazione. La tradizione della Chiesa, tuttavia, parla di molti Misteri e stabilirne il numero non è possibile. La Vestizione monastica, infatti, è come una seconda Immersione; il Mistero delle Nozze non è molto differente dall’imposizione delle mani per designare i sacerdoti, e così via. Anche la Santificazione dell’acqua nel giorno delle Teofanie, è un Mistero; anche la Preghiera dell’Olio o il Servizio funebre.
Cosa è la Preghiera dell’olio?
Chi è oppresso dai peccati è come se avesse dei germi che gli impediscono di vivere pienamente nel corpo, nello spirito e nell’anima. Egli, perciò, si fa ungere con l’olio santificato dal Santo Spirito per la preghiera di sette sacerdoti e della Chiesa tutta, oppure con l’olio che arde dinanzi alle icone o alle reliquie dei santi.

Chi è malato, chiami a sé i sacerdoti della Chiesa, e preghino su di lui dopo averlo unto con olio nel nome del Signore. E la preghiera fatta con fede salverà il malato: il Signore lo rialzerà, e se ha commesso peccati gli saranno perdonati. Confessate perciò i vostri peccati gli uni agli altri e pregate gli uni per gli altri per essere guariti. (Giac 4, 14-15)

Questo Mistero si celebra il grande Mercoledì santo e ogni volta che un malato lo richiede. E’ necessario, però, che tutti abbiano un medico personale: un padre spirituale che conosca gli intimi pensieri del cuore e guidi alla guarigione dal peccato. Seguendo le sue indicazioni, il fedele si presenta al vescovo o al sacerdote, riconosce i propri peccati e accetta una medicina appropriata, una penitenza: il sacerdote, insieme a tutta la Chiesa, prega quindi perché Dio gli rimetta ogni colpa, volontaria e involontaria, consapevole o inconsapevole. Molti altri rimedi ha disposto il Signore come prevenzione e cura della mortifera malattia che è il peccato: ad alcuni dà la gioia del dolore e delle lacrime; ad altri dà la capacità di vedere i propri peccati; nessuno abbandona al nemico: a tutti dona l’Eucaristia.



Prendete, mangiate: questo è il mio corpo che per voi è spezzato in remissione dei peccati; prendete, bevete: questo è il calice del mio sangue, che per voi e per molti è versato in remissione dei peccati.
Perché farsi ungere con l’olio?
Chiamiamo santi alcuni fratelli di fede perché, uniti in modo speciale al solo Santo, hanno ricevuto nella loro vita la presenza divina in abbondanza. Dalle reliquie e dalle icone dei santi, è come se venisse una forza di guarire i malati e la capacità di guidare la natura umana verso la sua condizione originaria, non ancora appannata dalle conseguenze del peccato d’Adamo.

Un cadavere fu casualmente gettato nella stessa fossa in cui era stato inumato Eliseo: appena venne a contatto con le ossa del profeta, tornò in vita e si alzò in piedi (Regni IV 13, 21). I credenti prendevano fazzoletti e grembiuli dell’apostolo Paolo: li mettevano sui malati e le malattie si allontanavano, gli spiriti maligni uscivano (Atti 19, 12).


Perché si usano icone e non statue?
Gli stessi Francocattolici hanno iniziato a usare statue in età moderna, solo molti secoli dopo l’essersi separati dalla Chiesa e, inizialmente, solo come ornamento esterno dei loro luoghi di culto:

Non farai per te statua e simulacro alcuno… non li adorerai e non renderai loro culto, perché io sono il Signore Dio tuo, Dio geloso". (Es 20, 3-5)

L’unica immagine di Dio è il suo Figlio fatto uomo; noi veneriamo la sua icona, e quella dei santi che ne riflettono la gloria. San Metodio di Siracusa ha disposto che ogni prima Domenica dei Digiuni si ricordino a tutti le decisioni del 7° Concilio Ecumenico:

Illuminati dalla luce della conoscenza, veneriamo le icone di Cristo, della Vergine e di tutti i santi - dipinte sulle pareti, sul legno e sulla sacra suppellettile – perché la venerazione dell’icona conduce al prototipo… Ciò che i profeti hanno visto, ciò che gli apostoli hanno insegnato, ciò che la Chiesa ha ricevuto, ciò che i suoi dottori hanno espresso in dogmi, come ha illuminato la grazia, come è stata dimostrata la verità e dissipata la menzogna, come si è manifestata la Sapienza e Cristo ha trionfato: così noi pensiamo; così proclamiamo Cristo nostro vero Dio, onorandolo insieme ai suoi santi, con parole, scritti, idee, sacrifici, templi, icone; adorando lui come Dio e come maestro, venerando loro come servi autentici del Maestro di tutti e rivolgendo loro una venerazione che rimanda sempre a lui. Questa è la fede degli apostoli, questa è la fede dei padri, questa è la fede degli ortodossi, questa è la fede che sorregge l’universo.

In particolare veneriamo l’icona della santissima Madre di Dio, più venerabile dei cherubini e dei serafini, incomparabilmente più gloriosa degli angeli e dei santi. Riempita dalla Grazia, ricolmata dal Santo Spirito, porta celeste e generata dagli uomini, sotto la Legge del peccato Maria ha concepito e generato il Figlio di Dio. Ha contemplato crocifisso il suo figlio, Dio-Uomo, ed è stata redenta dal sangue sparso in croce. Quando morì e fu portata al sepolcro, il suo corpo non ha conosciuto la corruzione: la Madre della Vita è stata trasportata alla vita eterna. Noi la veneriamo qual vera Madre di Dio perché in lei il Padre ha scritto il Figlio: noi, dopo l’incarnazione di Cristo, veneriamo le icone in cui ciò che invisibile è scritto visibilmente.

La grazia della verità nuovamente risplende. Ciò che un tempo era prefigurato nell’ombra, ora si è apertamente compiuto: poiché ecco, la Chiesa si riveste dell’icona corporea del Cristo come di ultramondano abbigliamento, delineando la figura della tenda della testimonianza, e tiene salda la fede ortodossa, affinché possedendo anche l’icona di colui a cui rendiamo culto, non ci accada di sviarci. Si rivestano di vergogna quanti così non credono: per noi è infatti gloria la forma di colui che si è incarnato; è piamente venerata, non idolatrata. Offrendole il nostro omaggio, gridiamo, o fedeli: O Dio, salva il tuo popolo, e benedici la tua eredità.

Contemplare le icone è anticipare nel cuore il giorno in cui vedremo i cieli aperti, e il Signore venire nella gloria.


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